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il 4° quesito sulla responsabilità solidale del committente – Giuseppe De Carlo


Nell’attuale tessuto normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 costituisce il fulcro del regime di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore per i danni non risarciti dall’INAIL, prevedendo, tuttavia, un’esclusione espressa quando l’evento lesivo derivi da rischi specifici propri dell’attività dell’impresa esecutrice; il quesito referendario sottoposto al voto dell’8-9 giugno 2025 mira a sopprimere proprio quest’ultimo inciso, prospettando così un ampliamento automatico dell’ambito soggettivo della solidarietà risarcitoria senza alterare gli ulteriori obblighi di cooperazione, coordinamento e verifica già imposti dalla disciplina vigente.

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L’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, collocato nel Titolo I del Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, regola i profili di responsabilità che insorgono quando il datore di lavoro-committente affida opere o servizi a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi operanti nella propria unità produttiva ovvero in aree da lui controllate. Il legislatore, partendo dall’idea che la compresenza di diverse organizzazioni possa generare rischi interferenziali a carico dei lavoratori, ha introdotto un regime di responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e dell’eventuale subappaltatore per i danni da infortunio o malattia professionale non integralmente indennizzati dall’INAIL. Nella stessa disposizione figura però un inciso—immobile sin dal 2008 nonostante i ritocchi del d.lgs. 106/2009, del D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013 e del D.L. 146/2021 convertito in L. 215/2021—secondo cui «le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici». Tale clausola delimita l’obbligo di solidarietà, attribuendo al solo appaltatore (e, se del caso, al subappaltatore) la responsabilità patrimoniale per gli eventi lesivi prodotti da pericoli intrinseci e tipici della lavorazione che essi organizzano, sempreché il committente non abbia concorso causalmente all’evento ai sensi delle regole ordinarie.

Sul versante giurisprudenziale, la Corte di cassazione ha costantemente interpretato in senso restrittivo l’esonero: la Sezione lavoro, con la sentenza n. 5090 del 21 febbraio 2019, e la Sezione penale, con la sentenza n. 3891 del 30 gennaio 2023, hanno chiarito che il committente resta comunque responsabile qualora abbia inciso sulle scelte organizzative dell’appaltatore ovvero abbia omesso di verificarne l’idoneità tecnico-professionale, evidenziando come l’obbligo di diligenza che grava sul committente non si esaurisca nell’elaborazione del DUVRI ma si estenda al controllo sostanziale dell’affidatario. Malgrado ciò, in sede civilistica la clausola di salvaguardia dei «rischi specifici» ha continuato a costituire un argine, talvolta rigido, alle pretese risarcitorie dei lavoratori, alimentando contenziosi complessi fondati sulla distinzione—non sempre agevole—fra rischio proprio dell’appalto e rischio interferenziale.
Il quesito referendario in esame propone di espungere esclusivamente tale inciso, senza toccare il resto del comma 4 né la struttura complessiva dell’articolo 26. Se il corpo elettorale approvasse l’abrogazione, la solidarietà risarcitoria si estenderebbe anche ai danni derivanti dai rischi specifici dell’appaltatore o del subappaltatore, eliminando la distinzione vigente e ampliando l’ambito soggettivo dell’obbligazione, mentre resterebbero invariati gli altri obblighi di cooperazione, coordinamento e verifica dell’idoneità. Ne conseguirebbe, sul piano civilistico, la possibilità per il lavoratore di agire indistintamente contro committente, appaltatore e subappaltatore; sul piano penalistico continuerebbe ad applicarsi l’accertamento individuale della colpa, ma con un rafforzamento del dovere di vigilanza in capo al committente. La soppressione dell’esonero, infine, lascerebbe intatte la collocazione dell’articolo 26 all’interno del Testo unico e la coordinazione con l’articolo 2087 del codice civile e con la direttiva 89/391/CEE, incidendo soltanto sul perimetro della responsabilità civile ex lege senza modificare gli assetti normativi in materia di prevenzione, vigilanza e controllo.



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