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«Vicenza è un’eccellenza europea e deve conquistare un ruolo centrale»


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L’intervista a Barbara Beltrame Giacomello nuova presidente di Confindustria Vicenza






Barbara Beltrame Giacomello alla guida di Confindustria Vicenza per i prossimi 4 anni




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La città dell’acciaio di AFV Beltrame Group si sviluppa su 290 mila metri quadrati. Occorre dare la precedenza a diversi tir in entrata e in uscita prima di arrivare alla palazzina degli uffici. Barbara Beltrame Giacomello è appena stata eletta presidente di Confindustria Vicenza e dal movimento che si vede dalle finestre di questo quartier generale la crisi di cui si parla e si scrive pare lontana.

«Le nostre aziende si stanno battendo in questi tempi difficili – esordisce – anche se quello che sta succedendo negli Stati Uniti ovviamente ci preoccupa, così come preoccupano le guerre ancora in corso. Ma, come hanno sempre fatto, le imprese vicentine hanno le capacità di andare a conquistare altri mercati».

Su quali colonne poggia il mandato da presidente di Confindustria Vicenza che le hanno appena assegnato con convinzione gli associati?

Guardi, il mio mandato si fonda su una visione chiara: costruire una Confindustria Vicenza moderna, aperta, internazionale e nello stesso tempo profondamente connessa col territorio.

E come conta di riuscire a ottenere questi obiettivi?

In primo luogo voglio rafforzare la vicinanza ai territori, ascoltando le specifiche esigenze delle diverse aree della provincia. Parallelamente punteremo a riconquistare un ruolo centrale nei tavoli nazionali per proiettare Vicenza come eccellenza europea, rafforzando la nostra presenza nei contesti dove si decidono le strategie del futuro.

Lei è reduce da un’esperienza importante come vicepresidente nazionale di Confindustria, con delega all’internazionalizzazione: un assist prezioso per le imprese vicentine…

Ne sono convinta. Sarà fondamentale sostenere con decisione l’internazionalizzazione, puntando sui nuovi mercati di cui parlavo e rafforzando il dialogo con le istituzioni e i partner strategici come Simest, Ice, Businessmed, Sace.

Nel suo lungo e “pesante” curriculum c’è anche un posto nel Cda della Luiss: cosa ha in mente per l’università a Vicenza?

L’alleanza con il mondo universitario è vitale. Formazione, ricerca e innovazione devono essere il cuore della nostra strategia per un sistema produttivo competitivo e per sostenere il cambio intergenerazionale e la continuità delle nostre aziende.

Presidente, le aziende sono fatte di persone e, in particolare, di giovani da inserire nel mondo del lavoro che però sono diventata merce rara. Che fare?

Noi mettiamo sempre il lavoro al centro. Con le organizzazioni sindacali vogliamo costruire un nuovo patto per affrontare insieme i cambiamenti sociali ed economici, valorizzando le relazioni industriali come leva strategica per la crescita del territorio.

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E i giovani che non si trovano? Come si può affrontare il grande tema della denatalità?

Guardi, oggi due imprese industriali su tre trattengono i dipendenti nonostante il calo dell’attività pur di non perdere competenze rare. Il presidente Emanuele Orsini ha ricordato la crescita delle Academy aziendali (da 25 a 232 in 15 anni) e ha proposto un “new deal demografico” fondato su casa, famiglia e salario incentivato.

Può funzionare a Vicenza?

Vicenza e provincia devono diventare sempre più attrattive. Secondo l’ultima indagine del Sole 24 Ore sulla qualità della vita per fasce d’età, Vicenza è settima per gli anziani ma solo 61ª su 107 province per la fascia d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. C’è molto da fare, e bisogna farlo insieme con le diverse istituzioni, con le scuole e le università che potrebbero diventare attrattive anche per ricercatori oggi penalizzati nei loro percorsi accademici negli Stati Uniti. Ma serve un lavoro sistemico.

A proposito di Stati Uniti, tornerei sui dazi di Trump e sulla situazione geopolitica, con le guerre in corso che si ripercuotono sull’export delle imprese vicentine. Come si muove un imprenditore?

Le difficoltà del commercio globale non sono una novità. Ci sono sempre stati periodi di crisi e cambiamenti di paradigma, fin da prima del Covid, che non dobbiamo mai dimenticare. Penso per esempio all’ingresso della Cina nel Wto. Le nostre aziende, in questo scenario, sanno muoversi in modo straordinario. Non possiamo certo dirci contenti, ma non dobbiamo neanche farci spaventare.

Gli Stati Uniti che fanno i protezionisti, però, sono un ostacolo serio.

Certo, sono il nostro secondo mercato, ma di dimensioni molto inferiori rispetto a quello europeo, per esempio. Possiamo difenderci con la diversificazione: l’Ue, con l’Italia in testa, deve impegnarsi maggiormente per concludere positivamente gli accordi di libero scambio con le altre aree del mondo dove il Made in Italy ha grandi margini di crescita: dal Mercosur all’Australia, fino a India, Asean e Unione africana. Da parte mia intendo caratterizzare i prossimi anni con numerose missioni all’estero. Dobbiamo fare ciò che è nel nostro Dna: andare nel mondo.

Prima ricordava l’importanza del mercato europeo. La crisi dell’automotive, però, sta penalizzando anche il distretto vicentino. Non è che l’opzione europea per l’elettrico si stia rivelando troppo penalizzante? E come vede lo sviluppo del Green Deal?

Confindustria, sia a livello nazionale sia da Vicenza con la voce forte di Laura dalla Vecchia, si è sempre espressa con grande chiarezza sul Green Deal: il problema non è l’obiettivo della decarbonizzazione, ma l’errore di anteporre l’ideologia al realismo. L’imposizione burocratica dell’elettrico, a scapito della neutralità tecnologica, rischia di farci cedere quote di mercato all’industria automobilistica cinese, se lo stop al motore endotermico previsto per il 2035 resterà invariato.

C’è poi il tema del costo dell’energia che angustia le imprese italiane. Soluzioni?

Il rapporto di Mario Draghi individua diverse direttrici. Ed evidenzia come le aziende europee debbano affrontare prezzi dell’elettricità 2-3 volte superiori a quelle americane e prezzi del gas 4-5 volte più alti. Come si può competere? Partirei dal disaccoppiare il prezzo dell’elettricità da quello del gas, oltre a ridurre gli oneri di sistema di 40 euro al MWh.

L’ultimo tema è vicentino, legato alle infrastrutture. Mi riferisco alla Tav ferroviaria, che cambierà i connotati alla città. Potrà aiutare a riportare Vicenza al centro dell’attenzione e a che prezzo?

A Vicenza esistono gravi gap infrastrutturali, alcuni risolti grazie alla Pedemontana. Altri, pur comportando un periodo complicato per i cantieri in città, da non sottovalutare, saranno risolati grazie alla Tav, che rappresenta un’opportunità concreta per entrare nella rete logistica integrata, non solo del Nord Est ma d’Europa. Resta irrisolta la questione dello sbocco a nord. Ma l’obiettivo di tutti resta quello di far riconquistare a Vicenza il ruolo centrale che le spetta. 

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