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Agricoltura

 

Dal mandorlo sardo all’intelligenza artificiale. “Il provincialismo (poco) illuminato” è servito in Consiglio regionale.


Mentre l’economia reale in Sardegna sprofonda e aumentano le diseguaglianze sociali, la politica regionale preferisce discutere – con presunzione – di algoritmi e governance digitale. Una corsa all’apparenza tecnologica, scollegata, di fatto, dai problemi concreti dell’isola.

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In una Sardegna alle prese con una crisi strutturale fatta di spopolamento endemico, imprese sempre meno competitive, mercato interno asfittico (al di fuori della bolla turistica) e un accesso al credito giovanile semplicemente inesistente (chi sosterrà il lavoro e lo sviluppo negli anni a venire?), la politica regionale continua ad avere altro per la testa.

Sarà forse per via del mandato di Governo del centrosinistra di fatto, sospeso in “attesa di giudizio” che in via Roma si respira sempre meno senso pratico e visione? Nel frattempo in Terza Commissione, al Consiglio regionale, si discute entusiasticamente di intelligenza artificiale.

Tre proposte di legge, in via di unificazione, stanno impegnando consiglieri, associazioni di categoria e rappresentanti di settore in audizioni che, a tratti, sembrano svolgersi su un altro pianeta. Nel 2025, oltre alle inutili agenzie regionali “per la ricerca”, qualcuno/a crede ancora alla “favola tecnologica” della Sardegna. Il tutto mentre fuori da via Roma, nelle zone interne, chiude l’ennesimo sportello bancario, le scuole si svuotano, le imprese arrancano e i giovani lasciano l’isola senza voltarsi indietro. E’ così necessario, dunque, impiegare il poco tempo delle commissioni (dove peraltro manca il numero legale pure per la pl sul fine vita) per menate simili?

Certo, si può sempre sostenere che l’innovazione sia la chiave del futuro – e nessuno nega il valore della tecnologia – ma appare quanto meno surreale che in un contesto di emergenza sociale ed economica, la priorità del legislatore regionale sia creare un ufficio per l’IA – con un milione di euro di dotazione peraltro… capirai l’investimento strategico – o discutere del “governo degli algoritmi”, quando mancano investimenti reali su infrastrutture, lavoro e credito produttivo.

Lo stesso tono usato da associazioni di categoria – da Confindustria a Cna, passando per Copagri e Confservizi – è quello tipico di chi si adegua alla narrazione del momento, per non apparire “arretrato”. Si cita la necessità di “formazione per i lavoratori emergenti”, “cabine di regia”, “monitoraggio dell’impatto economico-sociale”, come se fossimo in Baviera o nella Silicon Valley. Peccato che in molte zone della Sardegna la formazione non riesce nemmeno a garantire un’istruzione di base.

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In Consiglio si ascolta, si plaude, si prende atto, si auspica. Intanto la realtà sarda esige risposte su ben altro: su una gioventù senza prospettive, su un sistema di imprese soffocato dalla burocrazia, su una regione che perde pezzi di sé ogni anno, mentre si continua a giocare al piccolo legislatore “visionario” per tenere il passo di agende europee o nazionali, in modo sempre più scollegato dalla realtà concreta dell’isola.

Siamo di fronte a una politica più preoccupata di sembrare aggiornata che di essere utile, in preda a quella sindrome da “provincialismo illuminato” che porta ad accogliere acriticamente ogni parola chiave del momento – “green”, “AI”, “resilienza”, “transizione” – senza mai interrogarsi se queste formule abbiano un riscontro nei territori, nei quartieri, nelle campagne abbandonate.

L’intelligenza artificiale può essere utile, certo. Ma non può diventare una foglia di fico per nascondere l’assenza di visione. Perché nel momento in cui si chiede ai giovani imprenditori di investire, mentre nessuna banca li finanzia, e si propone di “digitalizzare l’agricoltura”, quando l’agricoltore è rimasto solo, senza personale e senza mercato, ci si avvicina pericolosamente alla retorica da conferenza stampa, più che alla progettazione di politiche efficaci.

Serve concretezza, non “governance dell’IA”. Serve un piano per far ripartire il tessuto produttivo, non un nuovo organigramma per normare l’algoritmo. Serve una classe politica capace di priorità, non di slogan da centro studi.

O si torna con i piedi per terra, o si continuerà a legiferare nel vuoto, mentre la Sardegna continua a svuotarsi – nella realtà, non nel metaverso. Ma, fino a quando “gli onorevoli” continueranno a “regalare” risorse pubbliche a parrocchie, associazioni e groupies di partito, ad ogni giro di assestamento di bilancio e manovra finanziaria, sarà difficile osservare il minimo “cambio di passo”.



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