Non è vero che il Jobs Act ha creato un milione di posti di lavoro, le assunzioni a tempo indeterminato sono cresciute solo quando la Finanziaria ha messo a disposizione delle imprese degli incentivi per le assunzioni, mentre sono crollate subito dopo.
A tre giorni dai referendum dell’8 e 9 giugno è Massimo Bussandri, segretario della Cgil dell’Emilia-Romagna, a smontare la propaganda elettorale che alcune forze politiche, Italia Viva di Matteo Renzi in primis, stanno facendo in particolare contro il primo quesito, quello che chiede l’abrogazione della norma del Jobs Act che ha cancellato l’articolo 18.
Jobs Act e occupazione: la Cgil smentisce la propaganda in vista del referendum lavoro
Il primo quesito dei referendum che saremo chiamati a votare domenica e lunedì prossimi riguarda proprio il Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dal governo Renzi. Con l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, invece, nel 2015 fu di fatto cancellato l’articolo 18, in particolare la norma che imponeva il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa.
Il quesito per cui la Cgil ha raccolto le firme chiede di cancellare quella norma e tornare alla formulazione precedente, che consentiva anche la misura del reintegro sul posto di lavoro.
Nella campagna referendaria i renziani hanno scelto di votare “No” a quel quesito, sostenendo che la flessibilità in uscita introdotta dal Jobs Act in questi anni ha creato un milione di posti di lavoro. Lo slogan è presente anche negli spot elettorali che circolano in questi giorni su radio e televisioni.
Il segretario della Cgil dell’Emilia-Romagna, numeri alla mano, contesta questa ricostruzione: «Il Jobs Act non ha creato alcun posto di lavoro – sottolinea Bussandri – Questa narrazione tossica che per aumentare la possibilità di assumere bisogna abbassare la soglia dei diritti di chi lavora è una fandonia».
Nello specifico, Bussandri ricorda che accanto al Jobs Act nel 2015 la Legge di Bilancio prevedeva una serie di corposi incentivi all’assunzione, come l’esonero contributivo triennale.
«La Cgil aveva già fatto un primo bilancio dopo un anno, nel 2016 – ricostruisce il segretario della Cgil regionale – e risultava che erano stati spesi 6 miliardi di euro in incentivi ed erano stati creati circa 100mila nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. Negli anni successivi la fiammella si è spenta in un amen, non c’è stato più un boom di assunzioni perché sono finiti gli incentivi che erano stati arraffati nel corso del 2015».
Non solo: nell’arco di venti anni, cioè tra il 2004 e il 2024, i contratti a tempo indeterminato e tempo pieno sono cresciuti del 7%, mentre quelli a tempo determinato sono cresciuti del 32% e i part-time hanno registrato un +60%.
«Tutto ciò si è prodotto in misura massiccia proprio dopo il Jobs Act – sostiene Bussandri – Ne abbiamo una dimostrazione concreta se guardiamo i giovani under 35. Nel 2004 quelli assunti a termine erano il 19% del totale, mentre nel 2018, cioè tre anni dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, erano il 37% del totale».
ASCOLTA L’INTERVISTA A MASSIMO BUSSANDRI:
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link