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Un software tutto italiano, nata la Certificazione 100% Made in Italy


Dopo la moda, il design, l’agroalimentare e l’arredo, il Made in Italy accoglie una nuova eccellenza: il software. È stato presentato ufficialmente mercoledì 4 giugno durante un evento, organizzato dalla Fondazione Farefuturo, nella prestigiosa cornice della Sala Capitolare del Chiostro di Santa Maria sopra Minerva del Senato, il marchio “100% Made in Italy Certificate”, la prima certificazione pensata per identificare, promuovere e tutelare i software interamente ideati, sviluppati e gestiti nel nostro Paese.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Promossa da AssoSoftware, associazione di Confindustria che rappresenta le aziende produttrici di software, in collaborazione con l’Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani, l’iniziativa segna un importante riconoscimento del valore immateriale della digitalizzazione nell’economia italiana. Come ha ricordato lo stesso Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “il software è alla base di tutte le tecnologie abilitanti della transizione digitale; senza software, queste tecnologie non esisterebbero né funzionerebbero. Per questo continueremo a sostenerle”.

La nuova certificazione non è un semplice bollino, ma una vera e propria garanzia: possono fregiarsene solo i software il cui codice sorgente, proprietà intellettuale, gestione dei server e dei data center siano rigorosamente italiani. Inoltre, i prodotti devono rispettare pienamente le normative italiane ed europee in materia di privacy e cybersicurezza.

Come sottolineato dal Senatore Matteo Gelmetti, segretario generale di Farefuturo e promotore dell’evento, “parlare di software oggi significa parlare di geopolitica”. In un contesto in cui l’intelligenza artificiale si nutre proprio di codice, la sovranità digitale diventa un elemento cruciale. “Questa certificazione”, ha aggiunto Gelmetti, “rafforza la nostra sicurezza, tutela le PMI e pone le basi per un’infrastruttura nazionale indipendente e affidabile”.

Per Pierfrancesco Angeleri, presidente di AssoSoftware, tuttavia, è necessario un cambio di passo. Il modello dei crediti d’imposta, pur efficace, risulta spesso farraginoso e dovrebbe lasciare spazio a un sistema di voucher diretti, più accessibile soprattutto alle micro e piccole imprese, che con il Piano Transizione 5.0 hanno incontrato maggiori difficoltà. È questa la proposta avanzata durante il convegno, ispirata all’esperienza spagnola: tra il 2021 e il 2024, il governo di Madrid ha supportato oltre mezzo milione di beneficiari con 2,3 miliardi di euro in buoni digitali.

Potrebbe essere un primo passo per avvicinare il digitale alle piccole imprese, un passo fondamentale da compiere, soprattutto considerando il livello di adozione di software gestionali nelle PMI italiane: appena il 30%. Eppure i numeri parlano chiaro. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il settore cresce da anni a doppia cifra: nel 2023 ha generato 62,8 miliardi di euro di fatturato, con un incremento del 17,4% rispetto all’anno precedente. Inoltre, crea occupazione stabile e qualificata: dal 2000, gli occupati sono aumentati del 60%, la maggior parte con contratti stabili e titoli di laurea in ambito STEM, un dato in controtendenza rispetto a molti altri settori industriali.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

L’ambizione, chiarisce a margine Angeleri, è quella di includere il software nel perimetro strategico del Made in Italy, riconoscendolo come prodotto industriale a tutti gli effetti, e non più solo come servizio accessorio. “Il nostro obiettivo”, conclude, “è fare del software un pilastro della nuova politica industriale italiana. Con questa certificazione vogliamo dare finalmente a questo comparto il riconoscimento che merita”.

Fotografia di copertina, riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica







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