I dazi rappresentano l’ultimo sviluppo di un cambiamento fondamentale rispetto all’assetto internazionale basato su regole in vigore dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’erosione del vecchio assetto geopolitico non è iniziata con l’attuale amministrazione. È in atto almeno dalla crisi finanziaria globale del 2007-2009. La novità è che gli Stati Uniti, principali difensori del libero scambio globale, stanno ora cercando di ridefinirlo.
Nel breve termine, i tentativi di ristrutturare radicalmente il commercio globale, o anche un periodo prolungato di incertezza, potrebbero rallentare la crescita, alimentare l’inflazione e aumentare il rischio di recessione. A più lungo termine, l’incertezza prolungata potrebbe influire negativamente sulla reputazione degli Stati Uniti come partner commerciale affidabile e alleato in materia di sicurezza. D’altro canto, i mercati potrebbero reagire positivamente all’annuncio di negoziati commerciali rapidi e coronati da successo, che portino rapidamente a una nuova normalità.
Il team ha individuato quattro possibili esiti generali: guerra commerciale, grandi accordi commerciali, ritorno delle potenze globali e nazionalismo assertivo. Nello scenario dei grandi accordi, le alleanze tradizionali vengono ripristinate, magari con alcuni aggiustamenti. I conflitti geopolitici si attenuano e i leader politici stringono accordi commerciali di ampio respiro. Questo è lo scenario più favorevole e in generale un contesto positivo per i mercati azionari e l’economia. L’isolazionismo, l’opposto di questo scenario favorevole, è caratterizzato da una guerra commerciale globale e da un maggiore ricorso alla forza militare per affrontare le questioni di sicurezza, con un potenziale rischio di scontri militari tra le grandi potenze. Questo è lo scenario peggiore, che combina guerre commerciali con potenziali conflitti armati. Il ritorno delle grandi potenze sarebbe caratterizzato da una serie di patti di non aggressione tra le principali potenze, ciascuna delle quali dominerebbe un blocco regionale. Si tratterebbe di un ritorno all’era degli imperi, in cui Stati Uniti, Cina e Russia avrebbero una propria sfera di influenza.
Dove siamo oggi e dove stiamo andando?
Il mondo ha abbandonato il vecchio assetto ed è recentemente entrato in uno scenario di guerra commerciale, caratterizzato da ingenti dazi, restrizioni alle esportazioni di tecnologia e altre misure protezionistiche che accelererebbero il disaccoppiamento economico e lo spostamento delle catene di approvvigionamento. Questo è lo scenario di dure guerre commerciali, ma non di conflitti armati. Grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina si scontrano in termini di tecnologia e commercio, ma non desiderano un confronto militare.
Se il mondo rimarrà in una situazione di conflitto commerciale prolungato, la crescita economica sarà probabilmente più modesta e l’inflazione potrebbe aumentare. Se questi dazi rimarranno in vigore a lungo, la crescita potrebbe rallentare dopo il 2025. Per contro, se gli accordi commerciali saranno raggiunti in tempi relativamente brevi, sarà più probabile una transizione verso lo scenario dei grandi accordi.
Quanto tempo ci vorrà perché si delinei un quadro chiaro del nuovo assetto globale? Data la complessità dei negoziati commerciali e il vasto numero di partner commerciali, gli investitori non dovrebbero aspettarsi una risoluzione rapida. Il mondo è in una fase di transizione. Ci sono voluti anni per costruire l’assetto postbellico e potrebbero volercene molti prima che si stabilizzi un nuovo assetto geopolitico. L’US Trade Representative (USTR) non ha la capacità di definire accordi dettagliati con circa 90 Paesi durante la pausa di 90 giorni che terminerà a luglio, aggiungendo che l’USTR, che ha un organico relativamente ridotto, ha una capacità limitata per affrontare rapidamente molti accordi complessi.
Per calmare i mercati, l’amministrazione Trump vorrà annunciare una serie di accordi il più rapidamente possibile. Potrebbe trattarsi di accordi di entità limitata, senza un accordo di libero scambio completo, come quelli raggiunti durante la prima amministrazione Trump con Giappone, Cina e Brasile. Potrebbe inoltre essere prorogata la pausa tariffaria di 90 giorni, anche se l’incertezza rimarrebbe elevata e ciò potrebbe causare ulteriore volatilità nei mercati se ogni proroga fosse accompagnata da manovre politiche rischiose.
Ci aspettiamo che l’amministrazione cerchi di raggiungere alcuni accordi iniziali con il Giappone e la Corea, che sarebbero più facili da realizzare. Ma rinegoziare l’accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada è complicato e i negoziati formali non sono ancora iniziati, quindi ci vorrà del tempo. Allo stesso modo, i negoziati con l’UE richiederanno molto più tempo. Lunghi negoziati potrebbero pesare ulteriormente sui mercati e sull’economia. La mancanza di certezza è uno dei problemi più gravi. Le aziende saranno riluttanti ad assumersi impegni di spesa in conto capitale a lungo termine senza una visione più chiara delle regole future. La spesa delle imprese potrebbe rimanere bassa per un lungo periodo.
Anche dopo la conclusione degli accordi, esiste il rischio che la credibilità degli Stati Uniti come partner e perno del commercio e della sicurezza globali possa diminuire nel lungo termine, così come la percezione del dollaro come valuta di riserva e la sicurezza percepita del debito pubblico statunitense.
Implicazioni per gli investimenti
A fronte di questa incertezza, è fondamentale che gli investitori rimangano umili su ciò che è conoscibile, senza ancorarsi a una particolare visione del mondo, e prepararsi all’imprevisto. Se ci sarà una risoluzione favorevole, i mercati potrebbero registrare un’impennata, come abbiamo visto quando l’annuncio di una sospensione dei dazi per 90 giorni il 9 aprile ha innescato un forte rialzo dei mercati. Al momento è importante prestare molta attenzione alle valutazioni e ai dividendi, in questa fase in cui la noia è bella. Ad esempio, compagnie assicurative come Chubb non esportano né importano beni, quindi la loro attività non risentirebbe in modo significativo dei dazi. Nel settore finanziario, CME Group, che gestisce borse di derivati, ha registrato volumi di scambi più elevati in periodi di volatilità dei mercati.
Tutto ciò rafforza l’opportunità di un portafoglio diversificato a livello globale. È difficile sapere quando o dove i negoziati commerciali avranno esito positivo. Infine, una volta che i negoziati commerciali inizieranno a sfociare in accordi, gli investitori e le aziende avranno maggiore chiarezza e il quadro degli investimenti potrebbe migliorare. Potremmo trovarci in un momento di massima incertezza, ma alla fine le cose sembreranno meno negative.
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