Il concordato semplificato[3] rappresenta uno strumento di regolazione delle crisi e dell’insolvenza[4], ascrivibile all’alveo delle procedure concorsuali[5], attuabile esclusivamente a seguito di una composizione negoziata, svoltasi secondo correttezza e buona fede pur senza l’individuazione di soluzioni al risanamento dell’impresa, della quale costituisce uno dei possibili esiti, ai sensi dell’art. 23, comma 2, CCII[6].
Da un punto di vista giuridico tale definizione permette di individuare lo strumento attraverso l’intersecazione sistematica di diversi strati normativi, il cui centro si colloca indubbiamente agli artt. 25 sexies e 25 septies CCII.
Le due disposizioni si auto integrano attraverso l’espresso rinvio ad uno specifico e corposo gruppo di regole dettate in materia di concordato preventivo[7], che costituiscono un secondo elemento di contribuzione disciplinare. Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui all’ art. 39 CCII in merito ai documenti da allegare alla proposta, di quelle di cui agli artt. 6, 46, 94, e 96[8] CCII riguardanti gli effetti della pubblicazione della domanda e di quelle di cui agli artt. 106, 114, 115, 117, 118, 119, 324 e 341 CCII, in quanto compatibili. A queste, il Correttivo ter ha aggiunto il richiamo all’ art. 84, comma 5, CCII in tema di degrado dei crediti prelatizi per incapienza e agli artt. 40 e 44 CCII in tema di accesso all’istituto, anche con riserva di deposito della proposta e del piano[9].
Non pare invece ammissibile un rinvio generale alle norme proprie del concordato preventivo in quanto, come osservato in dottrina[10] e in giurisprudenza[11], il concordato semplificato non può essere considerato una sua mera variante, ma un istituto dotato di una propria autonomia giuridica. Alla luce di tale considerazione appare chiara la ratio del legislatore di definire il nuovo concordato come semplificato prevedendo, tra gli altri, l’assenza di una vera e propria fase di ammissione di cui all’art. 47 CCII, la mancata necessità di attestazioni specifiche, fatta salva quella di cui all’art. 84, comma 5, CCII, l’assenza della votazione dei creditori[12] e l’impossibilità di presentare proposte concorrenti di cui agli artt. 90 e 91 CCII.
Alle disposizioni esplicitamente richiamate dagli artt. 25 sexies e 25 septies CCII si aggiungono, da un lato, gli apporti normativi derivanti dalla sua appartenenza agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e, dall’altro, il portato disciplinare derivante dall’obbligato e precedente passaggio per la composizione negoziata della crisi. Così, a titolo esemplificativo, possono essere considerate applicabili all’istituto le regole in tema di procedimento unitario e di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi di cui agli artt. 120 bis e ss. CCII o ancora gli artt. 12 e 25 CCII in tema di presupposti soggettivi e oggettivi di accesso allo strumento[13].
Quanto al presupposto soggettivo, considerata l’interdipendenza dalla composizione negoziata, il proponente può essere identificato dalla qualifica di “imprenditore agricolo e commerciale”, regolarmente iscritto nel registro imprese[14]. Pertanto, i soggetti legittimati a presentare una proposta di concordato semplificato sono gli imprenditori in generale, senza distinzioni tra imprenditori commerciali o agricoli, sopra o sotto soglia (art. 25 quater, commi 4, 5 e 6, CCII), comprese le start up innovative. In considerazione dello stretto legame con la composizione negoziata, non pare che siano escluse neppure le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 o D.L. n. 347/2003, nonché le imprese assoggettabili a liquidazione coatta amministrativa, comprese le cooperative, e le società a partecipazione pubblica, superando le difficoltà derivanti dalla mancanza di un richiamo espresso nell’art. 296 CCII e nell’art. 14 del D.Lgs. n. 175/2006 che, tra gli strumenti di regolazione della crisi, menzionano unicamente il concordato preventivo.
Sebbene manchi un espresso riferimento al concordato semplificato nell’art. 284 CCII, si ritiene ammissibile il ricorso al concordato semplificato di gruppo, in considerazione dello stretto legame con il percorso negoziato e l’esistenza di una specifica disposizione per la composizione negoziata di gruppo[15].
Incerta risulta l’ammissibilità di società in stato di liquidazione, soprattutto in considerazione del passaggio obbligato per la composizione negoziata e le ampie discussioni dottrinali e giuridiche che hanno riguardato la fattispecie[16]. Si ritiene che lo stato di liquidazione, seppur non direttamente preclusivo dello strumento in questione, tuttavia, possa incidere in maniera rilevante, in primo luogo, sul giudizio circa la reversibilità o meno dell’insolvenza in sede di accesso alla composizione negoziata e, in secondo luogo, su uno dei requisiti esplicitamente richiamati dall’art. 25 sexies CCII, ovverosia quello di “correttezza e buona fede” nella conduzione delle trattative.
Nel silenzio della normativa sul concordato semplificato, il presupposto oggettivo si rinviene dall’art. 12 CCII nello stato di “crisi” o di “insolvenza”, così come definite dall’art. 2, comma 1, lett. a) o b), oppure nello “squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza”[17]. Tenuto conto anche delle specificità e finalità dell’istituto quale esito della composizione negoziata in cui le trattative non hanno portato al risanamento dell’impresa, rimane quindi sostanzialmente esclusa, in linea con la condizione di non praticabilità delle soluzioni prescritte dall’art. 23, commi 1 e 2, CCII, la possibilità per un imprenditore in equilibrio aziendale di accedere al concordato semplificato, salvo quanto previsto dall’art. 25, comma 6, CCII in tema di gruppi di imprese. Invero, pur nella consapevolezza che lo stato del debitore postulato dal legislatore pare ricomprendere ogni squilibrio aziendale[18], è ragionevole ritenere che, stante l’impraticabilità delle soluzioni concordate e la natura liquidatoria dell’istituto, al momento della presentazione della domanda di concordato semplificato l’imprenditore si trovi in situazione di crisi o, più probabilmente, di conclamata insolvenza[19].
Ulteriore presupposto risulta quello procedurale[20] in quanto il ricorso per l’accesso allo strumento deve essere presentato “nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’art. 17, comma 8 CCII”, con la quale l’esperto trasmette all’imprenditore la propria relazione finale. Con il ricorso il proponente ha la facoltà di richiedere al tribunale competente l’applicazione di misure cautelari e protettive di cui agli artt. 54 e 55 CCII[21].
In ossequio al primo comma dell’art., 25 sexies CCII, il concordato semplificato è accessibile unicamente previo accesso alla composizione negoziata, presupponendo che nella relazione finale di cui all’art. 17, comma 8, CCII l’esperto dichiari due circostanze: (i) l’avvenuto svolgimento, secondo i canoni di correttezza e buona fede, di trattative che non hanno consentito di conseguire il risanamento dell’impresa e (ii) l’impraticabilità sperimentata di tutte le altre soluzioni contemplate dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. a) e b)[22] CCII[23]. Soltanto al verificarsi di tali circostanze l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione della relazione finale dell’esperto, una proposta di concordato semplificato con il relativo piano di liquidazione. Il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della relazione finale è considerato decadenziale, non essendo previste proroghe o eccezioni[24].
La pubblicazione dell’atto introduttivo risulta attuativa di un effetto di spossessamento attenuato, in quanto, per effetto del richiamo agli artt. 46 e 94 CCII, i poteri gestori rimangono in capo all’imprenditore, sebbene in forma notevolmente ridimensionata.
Ulteriore peculiarità dell’istituto in esame concerne la previsione dell’assenza di voto da parte dei creditori, che potrebbe anche fungere da elemento deterrente che incentivi le parti[25] a compiere ogni sforzo per addivenire a una soluzione conveniente per entrambe nell’ambito della composizione negoziata[26].
Da un punto di vista procedurale, l’assenza di voto da parte dei creditori è accompagnata dalla mancanza di una vera e propria fase di ammissione della proposta e da un duplice momento di valutazione del tribunale che assume un connotato di altissima pregnanza[27].
Un primo momento valutativo è quello successivo al deposito della proposta, dove viene avviata in seno al tribunale un’attività di analisi contraddistinta dalla valutazione della “ritualità della proposta anche con riferimento alla corretta formazione delle classi” ad esito della quale viene nominato un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. L’art. 25 sexies, comma 3, CCII specifica altresì che il tribunale prima della nomina dell’ausiliario proceda all’acquisizione della relazione dell’esperto e del suo parere circa “i presumibili risultati della liquidazione e delle garanzie offerte”.
Un secondo momento di analisi è quello che precede l’omologa del concordato per decreto motivato ed immediatamente esecutivo. In questa fase, il tribunale deve verificare la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità economica e giuridica del piano di liquidazione. Il tribunale è altresì tenuto a rilevare che la proposta non arrechi “pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata e comunque assicuri un’utilità a ciascun creditore”.
Infine, seppur privato del diritto di voto, resta comunque salva per il creditore la possibilità di proporre opposizione all’omologa nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata per l’omologa, ai sensi dell’art. 25 sexies, comma 4, CCII.
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