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Dati e algoritmi al servizio dell’ambiente


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Dalla modellazione climatica alla trasparenza nei dati di impatto dei prodotti industriali: la gestione ambientale basata sui dati diventa oggi un pilastro per ridurre l’impatto delle imprese e affrontare le nuove sfide normative

Il 2024 ha segnato un nuovo record climatico: l’anno più caldo mai registrato sul Pianeta. Un segnale inequivocabile che pone le imprese di fronte a una doppia sfida: ridurre il proprio impatto ambientale e farlo in modo trasparente, sistemico, misurabile.

Così, il ruolo dei dati emerge come fattore abilitante per strategie di mitigazione efficaci, in linea con la crescente pressione normativa, come dimostra la bozza della direttiva europea sui Green Claims.

Un’economia ancora poco circolare, ma con nuove coordinate digitali

Secondo le più recenti analisi di mercato, l’economia globale risulta ancora solo per il 7,2% effettivamente circolare. Un dato che, nella sua essenzialità, conferma quanto resti ancora da fare.

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Ma anche quanto sia strategico disporre di strumenti in grado di mappare, anticipare e correggere gli impatti delle attività produttive. Tecnologie interoperabili, piattaforme digitali, intelligenza artificiale: sono queste le direttrici attraverso cui il dato si trasforma in leva operativa per un’economia sostenibile.

In ambito pubblico, uno degli esempi più avanzati è rappresentato dal progetto Return – Multi-Risk sciEnce for resilienT commUnities undeR a changiNg climate – coordinato dall’Università di Napoli Federico II e finanziato con i fondi del Pnrr nell’ambito del programma Next Generation Eu.

Si tratta di un ecosistema digitale progettato per la simulazione e la gestione integrata dei rischi ambientali connessi ai cambiamenti climaticiReturn adotta un approccio multi-rischio e multi-modello, sviluppando proiezioni climatiche ad alta risoluzione su scala nazionale.

A supporto di enti locali e decisori, produce indicatori climatici e strumenti predittivi per definire priorità d’intervento e strategie di resilienza. I modelli integrano dati climatici, sistemi di early warning, sensori, simulazioni tridimensionali e ambienti virtuali immersivi.

Grazie agli strumenti sviluppati – tra gli altri Atlas, per la gestione dei dati relativi a siccità e alluvioni; Argus, per il monitoraggio delle instabilità del suolo; Aida, per la gestione irrigua in agricoltura basata su dati meteorologici – il progetto permette di simulare in modo realistico  ambienti che rappresentano territori italiani, costieri e interni.

Return offre in questo modo scenari what-if per comprendere gli impatti a cascata su infrastrutture e comunità. L’obiettivo è chiaro: costruire una governance ambientale fondata su dati scientifici, che anticipi le criticità anziché limitarsi a gestirne gli effetti.

La trasparenza come asset competitivo

Anche nel settore privato la centralità del dato si rafforza, in particolare laddove i prodotti industriali devono rispondere a standard ambientali sempre più articolati. Ne è un esempio l’Environmental Data Program lanciato da Schneider Electric, evoluzione del precedente Green Premium Program.

Attraverso questa iniziativa, l’azienda rende accessibili informazioni ambientali dettagliate su ciascun prodotto: impronta di carbonio, efficienza energetica, contenuto di materiale riciclato, impatto degli imballaggi.

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Attualmente sono disponibili online 14 attributi ambientali per oltre 110.000 referenze commerciali, pari al 70% del fatturato derivante da prodotti. L’obiettivo per fine anno è estendere la copertura a 155.000 referenze, toccando l’80%.

Questa scelta – spiegano da Schneider – consente ai clienti di operare decisioni informate, ottimizzare i propri piani di sostenibilità e agevolare le attività di reporting e conformità normativa.

Se da un lato, dunque, l’urgenza climatica impone nuove metriche di rendicontazione e controllo, dall’altro il dato diventa anche linguaggio comune tra attori pubblici e privati.

La qualità dell’informazione ambientale – dalla precisione delle proiezioni climatiche alle etichette di prodotto – rappresenta oggi un’infrastruttura invisibile ma decisiva per la transizione.

La gestione ambientale del futuro sarà necessariamente data-driven, ma anche trasparente, interoperabile e fondata su modelli dinamici e collaborativi. È la fine dell’approssimazione: ciò che non si misura, semplicemente non si migliora.

Crediti immagine: Depositphotos

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