Nel primo trimestre dell’anno variazione positiva di 6 milioni per l’Ebitda. La svolta con l’arrivo della ceo Laura Manelli: «C’è un potenziale ancora inespresso»
Pinko supera la crisi e torna in utile. Il marchio italiano della moda femminile fondato nel 1986 a Fidenza da Pietro Negra e dalla moglie Cristina Rubini, controllato da Cris Conf, ha chiuso il primo trimestre 2025 con risultati che segnano un’inversione di rotta. I ricavi al 31 marzo superano i 70 milioni di euro, con una flessione contenuta del 3% rispetto allo stesso periodo del 2024, ma soprattutto torna la redditività operativa: l’Ebitda è passato da -1,2 milioni dell’anno scorso a circa +5 milioni di euro, con una variazione positiva di 6 milioni in valore assoluto. «Oggi possiamo raccontare una svolta — afferma il presidente Pietro Negra —. Abbiamo un piano prudente ma sostenibile, che genera cassa da quest’anno».
I conti
Il trimestre in utile conferma l’efficacia delle azioni di ristrutturazione intraprese nei mesi scorsi e apre la strada verso l’uscita dalla procedura di Composizione negoziata della crisi (Cnc), in cui l’azienda era entrata nel 2024. Nel corso degli anni, la società che aveva conosciuto una significativa espansione internazionale «dai 197 milioni di fatturato nel 2019 ai 303 milioni circa del 2022 — racconta Negra —. La crescita incredibile spinta dal post Covid ci ha illuso portandoci ad aumentare significativamente gli investimenti in Cina, e in parte anche negli Stati Uniti elaborando un piano con l’aiuto di consulenti per raggiungere i 500 milioni di ricavi». Ma la scommessa si è rivelata sbagliata. «Pensavamo a una Cina che avrebbe continuato a crescere, invece da metà 2023 abbiamo registrato flessioni drammatiche — ammette —. Anche gli investimenti negli Usa non hanno avuto a fine ’23 i ritorni sperati. Il piano di rientro non è stato rispettato, ci siamo trovati senza liquidità (con un debito che aveva superato i 100 milioni di euro, ndr)».
La ristrutturazione
Oggi la composizione negoziata è alle fasi alle fasi finali. «Il piano è in fase di attestazione ed è stato presentato alle banche lo scorso 21 giugno. Le banche avranno circa un mese per valutarlo e deliberare l’uscita dalla cnc e il ritorno in bonis».
Uno snodo decisivo è stato l’arrivo, a marzo, della nuova amministratrice delegata Laura Manelli, manager con una lunga esperienza nel fashion system (11 anni da Armani ed esperienze anche in Versace, Fendi, Sergio Rossi e forti competenze nel controllo di gestione), chiamata a guidare l’azienda in una fase di profondo cambiamento.
«I dati positivi mi spingono a pensare a un futuro in crescita. Non mi piace parlare di rilancio ma di un potenziale non ancora totalmente espresso — commenta Manelli —. C’è una forte consapevolezza del brand e un cliente molto fidelizzato. Abbiamo lavorato per costruire un nuovo modello di business, valorizzando la nostra identità ma anche ripensando processi, priorità e mercati chiave. Questo risultato dimostra che siamo sulla strada giusta, consolidando la nostra fiducia verso un futuro di ripresa e rinnovata crescita di Pinko sia a livello nazionale che internazionale. La fiducia del nuovo cda e il supporto delle persone che lavorano in azienda sono stati fondamentali».
La ristrutturazione
La crisi è stata, dunque, «finanziaria non di brand», sottolineano all’unisono presidente e ceo. L’azienda ha avviato un profondo processo di ristrutturazione: chiusura di negozi non profittevoli, razionalizzazione dei costi, revisione del perimetro aziendale e una governance più snella e focalizzata. Il rientro alla generazione di cassa già nel 2025 è uno degli obiettivi-chiave del piano, insieme alla progressiva riduzione dell’indebitamento. «Il primo obiettivo è stato mettere ordine, ristabilire priorità e accendere fiducia all’interno e all’esterno — spiega Manelli —. Abbiamo rivisto il modello operativo, semplificato processi, riallineato il brand alla sua identità, ma con uno sguardo lucido sui mercati».
Oggi, Pinko guarda avanti puntando su un posizionamento chiaro nel segmento entry-to-luxury, sul rafforzamento dell’e-commerce e su una presenza più selettiva nei mercati esteri. «L’internazionalizzazione resta una leva strategica, ma ora la affronteremo con maggiore selettività e controllo anche tenendo conto del contesto internazionale — afferma Negra —. I 100 nuovi negozi in Cina? Non saranno repliche del passato, ma aperture mirate, sostenute da un partner locale forte e da una visione di lungo periodo». Nel febbraio 2025, Pinko ha infatti siglato una partnership strategica con Lima Commercial Management (Shanghai), per rilanciare la presenza in Cina, in modo più graduale e orientato alla redditività. «Abbiamo imparato la lezione — sottolinea Negra —. L’errore non è stato andare in Cina, ma farlo troppo velocemente. Adesso vogliamo crescere, ma bene», puntando su sobrietà, concretezza e valori. «Pinko si è sempre ispirata al lusso, è presente nelle location più esclusive ma riguardo ai prezzi fortemente incrementati nel settore dopo il Covid, andiamo in un’altra direzione: li riduciamo per dare al cliente il miglior rapporto qualità prezzo».
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