Prosegue il nostro viaggio dentro le connessioni profonde tra impresa e territorio. Dopo l’analisi inaugurale firmata da Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Varese, e da Annarita Cacciamani, torniamo a riflettere su uno dei pilastri del tessuto economico italiano: l’impresa familiare.
Una forma imprenditoriale capace di generare coesione, radicamento e responsabilità sociale. Non solo per resistere alle crisi, ma per trasformarle in occasioni di sviluppo locale.
Ecco perché il legame tra famiglia, azienda e territorio non è un residuo del passato. È una risorsa strategica per costruire futuro.
Radicate nei luoghi in cui nascono, spesso da generazioni, le imprese familiari rappresentano una delle forze più dinamiche e resilienti del tessuto economico italiano. Il loro legame con il territorio non è solo geografico, ma identitario: condividono valori, reti sociali e visioni di lungo periodo che le rendono attori naturali di sviluppo locale. A differenza delle multinazionali o delle aziende guidate da logiche puramente finanziarie, le imprese familiari investono nel benessere collettivo perché vivono dove operano, e operano dove vivono.
«L’impresa familiare – spiega il professor Gianluca Ciambotti, ordinario di Programmazione e Controllo all’Università di Urbino – ha un radicamento nel territorio che amplifica l’effetto positivo dell’unitarietà di intenti tra famiglia, proprietà e impresa. Quando questa coesione si traduce in valori condivisi e visione comune, si crea un circolo virtuoso che rafforza sia l’azienda sia il contesto locale in cui è inserita». Non è solo una questione di identità: numerose ricerche dimostrano che le imprese familiari, grazie a questo legame profondo, riescono a essere più resilienti, più innovative e più impegnate nella sostenibilità rispetto ad altre forme aziendali.
LE IMPRESE FAMILIARI SONO PIU’ RADICATE
A rafforzare il ruolo delle imprese familiari come attori chiave dello sviluppo territoriale è la loro capacità di resistere e adattarsi nei momenti di crisi. «Le ricerche condotte all’Università di Urbino – sottolinea Ciambotti – mostrano chiaramente che le imprese familiari non solo sopravvivono meglio nei contesti difficili, ma riescono anche a rigenerarsi più rapidamente rispetto alle imprese non familiari».
Tale resilienza si alimenta proprio dal loro rapporto stretto con il territorio, che le porta a operare con una logica di lungo periodo, attenta alla continuità, alla reputazione e alla sostenibilità. Questo si traduce in:
- una leadership emotiva, che trasmette senso di missione e appartenenza all’intera organizzazione;
- un commitment collettivo che va oltre il profitto immediato;
- una responsabilità diffusa, che coinvolge dipendenti, fornitori e comunità locale.
«Nelle imprese familiari – spiega ancora Ciambotti – è frequente trovare una leadership capace di trasmettere valori e visione in modo autentico. Questo rafforza l’identità aziendale e crea un senso di responsabilità condivisa che si riflette anche nel contesto territoriale».
CRESCERE SENZA SRADICAMENTO
Il processo di crescita e strutturazione di un’impresa familiare può incontrare ostacoli se non supportato da un percorso di professionalizzazione. Ma questo non significa perdere il legame con il territorio.
«Anzi – sottolinea il professore – l’inserimento di manager esterni nelle imprese familiari, come dimostrato da uno studio pubblicato su Management Control nel 2018, rafforza i processi strategici e ne garantisce la continuità nel tempo». In particolare:
- si introducono sistemi formali di pianificazione e controllo (es. Budgeting, Diagnostic Control Systems, Interactive Control Systems);
- si standardizzano strategie e obiettivi di lungo periodo;
- si rafforza il prestigio e la reputazione dell’impresa nel contesto locale.
Un esempio significativo è rappresentato da Morfeus, azienda familiare attiva nella produzione di sistemi letto, che ha rafforzato i rapporti con il mondo accademico e investito in competenze esterne per migliorare il controllo di gestione e l’innovazione. Questo approccio ha permesso all’impresa non solo di crescere in modo strutturato, ma anche di consolidare la propria presenza nel territorio romagnolo e marchigiano, attraverso progetti di sostenibilità e collaborazione con enti locali.
INVESTIRE NEL CAPITALE UMANO E VALORIALE
Per creare valore anche al di fuori dell’azienda, le imprese familiari devono puntare su investimenti non solo economici, ma soprattutto in:
- Capitale umano, valorizzando e trasferendo le competenze del fondatore alle nuove generazioni;
- Capitale relazionale, creando rapporti stabili e fiduciari con clienti, fornitori e attori locali;
- Capitale sociale, contribuendo direttamente al benessere del territorio.
«Loccioni, impresa familiare delle Marche – racconta Ciambotti – ha investito nella riqualificazione di un parco fluviale, offrendo un bene comune alla cittadinanza. È questo il tipo di responsabilità sociale concreta che il family business può mettere in atto».
LA SOSTENIBILITA’ COME IMPEGNO VALORIALE
Le imprese familiari dimostrano una particolare sensibilità verso i temi ESG (ambientali, sociali, di governance), perché:
- sono guidate da una mentalità transgenerazionale;
- tengono in alta considerazione la reputazione aziendale e familiare;
- si pongono come attori etici dello sviluppo locale.
«Recenti ricerche – aggiunge – mostrano che la presenza femminile nella governance familiare favorisce un orientamento ancora più spiccato alla sostenibilità».
GLI OSTACOLI DA SUPERARE
Non mancano però le criticità che possono limitare il ruolo territoriale delle imprese familiari. Tra le principali, Ciambotti segnala:
- Paternalismo e accentramento nella gestione;
- Resistenza alla delega e alla valorizzazione delle competenze esterne;
- Assenza di visione strategica a lungo termine;
- Conflitti generazionali o squilibri nei ruoli e nella distribuzione del potere decisionale.
IL NODO CRUCIALE: LA SUCCESSIONE
La continuità di un’impresa familiare dipende dalla gestione efficace del passaggio generazionale. Secondo Ciambotti esistono quattro tipologie principali di successione:
- Transizione familiare completa (proprietà e gestione restano in famiglia);
- Transizione familiare di proprietà, senza direzione da parte degli eredi;
- Transizione manageriale, con uscita graduale dalla proprietà;
- Transizione extra-familiare completa (la famiglia esce totalmente dall’impresa).
«Serve una pianificazione integrata – afferma – che tenga conto delle interazioni tra famiglia, impresa e patrimonio. Solo così si possono evitare discontinuità, conflitti e perdita di valore».
Un approccio che deve essere supportato da:
- strumenti giuridici e finanziari (es. patti di famiglia, holding, family buy-out);
- sistemi di programmazione e controllo;
- un check-up condiviso e sincero tra tutti gli attori coinvolti.
In sintesi, secondo il professor Ciambotti le imprese familiari, quando ben governate e orientate al futuro, non solo garantiscono la propria sopravvivenza ma possono diventare pilastri dello sviluppo locale, generando valore economico, sociale e relazionale per tutta la comunità (5. continua). Annarita Cacciamani
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