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Piemonte maglia nera del lavoro, nel trimestre duemila posti in meno, il dato peggiore in Italia


di
Nicolò Fagone La Zita

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Agricoltura

 

Resta la difficoltà a trovare le professionalità richieste dalle imprese, con una quota del 45,1%: i pochi che potrebbero essere assunti non si trovano

Riparte il lavoro in Italia, tranne che in Piemonte. La regione più cassa integrata del Paese si conferma maglia nera anche secondo le ultime previsioni fornite da Unioncamere tramite il bollettino Excelsior, realizzato insieme al Ministero del Lavoro. Se a livello nazionale si può tirare un sospiro di sollievo, con 595 mila entrate previste dalle aziende solo a giugno (un incremento di circa 29 mila unità rispetto allo stesso mese del 2024, +5,1%), in Piemonte al contrario si è costretti ancora una volta a leccarsi le ferite.

Dopo il calo registrato a maggio (1.520 posti di lavoro in meno rispetto al 2024), lo stesso andamento infatti proseguirà nel prossimo trimestre. Nella nostra regione le imprese, a giugno, prevedono 29.750 ingressi, ovvero 890 in meno in confronto all’anno precedente, il peggior dato a livello nazionale. Non solo. Allargando il discorso da giugno ad agosto, infatti, la situazione diventa ancora più drammatica.




















































Il paragone con il 2024 parla di 1.970 posti di lavori in meno (79.310 in totale), in controtendenza rispetto al dato nazionale, dove la differenza è positiva del 6% grazie a 1,5 milioni di ingressi. Ma il Piemonte non è solo fanalino di coda, bensì è l’unica regione ad avere il segno “meno” quando si parla di assunzioni nei prossimi tre mesi in paragone al 2024. L’unica. Per intenderci, il secondo dato peggiore della classifica nazionale appartiene al Molise, dove comunque si garantiscono 90 assunzioni in più.
I primi tre posti? Medaglia d’oro alla Puglia (+13.540), seguita dal Lazio (+12.550) e dalla Sicilia (+10.990). Il paragone non regge nemmeno con le regioni più vicine: la Lombardia vola con 2.440 ingressi in più rispetto al 2024 (239 mila in totale), così come la Liguria (+1.270) e la Valle d’Aosta (+400).
 
Difficile dunque parlare di sofferenza del sistema, perché i problemi sono allocati specificatamente nel nostro territorio. E tra i mali della regione resiste anche la difficoltà a trovare le professionalità richieste dalle imprese, con una quota del 45,1%. In pratica in Piemonte il lavoro frena e i pochi che potrebbero essere assunti non si trovano.
 
Un problema che chiama in causa l’assessore regionale al Lavoro, Elena Chiorino, la quale, solo qualche giorno fa, usava toni trionfalistici per descrivere l’occupazione in Piemonte, ponendo l’accento sull’aumento di quella femminile (senza indicare le modalità). «I numeri parlano da soli — aveva commentato la vicepresidente della Regione — e dimostrano quanto la strada intrapresa sia quella giusta. Investimenti mirati, formazione professionale di qualità, incentivi al lavoro stabile, ascolto del territorio e centralità della persona stanno facendo la differenza. Il Piemonte cresce e lo fa nella direzione della stabilità e della qualità dell’occupazione». Una narrazione dalle gambe corte.

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