Passione, tradizione, determinazione e innovazione. Vorrei descrivere così il Press Tour in Veneto, organizzato dalla Regione Veneto attraverso l’Autorità di Gestione Regionale del Psr 2014-2022 e Csr 2023-2027, a cui ho avuto il piacere di partecipare dal 12 al 14 maggio scorsi.
Passione come quella di Elia Antoniazzi dell’Azienda Agricola La Rindola che, nonostante la difficoltà di trovarsi in una posizione un po’ isolata, ogni giorno aggiunge piccoli tasselli alla sua realtà per distinguerla e differenziarla dalle altre strutture. Una tradizione lunga più di centoquaranta anni come quella della Latteria di Lentiai, dove da sempre il motto è “filiera corta”. Determinazione come quella della Magnifica Regola di Villagrande che a seguito della tempesta Vaia del 2018 e del successivo attacco del bostrico alle piante si è rimboccata le maniche per contrastare l’infestazione. E infine i fratelli Denise e Nicola Vicino di CET Electronics che con la loro innovazione sono in grado di irrigare le piante solo quando e quanto strettamente necessario.
Clicca sulla foto per sfogliare la fotogallery del Press Tour
Veneto, regione virtuosa
Il mondo rurale è stato il protagonista indiscusso di tutto il Press Tour, intitolato “Le nostre radici, il futuro della terra”.
L’obiettivo dell’iniziativa era infatti quello di diffondere e far comprendere l’evoluzione del mondo rurale sia nello scenario nazionale che europeo ed internazionale, toccando con mano gli effetti degli interventi finanziati con il Fondo Europeo per lo Sviluppo Rurale nel quadro più ampio della Pac.
In considerazione dei dieci obiettivi della Politica Agricola Comune (assicurare un reddito equo agli agricoltori, aumentare la competitività, riequilibrare il potere nella catena alimentare, agire sul cambiamento climatico, curare l’ambiente, preservare paesaggi e biodiversità, attirare i giovani agricoltori, promuovere la vitalità delle aree rurali, proteggere la qualità del cibo e della salute e promuovere e condividere conoscenze, innovazioni e processi di digitalizzazione in agricoltura e nelle aree rurali), la Regione Veneto ha individuato sei priorità da seguire nella sua strategia regionale:
- giovani, con focus sul ricambio generazionale;
- sostenibilità, intesa come riduzione dell’impatto del cambiamento climatico, ma anche come resilienza, ovvero adattamento delle attività agricole al clima che cambia;
- innovazione, al fine di sostenere l’evoluzione delle pratiche agricole e delle tecnologie;
- vivibilità, ovvero migliori condizioni di vita e presenza di servizi nelle aree rurali;
- fragilità, cioè contrastare da un lato l’abbandono delle zone montane collinari e il loro dissesto idrogeologico dall’altro;
- focalizzazione, con focus sull’ottimizzazione dell’utilizzo di tutti gli strumenti di sostegno previsti.
Come messo in evidenza da Franco Contarin, direttore dell’Autorità di Gestione Feasr Bonifica e Irrigazione, in apertura del Press Tour, sulla base dei dati dell’ultimo Censimento Istat in Veneto ci sono circa 83mila aziende agricole, di cui circa 63mila sono imprese attive iscritte alla Camera di Commercio e si occupano di coltivare oltre 800mila ettari di Sau.
“Il Csr 2023-2027 – afferma Contarin – ha una dotazione finanziaria di 817 milioni di euro, da usare sino al 2029″.
Ad oggi, “in questa nuova programmazione del Csr 2023-2027, giunta ormai al terzo anno di applicazione, sono state finanziate complessivamente 12.685 domande per un importo totale pari a circa 365.615.376 euro. L’importo complessivamente messo a bando nelle annualità 2023 e 2024 è stato pari al 69% della spesa pubblica programmata. La regione – precisa Federico Caner, assessore regionale all’Agricoltura e ai Fondi Europei – dimostra concretamente l’impegno a sostenere con forza e determinazione lo sviluppo del nostro settore primario. Investire nell’agricoltura è fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del Veneto per favorire un’agricoltura sostenibile, competitiva e resiliente”.
Ma se questa nuova programmazione è a metà del percorso, per quella precedente, il Psr 2014-2022 è invece già possibile tirare le somme. A tal proposito l’assessore regionale Caner, incontrato nel corso del Press Tour, ha fatto il punto. “In un momento storico che vede la chiusura, a fine anno, di tutti gli adempimenti tecnici del Psr 2014-2022, possiamo dire che il Veneto sta procedendo verso il completo utilizzo dei fondi a disposizione, generando investimenti per 2.400.000.000 di euro. Ad oggi l’avanzamento della spesa ha superato il 93% di una dotazione finanziaria complessiva di 1.561.242.134, con 83.622 domande finanziate. È stata una programmazione lunga, caratterizzata da due eventi altamente critici: la pandemia covid-19 e il conflitto russo-ucraino; le ripercussioni anche sul mondo agricolo sono state notevoli e il raggiungimento dell’obiettivo di pieno utilizzo dei fondi non era per nulla scontato. Ma oggi posso dire che il Veneto, dopo la Provincia di Bolzano che però gode di piena autonomia, è la prima regione d’Italia per aiuti distribuiti alle proprie imprese, e questo non è un risultato da poco”, spiega orgoglioso.
“Ci sono dei risultati che, dopo dieci anni, non si possono non sottolineare: penso in particolare ai bandi Psr per il risparmio idrico, con 41,5 milioni sono state finanziate 1.264 operazioni su 41.870 ettari di superficie. Grazie a questo, abbiamo stimato un risparmio di 85 milioni di metri cubi d’acqua ogni anno, e grazie ai nuovi impianti è stata possibile una riduzione media del 49% dei volumi irrigui utilizzati sui terreni oggetto di intervento. Significativi gli effetti economici – continua – l’80% delle aziende destinatarie dei contributi ha aumentato la produzione lorda vendibile tra il 10% e il 30%, il 52% ha migliorato la qualità del prodotto e il 16% anche il prezzo di vendita. Non ci fermiamo, visti questi numeri: con 7,1 milioni di risorse dal nuovo Csr sono state finanziate già 221 operazioni su 4.500 ettari”.
Come anticipato, particolare attenzione è stata data i giovani: con 272 milioni di risorse Psr sono state aiutate 2.721 aziende di imprenditori con età media di ventotto anni, per il 26% donne; il sostegno in media è stato di 58mila euro. Al centro anche l’innovazione e l’ammodernamento delle aziende, in quanto il Psr ha finanziato sessantuno Gruppi Operativi per 498 soggetti coinvolti, con 23,7 milioni. I 50,3 milioni per la banda ultra larga hanno consentito di collegare alla rete centosessantasei comuni rurali del Veneto, con una popolazione raggiunta stimata di circa 399.526 abitanti. Senza dimenticare poi l’agricoltura biologica (sono state finanziate 1.145 domande del Psr con 44,6 milioni del Psr e già 1.385 domande con 52 milioni del Csr) e l’agricoltura di montagna.
Il posto del biologico (e non solo)
“Le nostre radici, il futuro della terra” è partito con la visita all’Azienda Agricola La Rindola, una realtà biologica che si trova sulla dorsale collinare che divide le valli del Chiampo e dell’Agno, nel piccolo borgo di Campanella, frazione di Altissimo (Vicenza), a 700 metri sul livello del mare. Il titolare è Elia Antoniazzi, un ragazzo di trentotto anni molto timido che però appena inizia a parlare della sua azienda si scioglie e ti racconta tutto d’un fiato.
“Potremmo dire che siamo partiti dalle macerie – ci spiega – da quella che era una sorta fattoria creata all’inizio del Novecento, usata come dimora estiva e poi abbandonata”. Nel 2013, grazie sostegno del Psr 2007-2013 del Veneto sull’insediamento di giovani agricoltori (a cui poi sono seguiti altri interventi), Elia e la sua famiglia hanno recuperato e ristrutturato una parte dell’edificio. “La sagoma è rimasta la stessa e io sono orgoglioso di poter dire che non abbiamo cementificato 1 metro quadrato in più praticamente, la struttura è quella di cento anni fa. Non abbiamo grandi estensioni, non siamo una grande azienda – continua Elia – però la nostra peculiarità forse è quella di avere una grande varietà di produzione”, anche perché oggi, oltre ad essere un’azienda agricola, la realtà è anche un agriturismo e una fattoria didattica.
A La Rindola gli ettari coltivati sono 8, di cui 4,5 a prato stabile; e poi c’è circa 1 ettaro di bosco utilizzato per la legna da ardere per scaldare tutta la struttura. Vengono coltivati cereali, tra cui il mais Marano, patate di montagna, ortaggi misti e poi c’è un piccolo meleto. In più sono allevati asini e galline ovaiole.
La posizione isolata dell’azienda di certo non aiuta, anche perché, come ci ha spiegato Elia, le persone “non vengono qui perché ci passano, perché c’è già qualcosa di conosciuto”, per cui la sfida principale che si trovano davanti tutti i giorni è quella di farsi conoscere.
“La difficoltà più grande è quella di essere in un luogo che noi chiamiamo un po’ la terra di mezzo, nel senso che non siamo né vicino alla pianura, a qualche città turistica già conosciuta, dove c’è passaggio, e neanche in montagna, siamo in una zona che non è carne e non è pesce. Qui ci sono poche realtà – continua Elia – e fare agricoltura qua in cima è una cosa un po’ pionieristica in qualche modo. Anche per trovare le materie prime, per andare a prendere dei sacchi di concime, bisogna fare magari mezz’ora, 40 minuti di macchina per andare al consorzio. Non è molto facile, ecco”.
Nasce così la necessità di farsi conoscere proponendo numerose iniziative, come per esempio passeggiate ed escursioni guidate, con la creazione di due piccoli sentieri ad anello che permettono di scoprire tutto il territorio circostante. Ma l’azienda è anche un luogo per il dopo scuola dei bambini e un luogo dove il turismo lento la fa da padrone, permettendo ai turisti di rifugiarsi anche solo per un weekend per stare lontano dal caos della città e gustasi i piatti prelibati che prepara la sorella di Elia (ho avuto il piacere di assaggiare qualche specialità e vi assicuro che ne vale la pena!).
Posizione isolata che però fin dall’inizio ha stimolato il perseguimento della certificazione biologica su tutta la Sau aziendale: l’agricoltura biologica rimane infatti l’obiettivo principale dell’azienda allo scopo di tutelare la fertilità e la gestione del suolo. Fare biologico in zone come quella di Altissimo è però più complicato, “per noi la difficoltà maggiore di fare biologico – afferma Elia – è sicuramente quella relativa alle malerbe infestanti che ci impone di fare un sacco di ore a mano nel mais e nelle patate per pulire la fila; quindi ci organizziamo, facciamo dei campi lavoro per togliere manualmente l’erba su quelle colture lì”.
Ma il problema principale in azienda è quello della fauna selvatica, in primis cinghiali e caprioli; a tal proposito negli ultimi anni i campi di cereali sono stati recintati per impedire l’ingesso di questi ungulati e fortunatamente i risultati si vedono.
Elia Antoniazzi dell’Azienda Agricola La Rindola
(Fonte foto: Giulia Romualdi – AgroNotizie®)
Latteria Lentiai: tutti per uno, uno per tutti
La mattina del secondo giorno del Press Tour è stata dedicata alla visita della Latteria Lentiai – Società Cooperativa Agricola a Borgo Valbelluna, un comune in provincia di Belluno nato nel 2019 dalla fusione di tre comuni: Lentiai, Mel e Trichiana.
Non ero mai stata in un caseificio e il primo impatto è stato molto piacevole: mi è rimasto impresso il forte, ma piacevole odore presente, la pulizia quasi maniacale in ogni stanza, da quella dove si lavora il latte appena arrivato fino alla cantina dove stagionano i formaggi realizzati, e l’entusiasmo di Tommaso, il giovanissimo casaro che ho potuto vedere all’opera.
Ad accoglierci è stato il presidente Mauro Colle, spiegandoci la nascita e l’importanza che riveste questa realtà sia per quanto riguarda la produzione di prodotti lattiero caseari, sia per l’impatto sociale che ha sul territorio. Il caseificio nasce nel 1884 come latteria privata per volontà del commerciante Antonio Piccolotto. Dopo la sua morte viene affidato al figlio e a seguire, nel 1923, l’azienda viene rilevata da alcuni autorevoli esponenti della comunità di Lentiai che danno vita ad un autonomo caseificio sociale cooperativistico, lavorando il latte in comune. A causa (anche) della crisi dell’agricoltura locale, a seguito dello spopolamento, dalla fine degli Anni Sessanta agli inizi degli Anni Novanta, i soci della latteria hanno dovuto gestire l’attività in un contesto non del tutto semplice.
Se in passato i soci erano tantissimi, in quanto ogni famiglia del territorio aveva una stalla, oggi “siamo otto soci, con un quantitativo di circa 40 quintali di latte al giorno e mille-1.200-1.300 quintali annui circa di latte. All’anno vengono prodotti sui 1.600 quintali di formaggio”, spiega Colle. E per ogni formaggio prodotto è possibile risalire al socio che ha conferito il latte: è tutto rintracciabile al 100%. Sono oltre venti le tipologie di formaggio prodotte, dove quella più caratteristica è il “Formai del Borgo”, un formaggio simile al Taleggio “fatto un po’ alla nostra maniera, diciamo con la nostra ricetta segreta” e quella che va per la maggiore è il “formaggio per la piastra: si vende tanto, è un formaggio che va fatto a fette, va cotto alla piastra in fretta e va servito subito caldo croccante”.
La tradizione della Latteria di Lentiai è la sua carta vincente, ma una ventata di novità è stata portata dai due giovani casari presenti: Tommaso e Paolo. “Il mio punto di riferimento – racconta Mauro Colle – siamo cresciuti assieme perché sono entrati più o meno quando sono stato votato come presidente”.
In totale, compresi i due casari, oggi le persone che lavorano in latteria sono sette. Grazie agli aiuti del Psr 2014-2022, negli ultimi anni la Latteria di Lentiai ha visto radicali ristrutturazioni, sia all’interno che all’esterno, con la realizzazione di un nuovo punto vendita e la completa sostituzione di impianti con l’introduzione di moderne caldaie riscaldate a vapore. Grazie in particolare all’adesione ad un bando del Gal Prealpi e Dolomiti è stato possibile acquistare attrezzature per il confezionamento dei prodotti, un mezzo con cisterna per la raccolta del latte e una cella per l’asciugatura dei formaggi con sistema di controllo dell’umidità. Tutte migliorie e innovazioni che hanno permesso alla latteria di stare al passo i tempi e adattarsi alla contemporaneità, ma di rimanere al tempo stesso una piccola latteria.
Sono oltre venti le tipologie di formaggio prodotte dalla Latteria di Lentiai
(Fonte foto: Giulia Romualdi – AgroNotizie®)
Bosco veneto, prima e dopo Vaia e bostrico
Ci siamo poi spostati ad Auronzo di Cadore (Bl), in località Soccento, dove la Magnifica Regola di Villagrande è proprietaria di alcune superfici forestali, tra cui un bosco particolarmente colpito dall’infestazione da bostrico. Questo coleottero, grazie all’abbondante disponibilità di materiale legnoso schiantato a causa della tempesta Vaia del 2018, ha avuto infatti la possibilità di riprodursi in massa causando ingenti danni. Nello specifico l’attacco del bostrico è avvenuto a seguito di una nevicata abbondante nel dicembre del 2020, che ha causato la caduta di numerose piante che, una volta a terra, hanno attirato il coleottero, già diffuso dopo Vaia, appunto.
La Regola, una delle prime comunioni familiari degli antichi abitanti del luogo, da anni si dedica ad amministrare, organizzare e godere del patrimonio nel quadro delle secolari tradizioni e dello sviluppo economico e sociale della Regola stessa, occupandosi in primis della cura dei boschi di proprietà. “La Regola di Villagrande – ci spiega il presidente Zandegiacomo Cella Andrea – in questo momento amministra circa 2.600 ettari di bosco, di prati e di pascoli. È un ente a numero chiuso e per essere regoliere bisogna avere determinate caratteristiche, quella più importante è il cognome originario del luogo, oppure avere almeno cento anni di residenza nel comune di Auronzo”. Cento anni non a persona, ma a famiglia, gli anni sono cioè cumulativi per ogni generazione all’interno di una stessa famiglia. “Il compito della Regola è la tutela e la salvaguardia del patrimonio boschivo tramite dei piani di riassetto forestale e tramite dei progetti di taglio specifici: la Regola taglia – specifica il presidente – i propri boschi e da questo ne ricava un profitto che reinveste totalmente nel territorio Auronzo”.
Nel caso specifico visto grazie al Press Tour, a seguito dei finanziamenti ottenuti col Psr 2014-2022, la Magnifica Regola di Villagrande ha realizzato il rinfoltimento delle superfici forestali pesantemente attaccate dal bostrico tra il 2020 e il 2022. Una squadra di operatori forestali ha proceduto al taglio, all’allestimento e all’esbosco del materiale tagliato, piantando poi nuove piantine. Al posto dell’abete rosso sono state piantate circa 3mila piante quali faggio, acero montano e sorbo su una superficie complessiva di 6,5 ettari e questo ha contribuito ad aumentare la biodiversità del bosco.
“Uno spazio importante nell’agricoltura veneta è occupato dall’imprenditoria di montagna, che svolge un ruolo insostituibile nella tutela del territorio e ne determina l’attrattività per i turisti. Nonostante contribuisca per meno dell’8% al numero di aziende agricole venete, la regione le dedica il 40% dei 1.561 milioni del Psr 2014-2022. Abbiamo distribuito – spiega l’assessore Federico Caner – negli ultimi dieci anni 27 milioni per l’insediamento di seicentosettanta giovani agricoltori, 100 milioni per l’ammodernamento di 1.250 imprese, 170 milioni di indennità compensativa per 3.600 aziende, 110 milioni per 3mila aziende per il mantenimento dei pascoli e prati, 60 milioni per le imprese forestali; 44,6 milioni ai quattro Gal della zona montana per lo sviluppo rurale”.
Da quello che ci hanno raccontato gli esperti presenti, oggi il bosco si presenta molto diverso da quello che era fino a qualche anno fa ed effettivamente vedere ampi spazi senza alberi è stato un po’ “strano”, ma la bellezza di quel bosco e dei suoi colori si poteva comunque toccare ancora con mano.
A seguito della tempesta Vaia del 2018 e dell’abbondante nevicata del 2020 molte piante presenti nel bosco sono cadute
(Fonte foto: Giulia Romualdi – AgroNotizie®)
Piante in posa nella vigna 4.0
Innovazione è stata la parola con cui si è chiuso il Press Tour grazie alla visita a CET Electronics Snc, un’azienda a conduzione familiare fondata nel 1976 e situata a Zenson di Piave (Tv). Da sempre di occupa di elettronica e software e da una decina di anni si è affacciata anche al settore agricolo con la creazione del marchio CET Agritech.
Denise Vicino lavora nella società insieme al fratello Nicola ed entrambi sono specializzati in applicazioni nell’ambiente vigneto. Sensori, Sistemi di Supporto alle Decisioni (Dss), software sono i principali prodotti per l’agricoltura. “Noi tendiamo ad individuare un problema da risolvere e poi si inizia a pensare alla progettazione e allo sviluppo di strumenti in grado di aiutare l’agricoltore a prendere decisioni su cosa fare per risolvere quel problema”, ci spiega Denise.
Il loro cavallo di battaglia sono dei sensori fissi disposti in campo che raccolgono i dati in maniera continua nel tempo, trasmettendoli poi via internet in modo tale da permettere agli agricoltori di visualizzarli sullo smartphone o sul computer. Oltre ai dati grezzi gli agricoltori vedono anche dei suggerimenti operativi su cosa fare.
Nello specifico Denise Vicino ci ha parlato di Irrivision, un progetto finanziato nell’ambito della misura del Psr 2014-2020 a sostegno della cooperazione per l’innovazione che propone un sistema innovativo per la gestione dell’irrigazione nelle colture arboree. L’obiettivo è stato la sperimentazione di un sistema che, mediante sensori climatici e un sistema di visione artificiale, aiuta a controllare e regolare l’irrigazione dei terreni in base ai reali bisogni delle piante, evitando in questo modo gli sprechi. Piante in posa dunque e irrigazione solo quando e quanto strettamente necessario.
Ma Denise e Nicola ci hanno parlato anche dell’azienda vitivinicola di famiglia, l’Azienda Agricola Terre Grosse, presso i cui vigneti l’altro testano da anni i loro prodotti.
“Piano piano – racconta Denise – ci siamo affezionati ai vigneti piantati dal nostro bisnonno e grazie anche a Linda, la moglie di Nicola, abbiamo fatto squadra e abbiamo deciso di portare avanti un progetto di recupero di vitigni antichi”.
Sono certificati biologici dal 2018 e oggi producono numerosi vini, per un totale di circa 20mila bottiglie all’anno. Denise ama definire il vigneto “una tavolozza di varietà che ci permette di conoscere aspetti diversi della viticoltura, perché ogni varietà ha le sue esigenze, le sue sensibilità e ci dà un prodotto diverso”. Tra i loro vini più conosciuti c’è il Grapariol, un vitigno particolare autoctono del paese che ci hanno fatto assaggiare per un bel brindisi di fine tour.
L’azienda è specializzata in applicazioni nell’ambiente vigneto
(Fonte foto: Giulia Romualdi – AgroNotizie®)
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link