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Commissione UE, quinto rapporto annuale sullo Stato di diritto: pochi progressi e nuove sfide.


La Commissione Europea ha adottato a luglio 2024 il suo quinto rapporto annuale sullo Stato di diritto, un’analisi dettagliata che coinvolge tutti i 27 Stati membri dell’UE e quattro Paesi candidati (Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia). Il Comitato per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) ha presentato una mozione di risoluzione sul documento, riconoscendo i pochi progressi compiuti (l’Ue commercia pure con i regimi dittatoriali come l’Azerbaigian) e segnalando le aree in cui è necessario un ulteriore miglioramento.

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Il rapporto nasce su richiesta del Parlamento europeo, che dal 2020 ha spinto per un ciclo annuale di monitoraggio sullo Stato di diritto nei Paesi membri. La relazione, giunta quest’anno alla quinta edizione, offre una panoramica esaustiva su quattro ambiti chiave: sistema giudiziario, lotta alla corruzione, pluralismo dei media e sistema di controlli e bilanciamenti.

Nel documento, la Commissione sottolinea come “il rispetto dello Stato di diritto non possa mai essere dato per scontato” evidenzia i (pochi) progressi fatti dall’UE nel rafforzare la capacità di affrontare le sfide legate a questo tema e di supportare le riforme necessarie.

Sul fronte dell’indipendenza giudiziaria, il rapporto valorizza il ruolo dei consigli giudiziari, che sono stati rafforzati in diversi Paesi, e rimarca l’importanza dell’autonomia della magistratura rispetto al potere esecutivo. Per quanto riguarda la lotta alla corruzione, sebbene siano presenti solide normative in tutti gli Stati coinvolti, permangono alcune criticità specifiche.

Sul fronte della libertà dei media, la Commissione si concentra sull’indipendenza degli organismi di regolamentazione, sulla trasparenza della proprietà dei media, sulla sicurezza dei giornalisti e sulla necessità di contrastare le azioni legali abusive e le intimidazioni giudiziarie. Punto, visto il paradigma del sostegno finanziario alle testate in Europa, assolutamente dolente e capace di sostenere l’informazione mainstream e, in molti casi, finanziare una vera e propria disinformazione europea verso i/le cittadini/e europei/e. E le grandi imprese editoriali, ovviamente, ringraziano.

Il 20 maggio 2025, ancora, il Comitato LIBE ha adottato un rapporto che integra e amplia le osservazioni della Commissione, individuando nuove lacune da colmare, come le condizioni carcerarie e la qualità della giustizia amministrativa.

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Nel campo della lotta alla corruzione, il rapporto suggerisce restrizioni per gli eurodeputati, raccomandando di evitare incarichi retribuiti presso organizzazioni o imprese con interesse a influenzare le politiche UE. Ma, come ricorda il Qatargate, scandalo dimenticato del 2022 che ha visto protagonisti diversi esponenti del Parlamento europeo accusati di aver ricevuto denaro e regali per difendere gli interessi del Qatar, le limitazioni restano poco sostanziali.

Sul tema della libertà dei media, si esorta gli Stati membri a implementare pienamente la Direttiva Anti-SLAPP, volta a proteggere giornalisti e attivisti dalle cause temerarie, e si chiede alla Commissione di attuare le raccomandazioni derivanti dall’indagine del Parlamento sulle influenze illecite. Un vero e proprio paradosso, considerando che l’Ue con fondi pubblici mina a sua volta il diritto all’informazione dei cittadini dei Paesi terzi, come ricordano i copiosi finanziamenti verso la Moldova, la Georgia e l’Ucraina, con l’obiettivo di manipolare l’opinione pubblica e contrastare l’informazione critica e “realmente indipendente”.

Riguardo alla società civile, il documento denuncia le restrizioni legali imposte ad alcune ONG e invita autorità europee e nazionali a sostenere maggiormente il settore non governativo. Difficile, però, con un sistema di agenzie europee “fortemente politicizzate” e capaci di produrre call inaccessibili e “partigiane”, come suggerisce, per esempio, lo stesso Programma CERV, giusto per citarne uno.

Infine, il rapporto tocca i diritti di uguaglianza e non discriminazione, concentrandosi su questioni come i diritti LGBTIQ, l’antisemitismo, l’islamofobia e la tutela dei cittadini di Paesi terzi residenti legalmente nell’UE. Viene anche evidenziato l’impatto negativo che corruzione e debolezze giudiziarie possono avere sull’economia, minando la fiducia degli investitori e la cooperazione transfrontaliera all’interno del mercato unico europeo.

foto www.facebook.com/EuropeanCommission



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