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La leader di Confindustria giovani: “Dal governo strategia miope, serve una visione. Non vogliamo galleggiare”


RAPALLO. «È un tempo strano, questo, per essere giovani». Inizia così il discorso di Maria Anghileri, presidente di Confindustria Giovani, in apertura della due giorni di convegno a Rapallo. Una relazione dai toni sferzanti, dove l’imprenditrice, classe 1987, lancia appelli a Bruxelles e a Roma, subito dopo il discorso della premier Giorgia Meloni. Chiede una «sterzata» all’Europa, mentre al governo italiano sottolinea come non bastino «bonus e aiuti a chi assume», ma servano investimenti per l’occupazione femminile, per la digitalizzazione, per invertire la curva demografica. Non puntare sui giovani «è una strategia miope».

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L’Europa

Dopo un pensiero a tutti i conflitti, dall’Ucraina agli ultimi attacchi fra Israele e Iran, Anghileri è sferzante: «Noi europei, assuefatti dalle storie che ci siamo raccontati, non ci siamo accorti che il vento cambiava». Per i giovani di Confindustria «l’Europa è la nostra casa, lo sono i suoi valori e ciò che rappresenta. Noi la vogliamo difendere. Pensiamo che sia arrivato il momento di dire basta. Basta con la paura», con le umiliazioni, con il lamentarsi: «Bisogna reagire».

Per Anghileri «non è più tempo di infinite mediazioni e di estenuanti rinvii, di regole soffocanti, di manutenzione ordinaria. Oggi tocca a noi dare la scossa all’Europa». Il rischio, per i giovani imprenditori, è andarsene: «Metteteci in condizione di restare e innovare. Sia come cittadini che come imprese». Per farlo, serve «cambiare le regole di funzionamento dell’Unione Europea». I due limiti che Anghileri individua sono «i ridotti investimenti in ricerca e sviluppo su high tech, la dimensione ridotta delle imprese nei settori che competono col resto del mondo. La sterzata va data su innovazione e investimenti».

Ma il vero nemico da battere, oggi, «rimane l’incertezza che frena investimenti, ordini e commesse». I Giovani imprenditori chiedono di utilizzare «i beni pubblici europei, come le infrastrutture energetiche e digitali» e «regole da semplificare». Poi, una richiesta precisa: «L’entrata in vigore del 28° Regime unificato sarebbe davvero una rivoluzione per le PMI e le startup, che potrebbero operare in tutti i 27 Stati dell’Unione Europea con le stesse regole commerciali e fiscali. Con un importante beneficio in termini di tempi e costi». E se è impossibile mettere tutti i Paesi d’accordo, «muoviamoci in gruppi».

Il messaggio al governo

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«Oltre che far restare – continua – l’Europa deve essere capace di accogliere. Dal disastro avviato dalle politiche di Trump potrebbe arrivare un aiuto insperato: i ricercatori, gli studenti universitari e i capitali ora in America. Facciamo in modo che chi viene in Europa trovi l’America».

Ma perché questo accada serve anche l’aiuto degli Stati. Da qui, l’appello a politica e governo: «Serve una visione lunga di sviluppo. Se l’obiettivo è galleggiare per altri 20 anni, la nostra risposta è: no, grazie. Perché i giovani non si arrendono, ma rilanciano. L’obiettivo, allora, può essere solo uno: rendere l’Italia più innovativa e attrattiva. Un Paese dove sia facile fare impresa».

Difficile, però, in un Paese in cui un giovane italiano «non riesce a raggiungere la maturità – data da fattori economici e relazionali – prima dei 40 anni. È difficile fare un mutuo e comprare casa, figuriamoci ottenere un finanziamento per aprire un’impresa».

Ad aiutarla sono i numeri: persi negli ultimi dieci anni 367.000 giovani (di cui 97.000 laureati) e 153.000 imprese guidate da under 35. Il messaggio è forte e chiaro: «L’Italia sta infrangendo il patto fra generazioni e la responsabilità è collettiva. Su oltre 1.100 miliardi di spesa al 2023, solo il 9% è dedicato a istruzione, ricerca e sviluppo. È troppo poco!».

Da qui la loro proposta: «Oggi l’indicatore di spesa pubblica, come definito dal nuovo Patto di Stabilità e Crescita, deve garantire il rientro dei rapporti deficit/PIL e debito/PIL, e l’impegno Nato a destinare il 2% del PIL alla difesa. Noi chiediamo al Governo di fissare un nuovo impegno fondamentale: il raddoppio, entro i prossimi 10 anni, degli investimenti pubblici sulla “Filiera Futuro”, che è fatta di natalità, istruzione, innovazione, di giovani imprese».

Non puntare sui giovani «è una strategia miope. Le culle vuote di oggi sono le aziende vuote di domani. Invertire la curva demografica è un progetto a lungo termine, ma le soluzioni vanno impostate oggi». L’immigrazione non è la soluzione, nemmeno «i bonus di anno in anno».

Anghileri è dura, parla di un «Paese che si prende la metà di quello che guadagni e che in cambio non ti dà nemmeno servizi sufficienti a conciliare vita e lavoro o a curarti». È poi fondamentale «un abbassamento strutturale del costo dell’energia, del lavoro e della pressione fiscale». E poi «prodotti bancari più adatti a imprese giovani e innovative, con sistemi di valutazione che considerino le potenzialità e non solo garanzie, con procedure più rapide».

Dall’altro lato, c’è bisogno che «l’ecosistema di venture capital, vero motore dell’innovazione radicale, continui a rafforzarsi: fondi più grandi per investire sulle imprese industriali; veicoli specializzati su tutte le fasi di crescita, maggiore coinvolgimento degli investitori istituzionali».

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Alcune frasi sembrano rispondere al discorso della premier Meloni: «Non si può misurare un’impresa solo dalla quantità di persone che impiega, e non si risolvono i cali della produzione industriale solo con incentivi alle assunzioni».

Il futuro

Parla delle Stem, ma soprattutto dell’intelligenza artificiale come «straordinaria opportunità per aumentare la produttività delle imprese e la qualità del lavoro dei collaboratori. Serve governare l’innovazione». E quindi «un piano di digitalizzazione di massa, investimenti dell’Europa paragonabili a Usa e Cina. E un Paese a misura di donne».

«In Italia mancano al lavoro 3 milioni di donne. Mancano anche perché sono oberate dagli oneri di cura familiare. Le donne Neet in Italia fra i 15 e i 35 anni sono il 22,3% della popolazione. Molte di queste, in realtà, svolgono una attività di caregiving. Quindi lavorano», ma senza uno stipendio. «Sulla parità salariale fra uomini e donne, anche come imprenditori, dobbiamo fare di più».

In conclusione, «se il sogno americano ci appare oggi sfuocato, questo è il momento di costruire il nostro grande sogno italiano. Nonostante questo sia un tempo strano per essere giovani, noi ci crediamo».



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