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Satispay innova il welfare e apre ai fondi pensione. Il ceo Dalmasso: «Semplificazione e costi più bassi»


di
Alessia Cruciani

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Dopo aver innovato pagamenti digitali e buoni pasto, il manager vuol far diventare l’app una piattaforma anche per investimenti a lungo termine. Ora l’accordo con Randstad

Alberto Dalmasso lo ribadisce chiaramente: «Non c’è settore che si salverà dall’innovazione». Il ceo e co-founder di Satispay spiega anche così la scelta della società di puntare sul welfare, «un settore che si era un po’ assopito e non ancora “attaccato” dagli innovatori». Solo che anche gli innovatori devono assumere e, man mano che crescono, adottare iniziative per rendere più forte il legame con i propri dipendenti. A partire, per esempio, dai buoni pasto. Eppure, qualcosa non convinceva la tech company dei pagamenti digitali, unicorno italiano dal 2022 (valutazione oltre 1 miliardo di dollari), con 5,5 milioni di utenti e oltre 400 mila esercenti. E se in un anno e mezzo che è entrata nel mondo del welfare, Satispay è passata da zero a 100 milioni di volumi tra buoni pasto e buoni acquisto, utilizzati da più di 100mila lavoratori di oltre 25mila società clienti, vuol dire che qualcosa di innovativo ha introdotto davvero. Non a caso la crescita è stata talmente rapida da richiedere l’apertura di un nuovo hub a Napoli e l’assunzione di 400 dipendenti nel corso del 2025. Ma l’intenzione non è quella di fermarsi ai buoni pasto (spendibili in oltre 70 mila esercenti) e ai buoni acquisto (oltre 170 mila nel fringe benefit). In Satispay saranno contenti solo quando la propria piattaforma di welfare avrà portato semplificazione anche nell’offerta di fondi pensione.

Partnership

A spiegare al Corriere questa politica è lo stesso Dalmasso in occasione dell’annuncio della partnership tra Satispay Welfare e Randstad Italia, specializzata nei servizi per le risorse umane. Un accordo che integrerà i buoni pasto di Satispay tra le opzioni welfare che Randstad propone ai suoi clienti. «Abbiamo introdotto quello che una tech company deve portare: semplicità d’uso e rottura dei meccanismi del mercato per abbassare i costi dove la competizione non era abbastanza elevata — racconta l’imprenditore digitale —. Quando scegliemmo di usare i buoni pasto per i nostri colleghi eravamo sconcertati da quanto questi fossero complessi nella loro fruibilità: scomodi da usare, non accettati dagli esercenti se non in certi orari, rifiutati da alcuni ristoranti».




















































Commissioni

Dalmasso ricorda anche il favore con cui gli esercenti hanno accolto una soluzione che non richiede le alte commissioni che da sempre accompagnano i buoni pasto: «Infatti, accettano volentieri i nostri. Mentre il cliente può fare le transazioni mandando un pagamento solo, perché noi prendiamo il buono pasto e quanto serve in più dal tuo denaro nell’app. È grazie a questa semplicità che abbiamo iniziato a crescere». A muoversi verso Satispay sono stati prima i liberi professionisti e poi l piccole aziende. Ma in seguito sono arrivate anche quelle più grandi come Iren. E ora è l’accordo con Randstad.
«La spinta è nata anche dall’ascolto dei tanti bar e ristoranti del nostro circuito che ci chiedevano aiuto per risolvere le difficoltà di accettazione e il problema delle alte commissioni che arrivavano a superare il 10% con tempi di incasso lunghissimi e che con la nostra offerta sono tutte racchiuse nell’1% di commissione del pagamento accreditato il giorno successivo — interviene Angela Avino, chief business development office di Satispay —. Parlando tutti i giorni con aziende e commercianti, rilevo che stiamo riscrivendo le regole del gioco con una soluzione che garantisce un’esperienza d’uso fluida, come un normale pagamento con la nostra app. Anche per questo il buono pasto Satispay è accettato volentieri anche la sera e nei weekend».

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Evoluzione

Crescendo, l’azienda si è data un’organizzazione dove ormai ci sono squadre dedicate a specifici settori e prodotti — product manager, analisti, sviluppatori — che portano avanti i progetti. Un’evoluzione che convince Dalmasso: «Non dobbiamo più essere noi founder i massimi esperti di tutto ciò che riguarda il welfare all’interno dell’azienda, come lo siamo sempre stati invece per i pagamenti e altro, perché abbiamo persone che tutto il giorno, ogni giorno, non fanno altro che studiare il mercato, il nostro prodotto, migliorare ogni passaggio dall’attivazione all’utilizzo e pensare a nuovi servizi. Oggi la nostra struttura aziendale è a squadre, come startup capaci di portarci idee, soluzioni per creare un prodotto migliore e crescere più rapidamente».

Il cerchio si chiude

Ma un imprenditore del tech ha l’obbligo di guardare sempre avanti. «Adesso abbiamo i buoni pasto e i fringe benefit soprattutto perché fino al 2027 il fringe sarà fino a 1.000 euro per chi non ha figli e 2.000 euro per chi li ha. Vogliamo dare una piattaforma che copra tutto, anche il mondo rimborsi per scuola, salute, viaggi — aggiunge Dalmasso —. E la nostra missione sarà dare al dipendente la possibilità di spendere direttamente il denaro che ha sulla piattaforma welfare e non pagare con i propri soldi e poi richiedere il rimborso. Ma l’idea a cui pensiamo di più e che veramente chiude il cerchio sono i fondi pensione. Siamo entrati nel mondo degli investimenti, siamo nel mondo del welfare e continuiamo a crescere. Troppi pochi in Italia stanno investendo nel fondo pensione ed è fondamentale che lo facciano perché è l’unico modo per la mia generazione e quelle nuove di avere qualcosa quando andranno in pensione, oltre al Tfr. L’ideale sarebbe non mettere solo i miei soldi personali sul fondo pensione ma anche quanto ricevo sotto forma di welfare, di flexible benefit da parte del mio datore di lavoro».
L’obiettivo, quindi, è far diventare Satispay un’app usata tutti i giorni per sempre più servizi: ci paghi il caffè, ci fai la spesa usando i buoni pasto «e allo stesso tempo investi, per non lasciare il denaro fermo — conclude Dalmasso —. Non solo nel breve periodo (come facciamo ora con il fondo monetario), ma anche per il futuro con lo strumento più a lungo termine che esista: i fondi pensione. Se riusciremo a rendere gli italiani anche un popolo di investitori e non solo di risparmiatori, allora saremo sempre più fieri del nostro percorso».


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