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COESIONE, L’ITALIA È IN FORTE RITARDO LA MID-TERM REVIEW SALVERÀ I FONDI?


«L’Italia è in forte ritardo sull’attuazione dei fondi Fesr 2021-2027». È quanto ha denunciato la Svimez nell’ultimo numero di Informazioni Svimez sullo stato di attuazione dei programmi italiani finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) nel periodo 2021-2027, e sulle opportunità e criticità connesse alla Proposta di revisione della Commissione europea.

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Il 1° aprile 2025 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione “Una politica di coesione modernizzata – Riesame intermedio”, accompagnata da una Proposta di modifica dei Regolamenti relativi al Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) e al Fondo per una transizione giusta (Jtf) per il periodo di programmazione 2021-2027.

«La Comunicazione – ha spiegato la Svimez – si concentra sulle considerazioni politiche e gli obiettivi di policy sottostanti le misure prospettate, mentre la Proposta contiene le puntuali modifiche emendative da apportare ai vigenti Regolamenti. In entrambi i documenti sono illustrate e regolamentate specifiche misure per favorire cambiamenti strategici negli indirizzi e nelle modalità di funzionamento dell’attuale ciclo di programmazione delle politiche di coesione, da implementare nel contesto della procedura di “Riesame intermedio” (Mid Term Review) prevista dall’articolo 18 del regolamento Ue 2021/1060. La Commissione non si limita a intervenire sugli aspetti legislativi, ma propone valutazioni, orientamenti e vere e proprie esortazioni agli Stati membri e alle regioni, con ricadute potenzialmente significative sulle prospettive future di queste politiche».

«Il punto di partenza della Proposta – si legge – è la necessità che l’Europa intervenga in maniera urgente e decisa per mobilitare nuove risorse e iniziative per affrontare efficacemente la serie di gravi eventi economici e geopolitici dell’ultimo triennio. Eventi che hanno vorticosamente portato a rivalutare le principali priorità politiche dell’Unione e a ripensare le sfide delle transizioni verde, sociale e tecnologica, secondo un approccio che riconosca il ruolo fondamentale dell’autonomia strategica e delle capacità di organizzazione e resilienza dell’Ue. Dall’urgenza di queste nuove sfide deriva la necessità di reperire risorse dalle rubriche del bilancio 2021-2027 e dai fondi europei esistenti. La Commissione evidenzia inoltre che il finanziamento delle nuove priorità ed emergenze sorte negli ultimi anni indirizzerà anche il prossimo Quadro finanziario pluriennale (Qfp)».

La Commissione individua diverse ragioni per cui le politiche di coesione si prestano in modo particolarmente efficace a contribuire subito, con le loro risorse, al finanziamento di interventi allineati alle nuove priorità politiche dell’Unione e la proposta prevede di utilizzare il “Riesame intermedio” dei programmi 2021-2027 per operare, in maniera concomitante e coordinata per tutti gli Stati membri, la riprogrammazione delle risorse della coesione coerente con le nuove priorità individuate dalla Commissione.

Il Riesame intermedio è attualmente regolato dall’articolo 18 del regolamento Ue 2021/1060, secondo cui il 50% del contributo europeo per gli anni 2026 e 2027 (importo di flessibilità) relativo ai programmi di ciascun Stato membro possa essere definitivamente assegnato solo dopo l’adozione, in seguito al Riesame intermedio, di una apposita decisione da parte della Commissione europea. In particolare, entro il 31 marzo 2025, lo Stato membro presenta alla Commissione, per ciascun programma, una valutazione relativa ai risultati del riesame.

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In altri termini, almeno da un punto di vista formale, le modifiche ai programmi saranno effettuate “su base volontaristica”, tenuto conto che la regolazione del Riesame intermedio non impone di proporre variazioni ai programmi, nei casi in cui lo Stato membro non le ritenga necessarie. Permangono, tuttavia, alcuni aspetti più “di sostanza” che verranno approfonditi nel proseguo che rendono tale volontarietà fortemente condizionata.

«La Proposta della Commissione – scrive la Svimez – contiene numerose opportunità per i programmi italiani finanziati dal Fesr ma, allo stesso tempo, impone la necessità di attente riflessioni e valutazioni. I programmi Fesr italiani presentano difatti non poche difficoltà attuative che ne hanno sinora rallentato l’individuazione e la realizzazione degli interventi. La situazione aggiornata al 29 maggio 2025 del monitoraggio della spesa delle politiche di coesione 2021-2027 evidenzia complessivamente bassi livelli di spesa dei programmi a livello europeo. Per l’Italia, tra le più lente in Europa, la percentuale di spesa delle risorse europee Fesr è pari al 7,5% (circa 3 miliardi di pagamenti su un valore complessivo di circa 42 miliardi). Da tali dati si evince che, anche a prescindere da qualsiasi Proposta di revisione dei regolamenti da parte della Commissione, l’Italia si sarebbe presentata in una situazione di oggettivo disagio e debolezza alla prova del Riesame intermedio. Riesame che difficilmente si sarebbe concluso con l’approvazione definitiva dei programmi da parte della Commissione in assenza di modifiche e riprogrammazioni che ne avessero rafforzato il contenuto. In quest’ottica, e tenuto conto delle analoghe difficoltà di implementazione affrontate nei precedenti cicli di programmazione, gli incentivi proposti dalla Commissione per reindirizzare le risorse dei programmi verso i nuovi ambiti strategici potrebbero rappresentare, da più punti di vista, una potenziale opportunità per il nostro Paese. Il tasso di cofinanziamento europeo al 100% sugli interventi realizzati all’interno dei nuovi obiettivi specifici consentirebbe di ridurre la dimensione finanziaria delle spese da realizzare e rendicontare, mentre la possibilità di avere un anno aggiuntivo per concludere la realizzazione degli interventi, riprogrammando almeno il 15% delle risorse a favore dei nuovi obiettivi, rappresenta un’occasione da non perdere per tutti i programmi nazionali e regionali.

«Per quel che concerne i potenziali ambiti di riprogrammazione – si legge – allo stato attuale, già circa tre miliardi di euro sono stati messi a disposizione delle tecnologie Step dai programmi nazionali e regionali del Fesr 2021-2027. Su questo punto andrebbe proposto un emendamento alla proposta che tenga conto di questa rimodulazione già effettuata dalle Regioni del Mezzogiorno nell’ambito del computo del 15% di riprogrammazione necessario per avere l’anno aggiuntivo di rendicontazione. Al di là delle tecnologie Step, sussiste un’ulteriore motivazione per la quale la riprogrammazione delle risorse potrebbe contribuire a migliorare l’avanzamento e l’efficacia degli attuali programmi Fesr: la possibilità di far confluire al loro interno interventi coerenti con i nuovi obiettivi strategici individuati dalla Commissione finanziati dalle risorse nazionali del Fsc e della programmazione operativa complementare (Poc) 2014-2020».

All’interno di questi due strumenti programmatori sono difatti già finanziati numerosi interventi riconducibili alle infrastrutture per la gestione dell’acqua (inclusa la prevenzione del dissesto idrogeologico), all’housing sociale e alle politiche abitative, alle infrastrutture per la transizione energetica. Potrebbe pertanto essere realizzata una coordinata azione di ricognizione, tesa a individuare quegli interventi che presentino tempi di realizzazione in linea con la scadenza del 2030 e coerenza con le regole e i requisiti europei per l’ammissibilità e la rendicontabilità delle spese (a partire dal principio del DNSH1). Le operazioni di trasferimento di interventi da fondi nazionali a fondi europei andrebbero in ogni caso realizzate con grande attenzione per evitare che facciano venire meno il carattere di addizionalità delle risorse per la coesione. A questo proposito, la Svimez ha segnalato l’opportunità di dare corretta attuazione all’articolo 51 bis del decreto-legge n. 13 del 2023, in base alla quale i rimborsi riconosciuti dalla Commissione europea a fronte di spese sostenute con risorse nazionali e rendicontate nell’ambito dei programmi cofinanziati dai fondi europei per la coesione devono essere trasferite sul conto corrente di tesoreria del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche. Si tratta di un meccanismo che assicura che i rimborsi europei derivanti da progetti retrospettivi (cioè investimenti originariamente coperti con risorse nazionali, ma che successivamente sono inseriti all’interno un programma Fesr essere rendicontati e finanziati con le risorse europee) siano riutilizzati per finalità proprie della coesione. Ai fini di consentire un’effettiva addizionalità, andrebbe poi assolutamente risolto, come proposto dalla Svimez, il problema della “doppia copertura” degli interventi che si spostano dal Fsc ai programmi europei. In queste circostanze, difatti, le amministrazioni titolari dei programmi spesso non procedono, nel momento in cui l’intervento transita tra i progetti selezionati e rendicontati sul Fesr, a cancellare l’impegno contabile sul Fsc. In definitiva, il complesso processo di riprogrammazione che tutti i programmi dovranno affrontare nell’ambito della nuova procedura di Riesame intermedio rende opportuno rilanciare l’attività di coordinamento centralizzato a cui è chiamata la Cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione istituita dal decreto-legge n. 60 del 2024. Per quanto incentrata sull’urgenza di reindirizzare maggiori risorse verso i nuovi obiettivi strategici dell’Europa, la Proposta contiene non poche indicazioni su quelle che potrebbero essere le tendenze e le prospettive delle politiche di coesione dopo il 2027. La prima indicazione riguarda la quota di risorse che verrà assegnata alla coesione nel futuro Qfp 2028-2034. Su questo punto la Comunicazione è categorica: “nel prossimo Qfp il mantenimento dello status quo non è un’opzione percorribile”. Maggiori risorse verranno riservate alle rubriche che coprono le nuove priorità strategiche dell’Europa e la coesione vedrà con ogni probabilità ridursi le proprie disponibilità. Vi sarà sicuramente un serrato confronto su questo punto, ma l’attuale contesto economico e geopolitico a livello mondiale non giocano a favore della coesione. La seconda indicazione deriva dalla sistematica centralizzazione che caratterizza i) l’individuazione delle priorità strategiche su cui concentrare le risorse; ii) gli strumenti, gli interventi e gli investimenti con cui perseguire queste priorità; iii) i beneficiari delle risorse. Questa tendenza alla centralizzazione sottende a un approccio per molti versi antitetico al modello place-based, che sino ad ora ha riconosciuto un ruolo strategico agli attori presenti sui territori, e in particolare alle regioni, nell’individuare i fabbisogni e le priorità nell’utilizzo delle risorse per la coesione. La sfida della nuova politica di coesione sarà quella di rafforzare la complementarità degli obiettivi di rafforzamento della competitività europea con le finalità di riequilibrio nelle opportunità di sviluppo dei territori meno avanzati. Non va infine trascurata l’indicazione della Comunicazione che invita gli Stati membri a facilitare l’uso di modalità di f inanziamento degli interventi basate sulla performance. Si tratta di una indicazione coerente con analoghe indicazioni contenute sia nel rapporto dell’High-level group on the future of cohesion del febbraio 2024 che nelle Conclusioni del Consiglio europeo sul futuro della politica di coesione del 30 novembre 2023. In questo quadro, l’esigenza di “rafforzare l’approccio territoriale degli investimenti”, prevedendo al contempo un “approccio maggiormente basato sui risultati”, richiederebbe un coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali, a partire dai Comuni, nella governance della coesione, non disperdendo lo sforzo progettuale e attuativo determinato dall’esperienza del Pnrr. L’insieme di queste indicazioni, sulle quali la Svimez ha già espresso le proprie valutazioni, lasciano intendere come l’orientamento delle istituzioni europee sul futuro della coesione stia delineando una politica con meno dotazioni finanziarie, più agile nel funzionamento e nella governance, più mirata e dotata di priorità chiare strettamente legate a quelle strategiche dell’Unione e con un forte orientamento degli investimenti verso i risultati.

Si tratterebbe di cambiamenti rilevanti, con potenziali vantaggi in termini di efficienza, ma con anche rilevanti rischi di marginalizzazione delle politiche per la riduzione dei divari economici, sociali e territoriali nel quadro complessivo delle politiche europee. Di qui l’importanza, secondo la Svimez, di avviare da subito una riflessione anche a livello nazionale su quale posizione il nostro Paese dovrà sostenere nel momento in cui le proposte di regolazione e funzionamento del futuro ciclo di programmazione post 2027 diventeranno oggetto di negoziato a livello europeo.



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