Da Gigi Cabrino riceviamo e pubblichiamo integralmente: “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza costituisce il più corposo piano di finanziamenti europei della storia; concepito in piena pandemia per la ripresa post emergenza ha visto assegnare all’Italia 194 miliardi del 750 complessivi del piano”.
“Le recenti relazioni dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e gli studi della fondazione Openpolis ci dicono che il nostro paese, grazie a una serie revisioni del piano è in linea con l’incasso di rate di finanziamenti, ma ha speso solo 58 dei 194 miliardi previsti”.
“Significa che l’Italia ha speso meno di un terzo dei fondi che deve gestire, quando è trascorsa più della metà della durata del piano: sono passati più di tre anni e mezzo dall’approvazione, avvenuta nell’estate del 2021; il problema è che manca solo un anno e mezzo alla scadenza, fissata per metà del 2026. Al contrario l’attuazione del piano in termini di obiettivi raggiunti, come l’avvio dei progetti e delle riforme previste, è molto più avanti: è evidente che i ritardi e i problemi del piano riguardano la capacità di spesa dei diversi enti che gestiscono i programmi, cioè il finanziamento concreto dei progetti”.
“Secondo il monitoraggio di Openpolis, riportato negli scorsi mesi dagli organi di stampa, i progetti in ritardo sul fronte della spesa riguardano la transizione ecologica, con solo l’8 per cento dei fondi spesi contro l’85 per cento delle riforme attuate, la cultura e il turismo, per cui è stato speso l’11 per cento dei fondi a fronte di riforme completate, e la salute, con una spesa del 14 per cento dei fondi a fronte di tutte le riforme completate; quest’ultimo, forse, è il dato che più dovrebbe fare riflettere essendo nato il pnrr per fare fronte ad una emergenza originata da motivi sanitari. Seguono poi i progetti in digitalizzazione, con le riforme completate ma la spesa ferma al 22 per cento, e quelli in istruzione e ricerca, per cui è stato speso il 26 per cento dei fondi a fronte di riforme completate al 94 per cento. I progetti più avanzati riguardano le infrastrutture, per cui è stato speso il 46 per cento dei fondi, e le imprese, con il 47 per cento”.
“Il rapporto sul pnrr di Openpolis precisa che arrivare a questi calcoli non è stato facile, a causa dei ritardi e delle poca chiarezza nella pubblicazione dei dati da parte di Italia Domani, la piattaforma su cui vengono pubblicate le informazioni sul PNRR”.
“L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha fatto notare a sua volta i ritardi nella spesa: in audizione al Parlamento ha detto che a ottobre risultava non solo che la spesa non arrivava neanche al 30 per cento delle risorse complessive, ma soprattutto che la metà di quanto speso era servito a finanziare misure che erano già state previste prima del PNRR, il cui finanziamento è stato poi in parte coperto dai fondi del piano; questo significa che la metà dei fondi spesi finora è servita a coprire i costi di interventi che non hanno aggiunto nulla all’economia italiana rispetto a quanto fosse già previsto”.
“La magra consolazione è che altri stati europei sono nella nostra stessa situazione”.
“Occorre un’accelerazione a tutti i livelli istituzionali, manca un anno e mezzo alla fine del piano e non possiamo permetterci che il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza diventi Piano Nazionale di Ritardi e Rinvii”.
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