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Bioeconomia opportunità di sviluppo delle aree interne italiane


La bioeconomia ha generato in Italia, nel 2024, un output pari a 426,8 miliardi di euro, in sostanziale stabilità rispetto al 2023 a prezzi correnti (-0,4%). Nel nostro Paese, il settore rappresenta circa il 10% del valore della produzione complessiva, il 7,7% considerando l’occupazione e rappresentando, inoltre, il 14% dell’UE27: una percentuale superiore rispetto a quella che si osserva per il totale delle attività economiche (12,4%). Sono queste alcune tra le maggiori rilevanze del rapporto redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il Cluster Spring, e con il contribuito di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentato il 17 giugno a Roma presso l’università Luiss Guido Carli.

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Un momento della presentazione del rapporto alla Sala delle Colonne presso l’università Luiss.

Il rapporto, giunto all’undicesima edizione, fornisce una quantificazione del complesso insieme di settori che utilizzano materie prime di origine biologica rinnovabile oltre a spunti di riflessione sugli “sviluppi di uno dei pilastri dell’inevitabile percorso di transizione verso modelli di produzione e consumo più sostenibili” si legge a commento nella nota stampa.

Filiera agroalimentare metà del valore della bioeconomia

Allargando lo sguardo, l’analisi del panorama europeo evidenzia una maggiore rilevanza della bioeconomia per i Paesi del Mediterraneo (10,3%) e nei paesi nordici (9,7%): “Il dettaglio settoriale evidenzia come in tutte le aree considerate la filiera agroalimentare rappresenti oltre la metà del valore della bioeconomia”. Nel sistema moda bio-based spiccano i Paesi dell’area Mediterranea, trascinati dall’Italia, mentre nei comparti del legno e mobili bio-based e nella carta emergono quelli nordici. Il segmento dei prodotti in plastica bio-based, pur con un peso ancora limitato nella maggior parte dei Paesi europei osservati, “presenta un elevato potenziale di crescita”, in particolare per quanto riguarda il packaging, “tassello chiave per uno sviluppo sostenibile in ottica circolare”.

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L’indagine si è concentrata anche al settore della produzione di imballaggi in plastica, e si conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano. Circa la metà delle imprese intervistate utilizza già input di origine naturale e di queste circa il 40% presenta un peso superiore al 30% di tali materie prime. “Si tratta di imprese fortemente vocate all’innovazione, che hanno scelto di utilizzare materie prime bio-based spinte soprattutto da motivi di competitività e di richieste del mercato”. In prospettiva, il 23% delle aziende che non utilizzano materie prime bio-based intende introdurre tali input nei propri processi produttivi. Mentre ben il 68% di quelle che utilizzano input bio-based in maniera marginale dichiarano di voler ampliare l’utilizzo di tali risorse.

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Opportunità di sviluppo delle aree interne, in particolare nel sud Italia

Il rapporto indica la bioeconomia quale “opportunità di sviluppo inclusivo delle aree interne, ossia quei territori con minore accesso ai servizi essenziali, in particolare nel Mezzogiorno”. Tali aree sarebbero naturalmente vocate grazie alla presenza di un notevole capitale ecologico e produttivo. La ricchezza di biodiversità, la prevalenza di colture stabili, la diffusione di pratiche biologiche, la presenza di sistemi agro-silvo-pastorali integrati e la relativa assenza di agricoltura intensiva configurano cioè questi territori come aree strategiche per l’Italia. Non solo in termini produttivi, ma soprattutto come custodi di servizi ecosistemici e innovazione sostenibile.

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Ulteriore tassello è rappresentato dalle policy: la protezione della biodiversità è un requisito fondamentale per l’economia, l’evoluzione sociale e culturale. Pertanto, le filiere della bioeconomia, a partire da quella agro-alimentare, sono strettamente intrecciate con la salute del suolo, delle acque, dell’aria. In conclusione, per innescare un cambiamento duraturo, afferma il documento, “è necessario un salto di qualità nelle politiche pubbliche, sia in Italia che a livello europeo”. La Commissione EU, nel Clean Industrial Deal, ha già riconosciuto il carattere strategico della bioeconomia come pilastro fondamentale, ma la revisione della Bioeconomy Strategy, attesa per la fine di quest’anno, “potrà rappresentare un passo importante per promuovere le potenzialità dei materiali bio-based e ridurre le dipendenze dall’estero”.

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