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crescita moderata ed export in ripresa, lavoro in aumento ma pesano produttività e dazi verso gli USA


Un’economia che cresce, ma con passo corto.Un’economia che si muove, ma non decolla.
Il rapporto annuale della Banca d’Italia sull’economia dell’Umbria, presentato a Perugia, offre un quadro articolato del 2024: il PIL regionale è cresciuto dello 0,7%, in linea con la media nazionale, ma appesantito da fragilità persistenti.

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“La dinamica dell’attività economica regionale è rimasta moderata, nonostante alcuni segnali positivi”, sottolinea la Filiale di Perugia della Banca d’Italia, evidenziando il contributo degli investimenti pubblici legati al PNRR e alla ricostruzione post-sisma. La spinta non è bastata a compensare la debolezza degli investimenti privati, la scarsa dinamica dei consumi e un contesto produttivo caratterizzato da una delle peggiori performance di produttività tra le regioni italiane.

Più lavoro e meno disoccupazione, ma l’intelligenza artificiale cambia lo scenario

In controtendenza con l’andamento economico, il mercato del lavoro umbro ha registrato un miglioramento significativo. L’occupazione è cresciuta del 3,2% – più del doppio rispetto alla media italiana – e il tasso di disoccupazione è sceso a livelli storicamente bassi, in particolare tra i laureati. Cresce anche il tasso di partecipazione al mercato del lavoro e, dopo anni di calo, tornano a salire i lavoratori autonomi.

“Il sistema universitario regionale è attrattivo, ma il mercato del lavoro fatica a trattenere i giovani più qualificati”, si legge nel rapporto. A preoccupare è la forte esposizione dell’Umbria all’intelligenza artificiale: oltre la metà delle occupazioni è potenzialmente interessata da queste tecnologie, un dato che potrebbe modificare drasticamente la composizione del lavoro nei prossimi anni.

Le imprese investono poco, frenate da incertezza e capacità produttiva sotto utilizzata

Nonostante una liquidità aziendale ai massimi storici e condizioni di credito in progressivo miglioramento, la propensione all’investimento delle imprese umbre è rimasta bassa. Solo poco più di un terzo ha aderito agli incentivi del piano “Transizione 4.0”, mentre appena un decimo ha avuto accesso al nuovo “Transizione 5.0”.

“Le imprese mostrano cautela per l’incertezza del quadro congiunturale e il basso utilizzo degli impianti”, rileva il rapporto. Il tasso di utilizzo della capacità produttiva è sceso al 73,2%, in calo di tre punti rispetto al biennio precedente.

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Anche la demografia d’impresa lancia un segnale d’allarme: Per il secondo anno consecutivo, le cessazioni hanno superato le iscrizioni. Il tasso di natalità netto è il più basso tra le regioni italiane”.

Export in ripresa, ma gli Stati Uniti rappresentano un rischio strategico

Dopo il calo del 2023, le esportazioni umbre sono aumentate del 5,3% nel 2024, spingendo la performance industriale grazie soprattutto ai settori agroalimentare, abbigliamento e metalli. Ma la crescita ha un tallone d’Achille: l’alta esposizione verso gli USA.

Nel triennio 2022-2024, oltre l’11,6% dell’export regionale ha avuto come destinazione gli Stati Uniti. Settori come la meccanica e l’abbigliamento destinano a quel mercato oltre un quinto delle loro vendite estere. “Il recente annuncio di nuove politiche tariffarie da parte degli Stati Uniti potrebbe esporre l’Umbria a rischi commerciali significativi”, avverte la Banca d’Italia.

Turismo, edilizia e PNRR tengono in piedi i servizi. Ma la sfida resta l’innovazione

Nel 2024 ha continuato a crescere il settore turistico, con un incremento delle presenze del 6,4%, superiore alla media nazionale. Le strutture extralberghiere e i flussi stranieri trainano il comparto, mentre l’aeroporto di Perugia conferma il picco di traffico del 2023.

Le costruzioni hanno mantenuto un contributo positivo, anche se in rallentamento rispetto agli anni del Superbonus. La ripresa della ricostruzione post-sisma e l’attivazione dei cantieri PNRR hanno sostenuto l’occupazione e i volumi produttivi.

Ma sulla crescita incombe un’eredità strutturale. “L’Umbria registra il peggior calo di produttività tra le regioni italiane dal 2000 a oggi”, si legge nel documento. La bassa innovazione, con ridotte spese in R&S e digitalizzazione, penalizza il sistema economico e riduce la competitività regionale.

Il giudizio finale della Banca d’Italia è netto: “Il divario con il resto del Paese potrà essere colmato solo con un deciso rilancio degli investimenti, della produttività e della capacità innovativa del tessuto produttivo”. La crescita c’è, insomma, ma non è ancora sufficiente.

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