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La società di Vimercate Alfa Gomma, campione italiano nei tubi di gomma, a causa di divergenze familiari è in liquidazione volontaria


I fratelli Gennasio (Guido presidente ed Enrico ceo), titolari al 50% di Alfa Gomma spa, holding di controllo della multinazionale italiana che produce sistemi integrati per la gestione di fluidi industriali e idraulici, da tempo in conflitto a causa delle divergenze strategiche, non hanno raggiunto un accordo per il riassetto del capitale e hanno fatto ricorso al Tribunale per la liquidazione volontaria della holding. La procedura non inciderà sulle oltre 40 società operative che continueranno a operare regolarmente.

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Il Tribunale delle Imprese di Milano ha nominato il 27 maggio scorso i tre liquidatori, selezionati tra profili di accademici e manager con una lunga esperienza di riassetti societari (Andrea Amaduzzi, Claudio Calabi ed Enrico Cotta Ramusino). I tre liquidatori comporranno un collegio che adotterà, in base al principio di maggioranza, tutte le decisioni per valorizzare gli attivi. Con il decreto di nomina, immediatamente esecutivo, si apre dunque di fatto l’asta per la vendita.

Fondata nel 1956, a Monza, da Felice Gennasio, Alfa Gomma è un campione italiano nei tubi di gomma per clienti come Caterpillar, John Deer e Cnh Industrial. È una realtà cresciuta fino a diventare uno dei protagonisti globali del suo settore con 27 impianti in dodici paesi, 92 filiali e impianti di assemblaggio in 26 paesi e quasi 5mila dipendenti. Eppure, a causa dei dissidi interni alla famiglia, già lo scorso marzo i dipendenti hanno inviato una lettera al Tribunale, al ministero delle Imprese e alla Presidenza del Consiglio per esprimere la loro preoccupazione.

Come ricostruito dal Corriere della Sera a inizio marzo, le divergenze di visione strategica tra i due fratelli i fratelli Gennasio hanno infatti da anni portato a uno stallo decisionale, preludio allo scioglimento della comproprietà. Il presidente Guido Gennasio, 63 anni, è da tempo orientato a superare il modello familiare (data anche la dimensione che il gruppo ha raggiunto) attraverso una gestione manageriale in cui i fratelli svolgano il ruolo di azionisti. Questo anche in vista di un passaggio generazionale nell’impresa. Di diversa opinione Enrico Gennasio, 67 anni, alla guida operativa che è invece orientato a continuare secondo il modello di azienda a conduzione familiare.

Intanto, nelle settimane scorse, sono circolate voci (rimaste senza conferma) di un interesse di Michelin Group, la multinazionale francese degli pneumatici (27,1 miliardi di euro di vendite e 3,3 di reddito operativo nel 2024), che avrebbe avanzato un’offerta. I francesi non sarebbero, tuttavia, i soli interessati all’acquisto di un gruppo considerato appetibile. Anche Gates Industrial Corporation avrebbe manifestato interesse e anche Trelleborg Group (competitor) e Continental (business complementari). Già nel 2023, poi, alcuni fondi di private equity e gruppi industriali si erano fatti avanti.

Secondo le stime, l’intera attività vede multipli EV/ebitda compresi in un intervallo di 10-12 volte. Numeri e posizionamento di mercato, che è molto solido, giustificano quindi ampiamente l’interesse d’investitori istituzionali e concorrenti, tanto che le notizie dei mesi scorsi sui dissidi tra i soci e la messa in stato di liquidazione volontaria della capogruppo non hanno avuto alcun impatto sul business.

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La società infatti ha chiuso il 2024 con 650 milioni di fatturato, ebitda di 104,5 mln di euro e indebitamento netto di 184 milioni con oltre 70 brevetti (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). E il 2025 si è aperto con ordinativi che fanno prevedere una crescita di ricavi e redditività, si prevede infatti un fatturato di oltre 650 milioni e un ebitda di circa 110 milioni. La crescita di questi anni è il risultato di continui investimenti in capacità produttiva ed espansione del netwok commerciale.

Ma il dissidio tra i soci ha reso impossibile la nomina di un nuovo consiglio di amministrazione e determinato il ricorso al Tribunale delle imprese di Milano per la messa in stato di liquidazione volontaria della società come strumento ultimo per arrivare alla separazione dei due soci. Divergenze non sanabili avevano portato a febbraio 2024 alle dimissioni di uno dei quattro consiglieri di amministrazione che il board non ha potuto reintegrare proprio per l’impossibilità di trovare un accordo . Da quel momento, il cda non ha più potuto operare perché sono decadute le deleghe. Quindi è stato impossibile prendere decisioni straordinarie per via dell’obbligo di deliberare all’unanimità previsto dallo statuto. E l’assemblea dei soci, convocata quattro volte in un anno, non ha potuto nominare l’organo amministrativo.



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