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RenDanHeYi e OKR nella PA: uno sviluppo organizzativo possibile


Nel dibattito sulla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione italiana, si parla molto di tecnologie e poco di modelli organizzativi. Eppure, è proprio lì che spesso si gioca la vera partita dell’innovazione. È in questo contesto che il modello RenDanHeYi, nato nell’azienda cinese Haier, potrebbe rappresentare un cambio di paradigma utile per riflettere di cambiamento anche per la nostra PA.

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Da Haier alla PA: una storia di trasformazione radicale

Per capire perché RenDanHeYi (letteralmente: “sinergia tra persona e bisogni”) potrebbe funzionare anche nella nostra amministrazione pubblica, vale la pena raccontare brevemente la sua storia. Nei primi anni 2000, Zhang Ruimin si trovava a guidare Haier, un gigante dell’elettrodomestico con oltre 80.000 dipendenti, ma con un problema tipico delle grandi organizzazioni: lentezza, burocrazia e distanza dai clienti.

La sua intuizione fu rivoluzionaria: invece di cercare di rendere più efficiente la grande macchina aziendale, decise di smontarla completamente. Trasformò Haier in una rete di oltre 4.000 micro-imprese autonome, ciascuna con 10-15 persone, ognuna responsabile di un preciso segmento di mercato o gruppo di clienti. Non più una piramide gerarchica, ma un ecosistema di piccole unità imprenditoriali che collaborano e competono tra loro.

Il risultato? In vent’anni, Haier è cresciuta da azienda locale a leader mondiale, mantenendo al contempo l’agilità di una startup. Ma come funziona esattamente questo modello?

Come funziona RenDanHeYi: i tre pilastri della trasformazione

Il RenDanHeYi si basa su tre principi fondamentali che ribaltano la logica organizzativa tradizionale:

  1. Zero distanza dall’utente Ogni micro-impresa ha un contatto diretto con i propri “clienti”, senza intermediazioni. Nella PA, questo significherebbe che il team che gestisce i certificati anagrafici interagisce direttamente con i cittadini che ne fanno richiesta, raccoglie i loro feedback, capisce i loro problemi e può modificare rapidamente i processi per rispondere meglio ai loro bisogni. Piuttosto fattibile con un po’ di buona volontà e di lasseir-faire.
  2. Zero burocrazia interna Le micro-imprese hanno autonomia decisionale completa nel loro ambito di competenza. Non devono chiedere permessi per piccole modifiche, non devono aspettare l’approvazione di lunghe catene gerarchiche. Se per esempio un team dell’anagrafe digitale si accorge che un passaggio del processo è inutile, può eliminarlo immediatamente, pur nel rispetto della normativa esistente. Questo permette di mettere in discussione anche il “si è sempre fatto così”.
  3. Contratti interni orientati al valore Invece di rapporti gerarchici fissi, le micro-imprese stabiliscono tra loro accordi basati sui risultati. Un team che fornisce servizi IT interni, ad esempio, “vende” i suoi servizi agli altri team sulla base della qualità e dell’efficacia, non perché è obbligatorio usarli. Questo forse un po’ più difficile da fare nella PA.
  4. Decisioni decentralizzate:le decisioni, anche quelle strategiche, non sono prese dall’alto verso il basso, ma piuttosto vengono prese dalle micro-imprese che sono in grado di adattare la loro direzione sulla base dei bisogno dei loro clienti. Questo va valutato anche politicamente, ma con un minimo di gestione illuminata può essere realizzato.
  5. Ecosistemi e micro-comunità: le micro-imprese sono incentivate a formare alleanze e network che collaborano, mettono in comune conoscenze e condividono risorse, sfruttando un meccanismo duale di co-operazione e competizione (coopetition).
  6. Retribuzione basata sul valore: una grossa parte di salari e benefici sono strettamente correlati al valore generato per il consumatore. Al contrario dei modelli tradizionali in cui forme di condivisione dei profitti sono limitate al top management e sono relative al profitto aziendale, nel modello RenDanHeYi la condivisione del vlaore viene fatta tra tutti i membri delle micro-imprese per il valore generato ai clienti della micro-impresa.

In pratica, immaginate un comune dove invece di avere un unico grande ufficio tecnico, ci sono 5-6 micro-team specializzati: uno si occupa solo di pratiche edilizie residenziali, uno di quelle commerciali, uno di manutenzione stradale, uno di verde pubblico. Ognuno ha il suo “cliente” di riferimento (cittadini che ristrutturano casa, commercianti, residenti di specifici quartieri) e viene valutato su quanto bene serve questi clienti.

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Perché RenDanHeYi è rilevante per la PA

Applicare RenDanHeYi nella PA non significa “privatizzarla” o introdurre logiche di mercato selvagge. Significa piuttosto riorganizzarla secondo una logica di valore pubblico, mettendo il cittadino al centro e responsabilizzando i team interni.

Pensate a quante volte, come cittadini, vi è capitato di sentirvi dire “non è di mia competenza” o “deve rivolgersi all’ufficio X”. Questa frammentazione nasce spesso dal fatto che ogni ufficio è focalizzato sulla propria procedura interna, non sul problema del cittadino. Con RenDanHeYi, invece, ogni micro-team è responsabile dell’intera esperienza del proprio gruppo di utenti.

Un esempio concreto: invece di avere separatamente l’ufficio anagrafe, quello dei tributi e quello dei servizi sociali, si potrebbe creare un micro-team “Servizi alle famiglie” che gestisce tutte le pratiche legate ai nuclei familiari (cambio residenza, aggiornamento situazione ISEE, richiesta bonus, iscrizioni scolastiche). Il cittadino ha un unico punto di riferimento, il team ha una visione completa dei bisogni e può coordinare internamente tutte le procedure necessarie.

Questa impostazione si allinea perfettamente con le direttive dell’Agenda Digitale Europea, rafforza l’accountability dei team, riduce i colli di bottiglia delle gerarchie tradizionali e favorisce l’empowerment dei dipendenti pubblici, che si sentono direttamente responsabili del risultato finale.

OKR: il sistema nervoso delle micro-imprese pubbliche

Per dare gambe a un’organizzazione basata su RenDanHeYi, serve uno strumento di gestione che sia semplice, trasparente e orientato all’impatto reale sui cittadini. Qui entrano in gioco gli OKR (Objectives and Key Results), resi famosi da Google ma ormai utilizzati anche da amministrazioni pubbliche innovative in tutto il mondo.

Gli OKR funzionano come una bussola per ogni micro-team: definiscono un obiettivo chiaro e ispirante (Objective) e una serie di risultati misurabili (Key Results) per verificare se l’impatto desiderato si sta realmente materializzando.

Facciamo un esempio pratico. Il micro-team “Servizi alle famiglie” di un comune potrebbe avere questo OKR trimestrale:

Objective: Rendere l’anagrafe digitale la scelta naturale per i cittadini

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Key Results:

  • Ridurre i passaggi necessari per richiedere un certificato online da 6 a massimo 3 click;
  • Raggiungere il 90% di pratiche completate in modalità self-service (senza bisogno di chiamare o venire allo sportello);
  • Ottenere almeno 200 feedback mensili dai cittadini con una valutazione media di 4.5 su 5;
  • Diminuire del 50% le chiamate al call center per problemi tecnici.

In questo modo, ogni micro-impresa nella PA può diventare autonoma ma guidata, agile ma allineata con gli obiettivi più ampi dell’amministrazione, sempre focalizzata sui risultati che contano davvero per il cittadino.

La bellezza degli OKR è che sono trasparenti: tutti possono vedere gli obiettivi di tutti, creando naturalmente collaborazione e coordinamento tra i diversi team. Se il team dell’anagrafe digitale ha problemi con l’infrastruttura IT, può dialogare direttamente con il team IT guardando insieme ai rispettivi OKR per trovare una soluzione condivisa.

Esperienze concrete e prime sperimentazioni

Il modello non è più solo teoria. In Europa, alcune realtà hanno già sperimentato approcci ispirati a RenDanHeYi con risultati incoraggianti. Haier Europe ha riorganizzato i propri uffici commerciali in micro-team focalizzati su specifici segmenti di clienti e prodotti, ottenendo maggiore reattività e soddisfazione. Intesa Sanpaolo ha creato “squadre agili” nelle filiali, responsabilizzando piccoli gruppi su specifici servizi bancari con risultati positivi in termini di coinvolgimento dei dipendenti e qualità del servizio.

Nel contesto della PA italiana, il modello potrebbe trovare applicazione in diversi ambiti. I comuni, soprattutto quelli che stanno investendo in progetti di smart city, potrebbero creare sportelli digitali agili gestiti da micro-team specializzati per tipologia di utente (giovani, anziani, famiglie, imprese). Le ASL potrebbero organizzare micro-progetti di miglioramento continuo gestiti da piccoli team multidisciplinari focalizzati su specifici percorsi di cura o problemi ricorrenti, come la riduzione dei tempi di attesa o il miglioramento dell’esperienza dei pazienti cronici.

Anche le grandi agenzie centrali come INPS, INAIL o ENIT potrebbero beneficiare di task force digitali organizzate secondo questi principi, creando team agili per affrontare sfide specifiche come la digitalizzazione di nuovi servizi o il miglioramento di quelli esistenti.

Le sfide da affrontare: non tutto è rose e fiori

Naturalmente, trasformare la PA secondo questi principi non è una passeggiata e può sembrare uno sforzo di prospettiva ma non concreto. certo, ci sono ostacoli significativi da superare, e sarebbe ingenuo non riconoscerli.

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Il primo è culturale: la nostra amministrazione pubblica ha una tradizione di organizzazione gerarchica molto radicata. Molti dipendenti pubblici sono abituati a ricevere istruzioni precise dall’alto e potrebbero sentirsi spaesati di fronte a una maggiore autonomia e responsabilità. Serve tempo e formazione per sviluppare una mentalità più imprenditoriale e orientata alla soddisfazione dei bisogni dei clienti.

Il secondo ostacolo è normativo: le regole su gare d’appalto, vincoli di bilancio, procedure amministrative sono spesso rigide e poco compatibili con l’agilità richiesta da RenDanHeYi. Non si può semplicemente ignorare il Codice degli Appalti o le normative, ma bisogna trovare modi creativi per lavorare dentro questi vincoli mantenendo flessibilità operativa.

Il terzo riguarda le competenze manageriali: gestire un micro-team autonomo richiede capacità diverse da quelle tradizionali del funzionario pubblico. Servono competenze di project management, capacità di leggere e interpretare dati, abilità nel gestire relazioni dirette con i cittadini, capacità di coinvolgere i colleghi e motivarli. La leadership nel modello RenDanHeYi è poi molto diversa dalla leadership tradizionale: il leader è un membro del team con un ruolo di coordinamento, che deve assicurare l’armonia del team, mentre le decisioni sono delegate ai singoli individui, che sono fortemente incentivati a perseguire la soddisfazione del bisogno dei clienti.

Non tutti sono pronti, e servirà un significativo investimento in formazione.

Infine, c’è il rischio di frammentazione: se ogni micro-team va per la sua strada senza adeguate regole di coordinamento, si rischia di creare tanti piccoli silos invece di un sistema integrato. Per risolvere questo, le evoluzioni del modello del RenDanHeYi hanno formalizzato il ruolo di Micro-imprese con funzioni di coordinamento, immerse in un network (EMC o Ecosistemi) che assicurano una generale integrazione o un coordinamento. Critico per il successo è l’esistenza di una governance intelligente che garantisca coerenza senza soffocare l’autonomia.

Il percorso: iniziare in piccolo, imparare, crescere

Proprio per queste complessità, l’approccio giusto non può essere quello del “big bang”. Il cambiamento deve essere graduale, sperimentale, basato sull’apprendimento continuo.

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Il primo passo è identificare aree della PA dove la sperimentazione è più fattibile: servizi con alto contatto cittadino, team già relativamente autonomi, ambiti dove i risultati sono facilmente misurabili. Un buon candidato potrebbe essere un ufficio relazioni con il pubblico di un comune medio, o un servizio digitale già attivo ma perfettibile.

Il secondo passo è mappare accuratamente i bisogni dei cittadini che utilizzano quel servizio, usando tecniche di design thinking e ricerca utente. Solo capendo davvero cosa serve ai cittadini si possono definire OKR significativi.

Il terzo passo è formare un piccolo team (5-8 persone) e dargli autonomia operativa per 3-6 mesi, con OKR chiari e misurabili. L’importante è creare le condizioni per il successo: supporto del management, libertà di sperimentare, accesso diretto ai dati di performance.

Il quarto passo è misurare rigorosamente i risultati, sia quantitativi (tempi di risposta, soddisfazione utenti, efficienza) che qualitativi (motivazione del team, qualità dell’innovazione). Solo se l’esperimento funziona si può pensare di replicare altrove.

Conclusioni: verso una PA di micro-imprese pubbliche

RenDanHeYi non è una bacchetta magica che risolverà tutti i problemi della PA italiana. Ma è un’ispirazione potente che ci invita a ripensare radicalmente il modo in cui organizziamo il lavoro pubblico, che ha bisogno di modelli organizzativi nuovi per restare al passo con i tempi e i bisogni del mondo moderno.

Ci chiede di ribaltare la logica top-down a cui siamo abituati, di rimettere davvero il cittadino al centro di tutto quello che facciamo, di creare piccoli team agili e motivati che si sentano direttamente responsabili dei risultati. Con l’aiuto degli OKR, questa visione può tradursi in azioni concrete e misurabili anche nella nostra PA.

Il bello è che il cambiamento è già iniziato, spesso in modo silenzioso e sperimentale. Ci sono comuni che stanno ripensando i propri servizi digitali, regioni che sperimentano nuovi modi di lavorare, funzionari pubblici che si stanno formando su metodologie organizzative innovative per capire come applicarle per attrarre talenti, coinvolgere i giovani, migliorare il proprio lavoro. Piccoli semi che, se coltivati bene, possono diventare una trasformazione sistemica.

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La domanda non è se la PA italiana sia pronta per RenDanHeYi. La domanda è: siamo pronti noi, come cittadini e come operatori pubblici, a immaginare e costruire una PA organizzativamente diversa? Una PA fatta di tante piccole imprese pubbliche, ognuna focalizzata su un pezzo del nostro benessere collettivo, ognuna orgogliosa dei risultati che ottiene per noi?

Il futuro della PA potrebbe essere molto più interessante di quanto pensiamo. E sicuramente passa anche dallo spirito imprenditoriale che va “liberato” anche negli ambienti pubblici.



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