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Cari industriali, al Sud serve una cura «ricostituente»


Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta del presidente di Fidit, Nicola Didonna, al neopresidente di Confindustria Bari e Bat, Mario Aprile.

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Caro Mario ti scrivo così mi distraggo un po’. La svolta di Confindustria di puntare sulle nuove competenze e sul ricambio generazionale è un segnale importante per il mondo delle imprese, soprattutto alle nostre latitudini, dove registriamo da tempo una certa lentezza a correre alla stessa velocità dei cambiamenti in corso. La tua elezione, che abbiamo condiviso e supportato fin dal primo momento, apre il mondo dell’impresa alla contemporaneità ed è foriero di nuove speranze. Tante sono le aspettative perché tanti sono i problemi ancora da risolvere. Ma lo spirito di un giovane presidente, sono certo, saprà esaltare le prime con l’entusiasmo dell’età e affrontare i secondi, anche grazie alle competenze multidisciplinari della sua squadra. Per quel che può servire, ti saremo tutti vicini perché la sfida sia vinta e perché tutto il territorio, non solo quello economico, ne esca vincitore.

Nella nostra quotidianità viviamo trasversalmente, nei diversi settori, le problematiche del credito che vedono da troppi anni le imprese subire un effetto di bassa marea con una contrazione progressiva dei flussi. Anche perché avere i centri decisionali delle grandi banche lontano geograficamente non è lo stesso che averli accanto. E non si deve confondere vicinanza con contiguità. Perché puntare sulle imprese significa ogni giorno puntare con fiducia sul grigio; quel grigio può apparire al tempo stesso bianco, all’ottimista conterraneo, o tendente al nero, al freddo manager bancario del nord. Ma purtroppo sulle sfumature si decidono le sorti delle imprese e lo stesso futuro del Sud, ormai progressivamente costretto alla desertificazione economica e demografica. È arrivato il tempo di imprimere una decisa svolta. Ma per fortuna ci sono le banche del territorio che se decidessero anche loro di fare squadra, come hai auspicato riescano a fare le sezioni territoriali pugliesi di Confindustria, diventerebbero un grosso motore di sviluppo della Puglia. Bisogna offrire a tutte le imprese, a qualsiasi latitudine, le stesse opportunità. Solo così potremo avere più fiducia nel futuro e potranno averla i nostri giovani attanagliati nella morsa della sfiducia che li induce a fare gli emigrati versione 4.0.

Al Sud affamato non si deve somministrare una dieta. Ci vuole una cura ricostituente a base di credito, contributi allo sviluppo, capitali privati e garanzie pubbliche mirate. E soprattutto che tutto ciò venga offerto senza le catene delle conoscenze, ma solo quelle del merito. Perché abbiamo mostrato resilienza nel momento del bisogno e ora possiamo/dobbiamo pensare a crescere. I contributi alla nascita e alla crescita delle imprese devono essere stabili nel tempo, non erratici e provvisori; e soprattutto semplici per poter fare sana programmazione e attuare una vera politica industriale. La garanzia non può più essere «urbi et orbi», deve essere mirata per aumentare l’utilità marginale dell’investimento pubblico. Non possono più stare sullo stesso piatto della bilancia un finanziamento ad una micro impresa e ad una small mid cap. Per la prima significa avere o non avere ossigeno per vivere; per la seconda significa solo arbitraggio a favore del sistema bancario a spese di tutti noi e del nostro sviluppo basato sulle piccole imprese. Anche l’enorme risparmio di cui l’Italia va fiera deve essere dirottato verso le imprese attraverso lo sviluppo del capitale privato, di debito e di equity. Non può più andare solo ad alimentare il debito pubblico italiano ed estero o addirittura imprese estere che fanno concorrenza a quelle nostre. Assurdo, usano i nostri soldi per renderci più poveri! Un suicidio!

Come vedi, tante sono le aspettative che nutriamo tutti in un Presidente giovane e al tempo stesso «vecchio», perché profondo conoscitore delle liturgie del mondo confindustriale. Siamo fiduciosi che saprai farle tue e combattere per far assurgere ad un ruolo sociale tutta la Confindustria senza crogiolarti in inutile autoreferenzialità consapevole che anche le imprese dovranno fare la propria parte sapendosi adeguare alle sfide che la realtà ormai pone loro. Perché non sia solo un sistema che chiede, ma che sappia dare alla comunità. La funzione sociale dell’impresa. E soprattutto non abbandonare mai l’ascolto della voce delle imprese perché solo sentendo l’odore del lavoro si potrà aiutarlo a crescere e moltiplicarsi. Il quadriennio che sta arrivando presto passerà, io mi sto preparando, ma questa non deve essere la sola novità. Buon lavoro Presidente!



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