Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Finanziamenti Per Le Imprese Senza Garanzie Reali: I Rischi Se L’Azienda È In Crisi


Hai ottenuto uno o più finanziamenti per la tua impresa senza garanzie reali e ora che l’azienda è in difficoltà ti stai chiedendo quali sono i rischi concreti? Temevi che l’assenza di ipoteche o pegni ti proteggesse, ma ora hai il dubbio che i creditori possano comunque agire contro di te personalmente?

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Molte imprese, soprattutto nelle fasi iniziali o in periodi di emergenza, accedono a finanziamenti “non garantiti”, cioè senza ipoteche su immobili, beni strumentali o magazzino. Ma attenzione: assenza di garanzie reali non significa assenza di rischi, soprattutto se l’impresa entra in crisi e non riesce più a onorare le scadenze.

Cosa succede se non riesci a rimborsare un finanziamento senza garanzie reali?

Anche se la banca o il soggetto finanziatore non ha una garanzia iscritta su un bene specifico, ha comunque il diritto di agire in via esecutiva su tutto il patrimonio della società. Se l’azienda è una ditta individuale, può essere attaccato direttamente anche il patrimonio personale dell’imprenditore.

E nelle SRL, SRLS o società di persone? Molto dipende da come è stato firmato il contratto di finanziamento. Spesso, infatti, la banca richiede fideiussioni personali o garanzie da parte dei soci o dell’amministratore, anche se il finanziamento è formalmente intestato alla società.

Hai firmato come garante? Sei socio di una società di persone?

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

In questi casi, il rischio personale esiste eccome. Se la società non paga, il creditore può chiedere a te il rimborso integrale, agendo su casa, conto corrente, stipendio, pensione o beni intestati. E tutto ciò senza bisogno di avviare prima un’azione contro la società.

E se non hai firmato nulla? Sei davvero al sicuro?

Non sempre. Se hai gestito male l’azienda, hai proseguito l’attività nonostante la crisi conclamata o hai trascurato obblighi fiscali e contributivi, potresti essere comunque chiamato a rispondere per responsabilità da amministrazione irregolare o aggravamento del dissesto.

Cosa puoi fare se la tua impresa non riesce più a rimborsare i finanziamenti?

– Verificare se esistono garanzie personali attivabili;
– Analizzare la struttura societaria e il grado di esposizione dei soci;
– Valutare una procedura di composizione negoziata o di ristrutturazione del debito;
– Oppure, nei casi più gravi, avviare una procedura concorsuale per bloccare le azioni esecutive e salvare il possibile.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, responsabilità degli amministratori e difesa da escussioni personali – ti spiega quali sono i rischi dei finanziamenti senza garanzie reali se l’azienda va in crisi, e come possiamo aiutarti a proteggere il tuo patrimonio personale e salvare l’impresa.

Hai finanziamenti in corso e non riesci più a rispettare le scadenze? Non sai se sei esposto personalmente e se rischi il pignoramento?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo insieme i contratti, le garanzie, la situazione debitoria e ti accompagneremo verso la soluzione più sicura per proteggere ciò che conta davvero.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Introduzione

Nel contesto economico attuale, molte imprese in difficoltà ricorrono a finanziamenti senza garanzie reali per ottenere liquidità immediata. Per garanzie reali si intendono pegni, ipoteche o altri vincoli su beni aziendali, che spesso le PMI faticano a offrire. Grazie a strumenti pubblici come il Fondo di Garanzia per le PMI e ai finanziamenti agevolati (es. bandi Invitalia e fondi PNRR), oggi è possibile ottenere credito senza dover impegnare beni in garanzia. Ciò ha aperto nuove opportunità di finanziamento per imprese prive di asset sufficienti, ma comporta anche rischi e responsabilità specifiche, soprattutto se l’azienda versa in uno stato di crisi o insolvenza. Questa guida – rivolta ad avvocati, imprenditori e professionisti avanzati – analizza in dettaglio tali strumenti dal punto di vista del debitore, esaminando il quadro normativo aggiornato a giugno 2025, la giurisprudenza più recente e le implicazioni pratiche (inclusi casi concreti, tabelle riepilogative e una sezione di domande e risposte). L’obiettivo è fornire una comprensione completa dei finanziamenti senza garanzie reali e dei relativi rischi quando l’impresa è in difficoltà, con un linguaggio tecnico‐giuridico ma accessibile.

Cosa sono i finanziamenti senza garanzie reali

Un finanziamento senza garanzie reali è un credito concesso senza richiedere all’impresa di offrire collaterali tangibili come ipoteche su immobili, pegni su macchinari o altre garanzie reali. In questi casi, la banca o l’ente finanziatore eroga il prestito basandosi principalmente sul merito creditizio dell’azienda, su garanzie personali (es. fideiussioni dei soci) o su garanzie pubbliche (come la copertura del Fondo di Garanzia statale). Ciò significa che l’impresa ottiene liquidità “a firma”, ovvero senza dover immobilizzare beni a tutela del credito. Secondo dati ministeriali, oltre il 99% delle imprese che hanno utilizzato la copertura del Fondo di Garanzia ha avuto accesso al finanziamento senza presentare garanzie reali aggiuntive. In pratica, questi strumenti affiancano o sostituiscono le garanzie reali tradizionali, permettendo alle aziende di finanziare investimenti e fabbisogno di cassa anche in assenza di asset patrimoniali da offrire.

Le principali tipologie di finanziamenti senza garanzie reali includono:

  • Prestiti bancari con garanzia pubblica: finanziamenti erogati da banche ma garantiti in gran parte da enti pubblici (es. Fondo di Garanzia per le PMI, garanzie SACE), che riducono il rischio per la banca e di norma escludono la richiesta di pegni o ipoteche sull’azienda debitrice.
  • Finanziamenti pubblici agevolati: incentivi gestiti da enti come Invitalia, Regioni o società pubbliche (anche nell’ambito del PNRR), spesso erogati a tasso zero o agevolato e senza garanzie reali o personali a carico dell’impresa. Possono includere una componente a fondo perduto (contributo che non va restituito) unita a una quota di finanziamento rimborsabile.
  • Microcredito e finanziamenti a medio termine unsecured: piccoli prestiti (es. microcredito entro 40.000 €) concessi a startup o microimprese senza richiedere garanzie reali, talvolta coperti anch’essi dal Fondo di Garanzia.
  • Finanziamenti soci o degli amministratori: apporti di denaro dai soci/amministratori alla società in crisi, spesso non assistiti da garanzie reali (trattandosi di finanziamenti interni). Tuttavia, la legge prevede in certi casi la postergazione di questi crediti dei soci, subordinandoli al soddisfacimento degli altri creditori (es. art. 2467 c.c. per le s.r.l.).

Nelle sezioni che seguono analizziamo nel dettaglio i finanziamenti bancari e pubblici senza garanzie reali, il funzionamento del Fondo di Garanzia PMI, i rischi connessi per debitori e amministratori in uno scenario di crisi, e come tali finanziamenti vengono trattati nelle procedure concorsuali (concordato preventivo, liquidazione giudiziale, composizione negoziata, ecc.).

Finanziamenti bancari senza garanzie reali

Quando un’impresa si rivolge a una banca per un prestito ma non dispone di garanzie reali da offrire, esistono oggi diversi strumenti per facilitare l’accesso al credito. Il più importante è il Fondo di Garanzia per le PMI, analizzato nel paragrafo dedicato. In generale, i finanziamenti bancari “unsecured” per le imprese presentano queste caratteristiche:

  • Garanzie personali o pubbliche al posto di quelle reali: In assenza di ipoteche o pegni, la banca può richiedere una fideiussione personale (es. dai soci o amministratori) e/o può avvalersi di una garanzia statale. Ad esempio, molti istituti erogano prestiti alle PMI coperti fino all’80% dallo Stato tramite il Fondo di Garanzia, così che l’azienda non debba presentare ulteriori garanzie patrimoniali. Spesso per la quota non garantita dallo Stato (es. il restante 20%) la banca può esigere garanzie personali dei soci.
  • Importi e condizioni: Senza collaterali, la banca valuta il merito creditizio dell’impresa (bilanci, flussi di cassa, settore) e applica condizioni di tasso e durata coerenti col rischio. In linea generale, importi molto elevati senza garanzie reali sono rari; il massimale garantito dal Fondo PMI per singola impresa è 5 milioni €, quindi finanziamenti oltre tale soglia in genere richiedono garanzie aggiuntive.
  • Finalità ammesse: I prestiti senza garanzie reali possono finanziare sia investimenti (macchinari, impianti, progetti di sviluppo) sia il capitale circolante e la liquidità. Tuttavia, le coperture pubbliche sono spesso più alte per investimenti: ad esempio nel 2025 la garanzia statale è confermata all’80% per operazioni di investimento, mentre per operazioni di liquidità la copertura standard è ridotta al 50%. Ciò riflette un orientamento normativo a incentivare finanziamenti che migliorino la struttura produttiva rispetto a quelli destinati solo a tamponare carenze di cassa.
  • Procedura di erogazione: L’assenza di garanzie reali snellisce l’iter (niente perizie su immobili, né iscrizioni ipotecarie). L’istruttoria però richiede comunque un’analisi creditizia accurata. Se interviene il Fondo PMI, la banca deve presentare domanda di garanzia e attendere l’esito (spesso automatizzato per importi piccoli). Una volta approvata la garanzia pubblica, il prestito viene erogato. Per l’impresa beneficiaria ciò comporta vantaggi economici: evitare costi di perizia e di polizze/fideiussioni private, che altrimenti sarebbero necessari per coprire la mancanza di collaterali.

Esempi comuni di finanziamenti bancari senza garanzia reale sono: i mutui chirografari (prestiti basati solo su firma), le linee di credito per liquidità coperte dal Fondo PMI, e i finanziamenti agevolati come Nuova Sabatini (acquisto macchinari) spesso garantiti dallo Stato. Durante emergenze recenti (ad es. Covid-19), lo Stato ha persino previsto garanzie pubbliche al 100% su certi prestiti fino a 30.000 € per assicurare liquidità immediata alle PMI (DL Liquidità 2020, art. 13). Tali misure straordinarie sono poi rientrate, ma fino a giugno 2025 permangono criteri di accesso agevolati al Fondo di Garanzia, prorogati dalla legge di bilancio 2025.

Va sottolineato che sebbene la banca rinunci a garanzie reali, ciò non significa che il debito si “trasforma” in capitale di rischio: il finanziamento bancario va comunque rimborsato alle scadenze pattuite. In caso di difficoltà, l’assenza di collaterali facilita l’accesso al prestito ma espone l’impresa al rischio di tassi d’interesse più alti (per compensare il rischio della banca) e all’eventualità che, se la crisi perdura, il debito non assistito da garanzie sia tra quelli più difficili da ristrutturare (non essendoci beni su cui negoziare ipoteche, la banca è interamente scoperta).

La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Finanziamenti pubblici agevolati senza garanzie reali (Invitalia, PNRR)

Lo Stato e gli enti pubblici mettono a disposizione numerosi strumenti agevolativi per sostenere la creazione e il rafforzamento di imprese, spesso senza richiedere garanzie reali. Tali finanziamenti pubblici combinano l’interesse pubblico (sviluppo economico, innovazione, occupazione) con l’esigenza di dare credito a soggetti che il mercato finanziario tradizionale considererebbe rischiosi o privi di collaterali. Ecco i principali canali e programmi attivi fino al 2025:

  • Incentivi Invitalia: Invitalia (Agenzia nazionale per lo sviluppo) gestisce vari bandi nazionali rivolti a startup, PMI innovative, imprese giovanili e femminili. Un esempio è ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero, che offre finanziamenti decennali a tasso zero combinati con contributi a fondo perduto, coprendo fino al 90% delle spese ammissibili. Una caratteristica chiave di questi finanziamenti è che di norma non vengono richieste garanzie reali o personali sulla parte di mutuo agevolato. Invitalia eroga quindi il prestito senza ipoteche su beni aziendali né fideiussioni dei soci, rendendo il bando molto attrattivo per startup che non dispongono di asset da offrire. (Nota: fa eccezione l’eventuale anticipazione su contributo, dove può essere richiesta una fideiussione a garanzia dell’anticipo erogato prima della rendicontazione delle spese). Analogamente, il programma SELFIEmployment finanzia l’avvio di piccole iniziative di NEET, donne e disoccupati con prestiti fino a 50.000 €, senza interessi e senza alcuna garanzia reale o di firma richiesta. Anche Resto al Sud è un incentivo Invitalia significativo: sostiene nuove attività nelle regioni meridionali con un mix di 50% contributo a fondo perduto e 50% finanziamento a tasso zero (quest’ultimo garantito dal Fondo PMI e con interessi coperti dallo Stato). In sostanza, un giovane imprenditore può ottenere, ad esempio, 100.000 € per la propria startup, di cui metà a fondo perduto e metà da restituire in diversi anni ma senza dover offrire garanzie reali, grazie alla copertura pubblica.
  • Fondi PNRR e misure collegate: Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha stanziato ingenti risorse per imprese, spesso tramite finanziamenti agevolati con una componente a fondo perduto. Un caso emblematico sono i Finanziamenti SIMEST PNRR per l’internazionalizzazione e la transizione digitale/ecologica delle PMI: tre linee di credito a tasso agevolato, con una quota a fondo perduto fino al 25% (elevabile al 40% per imprese del Sud), senza necessità di presentare garanzie per l’impresa richiedente. Ciò significa che l’azienda ottiene liquidità per espandersi all’estero o investire in tecnologie, con parte del finanziamento addirittura a fondo perduto, e per la parte da restituire non deve offrire pegni o fideiussioni. In cambio, però, vi sono stringenti controlli sull’utilizzo corretto dei fondi: trattandosi di risorse UE NextGenerationEU, le imprese beneficiarie possono essere soggette a verifiche in ogni fase, per prevenire violazioni o utilizzi indebiti dei finanziamenti pubblici. Il PNRR ha attivato anche sezioni speciali del Fondo di Garanzia PMI (ad es. una Sezione Turismo PNRR dedicata alle imprese turistico-ricettive, operativa dal 10 ottobre 2022), che consente di garantire prestiti per la riqualificazione di strutture turistiche senza richiedere ipoteche immobiliari.
  • Bandi regionali ed europei: A livello locale e comunitario vi sono ulteriori agevolazioni (fondi strutturali, POR/FESR, Horizon Europe) che spesso prevedono contributi a fondo perduto o prestiti a tasso zero senza garanzie reali. Ad esempio, bandi di microcredito regionale erogano finanziamenti a neo-imprese con il supporto del Fondo Centrale o di consorzi fidi (Confidi), evitando di gravare le aziende di garanzie patrimoniali. Ogni bando specifica i requisiti: per importi maggiori, a volte è prevista una garanzia fideiussoria sull’eventuale anticipo, ma generalmente la parte agevolata non richiede collaterali.

Questi finanziamenti pubblici agevolano fortemente l’accesso al credito per imprese nascenti o in settori strategici, ma comportano obblighi precisi: i fondi vanno utilizzati per le spese ammesse e l’impresa deve spesso mantenere l’attività per un certo periodo (es. 3-5 anni) dopo aver ottenuto l’agevolazione. In caso di inadempimento o cessazione anticipata, l’ente erogatore può deliberare la revoca del beneficio e richiedere la restituzione delle somme erogate. Ad esempio, per il finanziamento ON – Nuove Imprese a Tasso Zero, non è consentito cessare o vendere l’impresa subito dopo aver ottenuto i soldi pubblici, pena la revoca dell’agevolazione. In caso di revoca, l’impresa deve restituire integralmente sia la parte di finanziamento sia l’eventuale contributo a fondo perduto già ricevuti, maggiorati degli interessi legali. Ciò significa che, se un’azienda beneficia di un contributo pubblico ma fallisce o non rispetta i vincoli (ad esempio non completa l’investimento, o delocalizza, o non conserva i beni acquistati), può essere obbligata a rimborsare le somme che pensava di non dover restituire. In altre parole, il fondo perduto può trasformarsi in un debito da restituire allo Stato se vengono violate le condizioni concordate.

Un vantaggio per il debitore nei finanziamenti pubblici senza garanzie è l’assenza di costi di garanzia e l’allentamento del vincolo patrimoniale: l’impresa può ottenere liquidità senza impegnare beni né ricorrere a garanti terzi (spesso costosi o difficili da trovare). Tuttavia, i rischi comprendono: (i) la rigidità nella destinazione dei fondi (devono essere spesi esattamente per il progetto approvato, con obbligo di rendicontazione); (ii) il potenziale indebitamento verso lo Stato in caso di revoca o insolvenza, in quanto l’ente pubblico, pur non avendo una garanzia specifica, potrà agire per recuperare il credito anche tramite ingiunzioni e strumenti esattoriali; (iii) il possibile intervento della Corte dei Conti se l’agevolazione viene indebitamente percepita o non produce l’utilità pubblica attesa, con responsabilità amministrativa per danno erariale a carico degli amministratori nel caso di frodi o irregolarità.

Il Fondo di Garanzia per le PMI: ruolo e funzionamento

Il Fondo di Garanzia per le PMI merita un approfondimento specifico, essendo il perno centrale di moltissimi finanziamenti bancari senza garanzie reali in Italia. Istituito nel 1996 (L. 662/96) e gestito oggi da Mediocredito Centrale per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), il Fondo di Garanzia (FGPMI) ha la funzione di garantire una percentuale rilevante del credito concesso dalle banche alle imprese, sostituendosi alle garanzie reali normalmente richieste. In pratica, lo Stato fa da garante: se l’azienda non restituisce il prestito, il Fondo indennizza la banca per la parte garantita, e poi si rivale verso l’impresa debitrice (surroga nel credito). Questo meccanismo “pubblico” ha rivoluzionato l’accesso al credito per le PMI: come già notato, oltre il 99% delle imprese finanziate con copertura del Fondo non ha dovuto presentare garanzie reali proprie.

Come funziona in sintesi: l’impresa presenta richiesta di finanziamento a una banca (o consorzio fidi); la banca istruisce la pratica e contestualmente chiede al Fondo di concedere la garanzia statale sull’operazione. Il Fondo valuta l’ammissibilità in base a criteri predefiniti (dimensione PMI, settore, assenza di posizioni gravemente deteriorate, capacità economica sufficiente secondo un modello di rating interno). Una volta approvata, la garanzia copre una percentuale del prestito (di regola fino all’80% dell’importo, ma con variazioni: ad esempio 80% su investimenti e 50% su liquidità nel regime 2025; in passato, durante emergenze, si è arrivati al 90-100% su determinate operazioni). La garanzia non comporta erogazione di denaro da parte del Fondo – non è un contributo, ma un impegno a rimborsare la banca in caso di inadempimento. L’impresa quindi riceve il finanziamento dalla banca e paga le rate a quest’ultima; se tutto va bene, il Fondo non interviene mai. Se invece l’impresa diventa insolvente (mancato pagamento di diverse rate, deterioramento del credito), la banca attiva la procedura di escussione della garanzia statale: il Fondo paga alla banca la quota garantita (ad esempio l’80% del debito residuo) e subentra nei diritti della banca verso l’impresa per l’importo pagato.

Per l’impresa, i vantaggi di questa operatività sono chiari: può ottenere prestiti senza garanzie aggiuntive e senza costi per fideiussioni o polizze assicurative (che altrimenti sarebbero necessari). Inoltre, il Fondo spesso consente l’accesso al credito a imprese che sarebbero “non bancabili” in assenza di garanzia statale. Non sono previste, in generale, commissioni onerose a carico dell’impresa (salvo modeste una tantum reintrodotte dopo l’emergenza Covid per garanzie su alcuni prestiti). Il merito di credito dell’impresa viene “integrato” dalla presenza dello Stato come garante, riducendo il rischio percepito dalla banca.

Contabilità

Buste paga

 

Tuttavia, è importante che l’azienda comprenda anche le implicazioni e i doveri legati all’uso del Fondo di Garanzia, specie in situazioni di crisi:

  • Diligenza nella richiesta: ottenere una garanzia pubblica indebita fornendo false informazioni costituisce un illecito grave. Se l’azienda è in dissesto conclamato e lo occulta per ottenere nuovi finanziamenti garantiti, gli amministratori rischiano sanzioni (si veda oltre il reato di ricorso abusivo al credito). Mediocredito Centrale effettua controlli sui requisiti e può revocare la garanzia se scopre irregolarità o insolvenze pregresse non dichiarate.
  • Subentro del Fondo come creditore: dopo l’eventuale default dell’impresa e l’escussione della garanzia da parte della banca, il Fondo PMI diviene creditore dell’impresa per le somme pagate. Questo credito surrogatorio non è assistito da garanzie reali (a meno che originariamente la banca avesse garanzie reali, caso in cui lo Stato subentrerebbe anche in quelle). In genere, il credito del Fondo viene iscritto al chirografo nel passivo dell’eventuale procedura concorsuale. Da notare che, per alcune tipologie di agevolazioni, la legge attribuisce un privilegio al credito dell’ente pubblico: ad esempio, la Cassazione ha chiarito che il credito vantato dal Fondo PMI per aver pagato una banca può godere del privilegio di cui all’art. 9, co.5 D.Lgs. 123/1998 (relativo ai finanziamenti pubblici per lo sviluppo) anche se la banca originariamente era chirografaria. In pratica, il Fondo – essendo parte di un meccanismo pubblico di sostegno – potrebbe avere un rango di favore nel recupero, attraverso iscrizione a ruolo del credito e altre tutele legali.
  • Escussione di garanzie personali: se per ottenere il prestito la banca aveva comunque richiesto una fideiussione ai soci per la parte non coperta dallo Stato, in caso di insolvenza sia il Fondo che la banca (per la quota non garantita) potranno rivalersi sui garanti personali. Ad esempio, se il Fondo ha coperto l’80%, il socio fideiussore potrebbe essere chiamato a rimborsare il 20% residuo alla banca, mentre lo Stato (subentrato per l’80%) inseguirà la società o il fallimento per la sua parte.
  • Procedure di recupero pubblico: Il credito del Fondo PMI verso l’impresa inadempiente viene spesso affidato per il recupero all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia). Ciò significa che l’impresa potrebbe ricevere una cartella esattoriale pari all’importo escusso dallo Stato. La natura pubblicistica del credito comporta che lo Stato può attivare strumenti coattivi (fermo amministrativo, ipoteche legali, pignoramenti) in tempi relativamente rapidi, senza necessità di passare da un giudizio civile ordinario come farebbe una banca privata.

In definitiva, il Fondo di Garanzia offre un potente incentivo e una protezione per la banca (riducendone il rischio), ma non elimina l’obbligo di rimborso per l’impresa né la responsabilità degli amministratori. Una percezione errata da parte di alcuni imprenditori è che “tanto paga lo Stato, quindi se va male non succede nulla”: al contrario, l’assenza di garanzie reali non esonera dal debito. L’azienda rimane obbligata verso il Fondo per le somme garantite, e i suoi amministratori devono considerare con attenzione la sostenibilità di tali finanziamenti, perché continuare a indebitarsi grazie alla garanzia pubblica prolungando una situazione di insolvenza può costituire un abuso con possibili conseguenze civili e penali (come vedremo nella sezione successiva).

(Va ricordato infine che il Fondo di Garanzia non interviene direttamente nelle procedure concorsuali come attore attivo: esso non partecipa alle decisioni sul concordato né fornisce nuovi fondi – offre “solo” la garanzia sui finanziamenti bancari. Tuttavia, il suo ruolo è fondamentale perché molte ristrutturazioni aziendali hanno successo solo se accompagnate da nuova finanza garantita dallo Stato.)

Rischi e responsabilità in caso di crisi o insolvenza

Quando un’impresa inizia a manifestare segnali di crisi finanziaria (perdite rilevanti, tensioni di liquidità, difficoltà a pagare fornitori e rate dei debiti), l’utilizzo di finanziamenti senza garanzie reali va valutato con estrema cautela. Da un lato, ottenere nuova liquidità può offrire all’azienda una chance di risanamento; dall’altro, incrementare l’indebitamento in una situazione già compromessa può aggravare il dissesto e far emergere responsabilità giuridiche specifiche sia per la società debitrice sia per i suoi amministratori e garanti. Analizziamo i principali rischi e profili di responsabilità dal punto di vista del debitore in crisi.

Rischi per l’impresa debitrice

Sovraindebitamento e aggravamento del dissesto: Ricorrere a nuovo credito per un’azienda già squilibrata finanziariamente comporta il rischio di entrare in un circolo di sovraindebitamento. Se i fondi ottenuti non riescono a invertire la tendenza negativa (ad esempio perché servono solo a coprire perdite operative o debiti scaduti), l’effetto è di prolungare artificialmente la vita dell’impresa accumulando ulteriori debiti. In caso di successivo fallimento (liquidazione giudiziale), questi nuovi debiti peggiorano il passivo e riducono le percentuali di soddisfacimento per tutti i creditori. L’ordinanza Cass. Civ. Sez. III n. 1387/2023 descrive bene questo scenario: la società fallita, pur avendo registrato gravi perdite per anni, continuò a ottenere dalla banca un forte sostegno finanziario; ciò ritardò l’emersione del dissesto e portò a una maggiorazione del passivo al momento del fallimento. Dunque, per l’impresa, prendere nuovi finanziamenti in crisi senza un concreto piano di rilancio può tradursi in ulteriori debiti insoddisfatti e in una situazione finale peggiore per i creditori e l’attivo aziendale.

Perdita di agevolazioni e azioni di recupero: Come visto, se i finanziamenti ottenuti sono pubblici o garantiti pubblicamente, il default dell’impresa comporta la possibile revoca delle agevolazioni e aggressive azioni di recupero da parte degli enti garanti. L’impresa rischia non solo il fallimento ma anche di dover restituire contributi a fondo perduto di cui aveva beneficiato, vedendosi recapitare ingiunzioni per somme aggiuntive (interessi, sanzioni, ecc.). Ad esempio, un’azienda che aveva ottenuto un finanziamento a tasso zero da Invitalia e non lo rimborsa può trovarsi revocato anche il contributo e dover restituire tutto (capitale + interessi legali) al gestore pubblico. In un contesto concorsuale, questi enti pubblici saranno creditori concorrenti (spesso privilegiati per legge) e potranno insinuarsi al passivo.

Blocco dell’accesso al credito futuro e reputazione: L’insolvenza su un finanziamento senza garanzie reali viene segnalata nelle banche dati creditizie (Centrale Rischi di Bankitalia, CRIF, etc.) in modo analogo agli altri default. Ciò compromette la possibilità per l’impresa (o per i suoi esponenti, in caso di nuova attività) di ottenere ulteriori crediti in futuro. Inoltre, l’utilizzo improprio di fondi pubblici può danneggiare la reputazione aziendale e far perdere l’accesso ad altri bandi o agevolazioni: spesso i bandi prevedono che l’impresa non sia mai stata destinataria di provvedimenti di revoca per irregolarità, pena l’esclusione da nuovi aiuti.

Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 

Liquidazione o perdita del controllo in procedure concorsuali: Se l’aggravarsi del dissesto conduce a una procedura concorsuale (es. concordato preventivo o liquidazione giudiziale), l’impresa sostanzialmente perde l’iniziativa sul proprio destino. In liquidazione giudiziale (nuova denominazione del fallimento), il controllo passa al curatore e l’azienda viene liquidata per pagare i debiti. Nel concordato preventivo, l’impresa propone un piano ma sotto la stretta vigilanza del commissario giudiziale e con l’approvazione dei creditori e del tribunale. Insomma, arrivare a queste soluzioni significa che le scelte strategiche non sono più in mano agli amministratori originari; i finanziamenti ottenuti (senza garanzie) saranno trattati come debiti chirografari da ristrutturare o stralciare, con possibili perdite anche per i finanziatori pubblici/privati coinvolti.

Responsabilità degli amministratori (e soci garanti)

Sul fronte degli amministratori e degli organi sociali, la legge impone obblighi stringenti quando la società versa in crisi, e la giurisprudenza ha sviluppato principi chiari in tema di responsabilità per l’abusivo ricorso al credito. Gli amministratori di una società di capitali hanno il dovere di gestire con prudenza e nell’interesse dei creditori quando il capitale sociale risulta eroso o emerge uno stato di insolvenza. Continuare ad accumulare debiti nella speranza di risolvere la crisi può configurare responsabilità civile e penale a loro carico, in particolare se ciò provoca un ulteriore sbilancio patrimoniale.

Secondo la Cassazione (orientamento consolidato ribadito fino al 2024), ricorrere o continuare a ricorrere al credito dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza costituisce non solo un inadempimento civile ma anche un reato punito dalla legge. Già l’art. 218 della vecchia Legge Fallimentare sanzionava gli imprenditori e amministratori che aggravavano il dissesto ricorrendo a nuovo credito in modo fraudolento; oggi analoghe disposizioni sono ricomprese nel Codice della Crisi d’Impresa. In termini di responsabilità civile, la Cassazione ha riconosciuto che il curatore fallimentare può agire contro gli amministratori per i danni cagionati alla società dall’abusivo ricorso al credito. Se gli amministratori, pur consapevoli delle gravi perdite, hanno ottenuto nuovi finanziamenti che hanno ritardato il fallimento e aumentato il passivo, essi possono essere chiamati a rispondere verso la massa dei creditori. Si tratta della classica azione di responsabilità per mala gestio ex art. 2394 c.c. (creditori sociali) o ex art. 2486 c.c. (gestione oltre la causa di scioglimento), oggi promuovibile dal curatore ex art. 146 L.F. (ora art. 255 Codice della Crisi). Ad esempio, la Cassazione ha confermato il principio per cui la curatela è legittimata ad agire contro le banche finanziatrici e gli amministratori per il pregiudizio arrecato al patrimonio sociale dall’attività di finanziamento che ha aggravato la crisi. In parole semplici, se i dirigenti di una società in stato comatoso la tengono in vita a suon di prestiti (magari grazie a banche compiacenti o garanzie statali), e questo comportamento danneggia ulteriormente i creditori, dovranno risarcire il danno. Il danno tipicamente coincide con l’aggravamento del dissesto, ossia la differenza tra il deficit patrimoniale al momento in cui si sarebbe dovuto cessare l’attività e il deficit finale al momento del fallimento.

Oltre all’aspetto risarcitorio, c’è il profilo penale: se la continuazione dell’attività e la contrazione di nuovi debiti avviene con dolo (intenzionalmente) o almeno colpa grave, ad esempio nascondendo ai finanziatori la reale situazione dell’impresa, si può configurare il reato di bancarotta semplice o fraudolenta. La bancarotta semplice (ora art. 323 del Codice della Crisi) punisce, tra l’altro, l’aggravamento del dissesto per grave imprudenza, mentre la bancarotta fraudolenta (art. 322 CCI, ex art. 216 L.F.) punisce le operazioni dolose mirate a frodare i creditori. Un amministratore che occulta il dissesto per ottenere finanziamenti (ad esempio falsificando i bilanci o omettendo di rilevare perdite) potrebbe essere accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oltre che eventualmente di truffa ai danni dello Stato se i finanziamenti sono pubblici. Difatti l’erogazione abusiva di credito con la complicità dell’amministratore può diventare una fattispecie di reato: l’ordinanza Cass. n. 28320/2024 ha ribadito che concedere credito in modo incauto a un’impresa in crisi conclamata viola l’obbligo di prudenza e se fatto con dolo o colpa integra un illecito del finanziatore, obbligato a risarcire l’aggravamento del dissesto. Parallelamente, dal lato dell’amministratore che ha richiesto quel credito, si configura la condotta di ricorso abusivo al credito, rilevante ai fini sia civili sia penali.

Esempio pratico: Gli amministratori della Alfa S.r.l., in perdita da tempo, ottengono nel 2022 un nuovo prestito bancario da 500.000 € garantito dallo Stato, sperando di rilanciare l’attività. In realtà il denaro viene usato in parte solo per tamponare vecchi debiti e l’azienda continua a perdere. Nel 2023 Alfa fallisce: il passivo verso i creditori è molto maggiore di quanto sarebbe stato se fosse fallita nel 2021. In questo scenario, il curatore potrà avviare un’azione di responsabilità contro gli amministratori per aver aggravato il dissesto con indebitamento ulteriore (i 500.000 € sono andati perduti, peggiorando il buco). Inoltre, se emergerà che gli amministratori sapevano di essere insolventi già nel 2021 ma hanno dissimulato la cosa per ottenere il prestito nel 2022, potranno subire un procedimento penale per bancarotta (per aver proseguito l’attività in modo fraudolento). Contestualmente, la banca (che ha erogato il prestito) potrebbe essere trascinata in giudizio dal curatore per concessione abusiva di credito, qualora risulti che abbia finanziato incautamente una situazione palesemente compromessa.

Responsabilità dei soci garanti e degli altri obbligati: Un cenno va fatto anche alla posizione di eventuali soci o terzi che abbiano prestato garanzie personali (fideiussioni, avalli) sui finanziamenti dell’impresa in crisi. In assenza di garanzie reali, è prassi che le banche richiedano ai soci/amministratori di firmare fideiussioni omnibus a copertura del credito. Se l’azienda non rimborsa e fallisce, la banca (o il cessionario del credito) potrà escutere tali garanti personali, rivalendosi sul loro patrimonio privato. Dunque il socio garante, pur non essendo debitore principale, subisce le conseguenze dirette dell’insolvenza societaria, rischiando il proprio patrimonio personale (conti correnti, immobili privati pignorabili, etc.). Questo scenario è molto comune: i soci spesso perdono non solo il capitale investito nell’azienda, ma sono chiamati a pagare i debiti sociali in virtù delle garanzie di firma prestate. Unico limite per il garante può derivare da vizi della fideiussione stessa: negli ultimi anni molte fideiussioni bancarie standard (quelle conformi al cosiddetto schema ABI 2003) sono state dichiarate nulle in parte qua perché riproducevano clausole frutto di intese anticoncorrenziali tra banche. Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 41994 del 30/12/2021) hanno stabilito che i contratti di fideiussione che riproducono clausole censurate dall’Antitrust (es. clausole di “reviviscenza”, rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., ecc.) sono parzialmente nulli limitatamente a quelle clausole, salvo prova di una diversa volontà delle parti. Ciò significa che alcuni garanti sono riusciti a ottenere in giudizio l’annullamento di parti della fideiussione e, talvolta, a far cadere l’intera obbligazione di garanzia. Ad esempio, se la fideiussione omnibus firmata dal socio conteneva le tre clausole ABI incriminate, il giudice può dichiararle nulle; se tali clausole erano essenziali nell’economia del contratto, l’intera fideiussione potrebbe diventare inefficace, liberando il garante. La giurisprudenza più recente (Cass. 27243/2024) ha confermato l’impostazione della nullità derivata della fideiussione come applicazione dei principi antitrust. In pratica, per il socio garante c’è la possibilità di difesa se la garanzia è strutturata su moduli nulli, ma si tratta di battaglie legali complesse e non sempre dall’esito scontato (spesso si arriva a nullità solo parziale, con il garante comunque tenuto al pagamento del dovuto al netto delle clausole invalide).

Da ultimo, anche i soci finanziatori (quelli che hanno erogato finanziamenti alla società in crisi anziché ricapitalizzarla) vanno menzionati: la legge (art. 2467 c.c. per s.r.l. e art. 2497-quinquies c.c. per spa soggette ad altrui direzione) prevede che i crediti dei soci verso la società siano postergati (pagati dopo tutti gli altri creditori) se concessi in un momento in cui la società versava in eccessivo squilibrio o sottocapitalizzazione. Ciò scoraggia i soci dal comportarsi come creditori di sé stessi quando l’azienda è in dissesto. In più, se i soci prelevano rimborsi di quei finanziamenti poco prima del fallimento, il curatore potrà agire per far restituire le somme (revocatoria fallimentare). Quindi il socio che finanzia la propria azienda in crisi senza garanzie reali deve essere consapevole che il suo credito è di fatto l’ultimo ad essere pagato e che rischia di non rivedere mai quei soldi in caso di insolvenza.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Effetti nelle procedure concorsuali

Quando un’impresa indebitata ricorre a una procedura concorsuale per gestire la crisi (come il concordato preventivo, la liquidazione giudiziale/fallimento o la composizione negoziata della crisi), i finanziamenti ottenuti senza garanzie reali subiscono trattamenti particolari nell’ambito della procedura. È utile esaminare le principali implicazioni giuridiche di tali finanziamenti all’interno delle diverse procedure:

  • Concordato Preventivo: Nel concordato preventivo, l’impresa propone ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che può prevedere sia la continuazione dell’attività (concordato in continuità) sia la liquidazione del patrimonio (concordato liquidatorio) o formule miste. I finanziamenti chirografari (non garantiti da pegni/ipoteche) rientrano tra i debiti chirografari da trattare nel piano. In un concordato liquidatorio, normalmente i creditori chirografari ricevono una percentuale (es. X%) del loro credito e il resto viene esdebitato; questo vale anche per banche o enti pubblici che avevano finanziato l’impresa senza garanzie reali. Ad esempio, una banca che aveva concesso un prestito con sola garanzia del Fondo PMI diventerà creditrice chirografaria in concordato: potrà insinuarsi per l’intero importo residuo, ma riceverà il dividendo percentuale previsto dal piano per i chirografari (a meno che nel frattempo il Fondo non l’abbia rimborsata escutendo la garanzia – in tal caso sarà il Fondo ad insinuarsi in sua vece). Nel concordato in continuità, invece, i finanziamenti in essere potrebbero essere ristrutturati (allungati nei termini, parzialmente stralciati) per consentire la prosecuzione aziendale. La legge incentiva l’impresa in concordato a reperire nuova finanza per attuare il piano: a tal fine l’art. 99 del Codice della Crisi (ex art. 182-quinquies L.F.) consente di chiedere al tribunale l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (cioè con diritto di essere pagati prima degli altri crediti) durante la procedura, se funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori. Questi “finanziamenti ponte” possono essere concessi da banche anche senza garanzie reali, confidando sulla prededuzione: in caso di successivo fallimento, tali crediti verrebbero soddisfatti con priorità assoluta (art. 6 co.1, lett. a) CCI). È comunque necessario il vaglio del tribunale, che valuta la funzionalità del nuovo credito alla continuità aziendale e alla convenienza per i creditori. Se autorizzato, l’amministratore è esonerato da responsabilità per aver contratto il nuovo debito anche se poi la procedura dovesse sfociare in un fallimento. Questo è un punto importante: la normativa attuale crea un safe harbor per i finanziamenti autorizzati in concordato, proprio per incoraggiare l’afflusso di risorse fresche senza paralizzare gli amministratori con il timore di azioni di responsabilità.
  • Liquidazione Giudiziale (Fallimento): In caso di fallimento (ora detto liquidazione giudiziale), tutti i debiti dell’impresa vengono accertati e graduati secondo i privilegi di legge. I finanziamenti senza garanzie reali sono, per definizione, chirografari (salvo particolari privilegi legali come quello ex D.Lgs. 123/98 per il Fondo PMI menzionato prima). Ciò significa che verranno soddisfatti solo dopo aver pagato integralmente i creditori privilegiati (come dipendenti, Erario per IVA e ritenute, banche garantite da pegno/ipoteca se ce ne sono, etc.). In pratica, spesso ai crediti chirografari in fallimento spetta una percentuale esigua o nulla. Quindi, la banca che aveva finanziato senza collaterale e senza garanzia statale rischia di recuperare poco o nulla dal fallimento. Se invece vi era la garanzia statale, la banca viene rimborsata dal Fondo e questo si insinua al suo posto: il Fondo PMI, pur potendo vantare in alcuni casi un privilegio, rientra comunque nel novero dei creditori concorsuali e il suo recupero dipenderà dall’attivo disponibile. Nella liquidazione giudiziale, inoltre, scattano le azioni revocatorie per eventuali atti pregiudizievoli compiuti prima del fallimento: ad esempio, se l’impresa, nei sei mesi antecedenti il fallimento, ha rimborsato anticipatamente un prestito chirografario a una banca (senza giustificato motivo), il curatore potrebbe tentare di revocare quel pagamento come atto preferenziale (ex art. 164 CCI, già art. 67 L.F.), facendo tornare la somma nell’attivo fallimentare. Tuttavia, la legge esclude dalla revocatoria alcuni atti “virtuosi”: i pagamenti di finanziamenti effettuati in esecuzione di piani di risanamento attestati o concordati preventivi omologati non sono revocabili, e i finanziamenti prededucibili autorizzati dal giudice sono anch’essi esenti da revocatoria. Ad esempio, se una banca ha concesso un prestito in funzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCI e tale accordo è omologato, il rimborso di quel prestito non sarà soggetto a revocatoria, e anzi il credito eventualmente insoddisfatto in fallimento sarà prededucibile. In generale, la liquidazione giudiziale mira a cristallizzare la situazione: nessun nuovo debito può essere contratto dall’impresa dopo l’apertura (salvo quelli della massa fallimentare stessa). I finanziamenti ottenuti prima del fallimento senza garanzie reali diventano quindi debiti concorsuali chirografari; quelli ottenuti durante eventuali procedure interinali (es. amministrazione controllata o concordato con riserva, sotto autorizzazione) possono aspirare alla prededuzione.
  • Composizione Negoziata della Crisi: Introdotta nel 2021 e ora disciplinata nel Codice della Crisi, la composizione negoziata è una procedura volontaria e stragiudiziale (seppur con possibilità di misure protettive) volta ad aiutare l’imprenditore a trovare un accordo con i creditori con l’ausilio di un esperto indipendente. Durante la composizione negoziata, non vi è spossessamento: l’imprenditore resta alla guida dell’azienda e può compiere gli atti di gestione ordinaria e straordinaria. Questo include la facoltà di contrarre nuovi finanziamenti durante le trattative. Per rendere appetibili tali finanziamenti (che altrimenti, dato il contesto di crisi, i finanziatori concederebbero con riluttanza), la legge prevede che, su richiesta dell’imprenditore, il tribunale possa autorizzare la contrazione di finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 22 CCI. L’autorizzazione giudiziale conferisce due vantaggi cruciali: (1) il finanziatore ottiene la sicurezza che, se l’impresa finirà comunque in fallimento, il suo credito sarà soddisfatto in prededuzione (prima di altri crediti); (2) l’imprenditore viene protetto, in quanto l’aver assunto quel debito autorizzato non potrà essergli contestato come atto di mala gestio successivamente. Il tribunale concede tale autorizzazione solo se il finanziamento è funzionale alla continuità aziendale e tale continuità è verosimilmente utile per i creditori (miglior soddisfazione rispetto alla liquidazione). Ad esempio, se un’azienda in composizione negoziata ha bisogno di 200.000 € per eseguire un ordine importante che rilancerebbe l’attività, il tribunale può autorizzare un finanziamento prededucibile di quell’importo; una banca potrebbe erogarlo magari chiedendo comunque una minima garanzia (la prassi insegna che spesso i finanziatori, anche se protetti dalla prededuzione, richiedono comunque “garanzie reali nutrite”, come pegni su beni o crediti, per maggiore tutela). Se la composizione negoziata ha esito positivo, l’azienda eviterà la procedura concorsuale e il finanziamento sarà rimborsato nei termini pattuiti. Se invece le trattative falliscono, l’imprenditore può accedere ad altri strumenti, tra cui il cosiddetto concordato semplificato (introdotto per agevolare la liquidazione dell’azienda se la negoziazione non produce accordi). Nel concordato semplificato, comunque, eventuali finanziamenti ottenuti durante la composizione negoziata mantengono la prededuzione se erano stati autorizzati. Questo garantisce al finanziatore di recuperare prioritariamente, ad esempio attraverso il realizzo di beni nel concordato. In sintesi, la composizione negoziata offre all’imprenditore uno spazio per ottenere nuova finanza di salvataggio senza attendere l’apertura di una procedura concorsuale vera e propria, e con meccanismi di protezione sia per chi presta i soldi sia per chi li riceve in buona fede.

In tutti i casi sopra descritti, l’esperienza insegna che ottenere finanziamenti senza garanzie reali in fase di crisi è difficile senza un chiaro piano di ristrutturazione. I creditori finanziari non garantiti sanno di essere deboli in concorsuale (rischiano forti decurtazioni) e quindi, se non c’è di mezzo una garanzia statale o un titolo di prededuzione, sono restii a esporsi. D’altro canto, la legislazione concorsuale ha creato paletti per evitare abusi: finanziare un’azienda decotta può esporre a revocatorie o azioni di responsabilità (concessione abusiva di credito), mentre se il finanziamento è concordato istituzionalmente (es. autorizzato dal giudice) allora viene “benedetto” e protetto per incoraggiare esiti positivi. Per l’imprenditore/debitore, dunque, la chiave è agire con trasparenza e tempestività: se la crisi è reversibile, utilizzare gli strumenti di allerta e composizione (coinvolgendo magari il Fondo PMI per garantire nuovi prestiti emergenziali) può permettere di superare il momento difficile senza incorrere in responsabilità; se invece la crisi è irreversibile, continuare a prendere denaro senza garanzie reali (perché magari ancora disponibile) servirà solo a peggiorare le cose e ad ampliare il contenzioso successivo con banche, Stato e curatore.

Casi pratici e simulazioni

Di seguito presentiamo alcuni casi concreti e simulazioni che illustrano le dinamiche e conseguenze dei finanziamenti senza garanzie reali in situazioni di crisi d’impresa. Gli esempi servono a tradurre in pratica i concetti esposti finora, evidenziando rischi, possibili soluzioni e lezioni apprese.

Caso 1: Piccola impresa con prestito garantito dallo Stato che finisce in liquidazione – Beta S.r.l. (10 dipendenti, settore commercio) nel 2022 subisce un calo di fatturato ed entra in sofferenza finanziaria. Per pagare fornitori e imposte, ottiene a metà 2023 un prestito bancario di 200.000 € con garanzia 80% Fondo PMI (nessuna garanzia reale offerta). I soci non prestano fideiussioni per scelta della banca, dato l’elevato coverage statale. Purtroppo la situazione non migliora: Beta esaurisce la liquidità nel 2024 e presenta istanza di liquidazione giudiziale (fallimento). Conseguenze: La banca interrompe il fido e chiede al Fondo di escutere la garanzia. Il Fondo paga alla banca 160.000 € (80%) e la banca rimane creditrice per 40.000 € (20%). Nel fallimento, sia il Fondo (surrogato per 160k) sia la banca (40k residui) si insinuano come creditori chirografari. Supponiamo che dalla liquidazione i creditori chirografari ottengano un riparto del 10%: il Fondo recupererà 16.000 €, la banca 4.000 €, subendo rispettivamente perdite per 144.000 € e 36.000 €. Implicazioni giuridiche: Il curatore esamina l’operato degli amministratori; rileva che il prestito del 2023 ha solo ritardato di un anno il fallimento, senza un serio piano di rilancio. Se emerge che gli amministratori sapevano dell’irreversibilità della crisi già nel 2022, il curatore potrebbe citare in giudizio sia loro (per danno da aggravamento del passivo) sia la banca per concessione abusiva di credito. La banca potrebbe difendersi indicando la presenza della garanzia statale (che forse l’ha indotta a erogare con leggerezza); ciò però non la esime dall’aver finanziato un’impresa decotta. Gli amministratori, dal canto loro, rischiano anche un’accusa di bancarotta semplice se la loro scelta di indebitarsi ulteriormente sarà giudicata imprudente. I soci di Beta, non avendo firmato fideiussioni, non rispondono coi propri beni (oltre alla perdita del capitale sociale), ma subiscono comunque la perdita dell’azienda. Questo caso dimostra che il finanziamento con garanzia pubblica non salva un’azienda non più vitale e può lasciare strascichi legali per tutti gli attori coinvolti.

Caso 2: Start-up innovativa con incentivo pubblico revocato – Gamma S.r.l., start-up innovativa costituita nel 2021, ottiene nel 2022 un finanziamento Smart & Start da Invitalia: 500.000 € di cui 300.000 a tasso zero rimborsabile in 8 anni e 200.000 a fondo perduto. Non vengono richieste garanzie reali né personali ai giovani fondatori. Nel biennio successivo, Gamma però non riesce a sviluppare il prodotto innovativo previsto e finisce per utilizzare parte dei fondi in spese non autorizzate. La società di fatto non decolla e nel 2024 interrompe i rimborsi del mutuo. Conseguenze: Invitalia avvia un’istruttoria di revoca dell’agevolazione per utilizzo non conforme e inattività dell’impresa. Viene deliberata la revoca totale: Gamma deve restituire l’intero importo erogato (500.000 €) più interessi. Nel frattempo Gamma viene posta in liquidazione volontaria, non avendo risorse per proseguire. Non possedendo immobili né attrezzature di valore (era una start-up digitale), il liquidatore riesce a recuperare solo 50.000 € dalla vendita di software e arredi. Invitalia insinua il proprio credito nella liquidazione come privilegiato per legge (trattandosi di credito dello Stato da incentivo indebitamente goduto) e assorbe integralmente i 50.000 € disponibili, restando con un credito insoddisfatto di 450.000 €. Implicazioni giuridiche: Invitalia potrà rivalersi sui garanti? In questo caso non ci sono garanti personali, quindi l’eventuale recupero extra dovrà avvenire attraverso azioni di responsabilità. Se l’utilizzo non conforme dei fondi configura una malversazione (reato ex art. 316-bis CP) o indebita percezione di erogazioni (art. 316-ter CP), i soci-amministratori di Gamma potrebbero subire un procedimento penale. La Corte dei Conti potrebbe a sua volta citare gli amministratori per danno erariale, volendo recuperare il danno (450k) arrecato alle finanze pubbliche. Questo caso evidenzia che la mancanza di garanzie iniziali non significa mancanza di responsabilità finale: i contributi a fondo perduto possono dover essere restituiti e i beneficiari possono rispondere di fronte alla giustizia contabile e penale se violano i patti, anche senza garanzie in rem.

Caso 3: Impresa in concordato con nuova finanza prededucibile che favorisce il salvataggio – Delta S.p.A., azienda manifatturiera, nel 2025 presenta domanda di concordato preventivo in continuità perché in crisi di liquidità, pur avendo ordini e un core business ancora valido. Il piano di concordato prevede l’ingresso di un investitore a fine procedura, ma servono 1 milione di euro di liquidità immediata per onorare le consegne nei mesi di procedura. Delta identifica un istituto disposto a prestare 1M € a 18 mesi, senza garanzie reali, ma solo se tale credito sarà prededucibile. Il tribunale, valutata la funzionalità del finanziamento alla continuità e la fattibilità del piano, autorizza Delta a contrarre il nuovo finanziamento prededucibile. La banca eroga quindi 1M € su semplice fideiussione personale dell’imprenditore (aggiuntiva, per cautela, pur non essendo necessaria ai fini concorsuali). Il concordato di Delta viene omologato e va a buon fine: l’azienda continua l’attività, ripaga il finanziamento nuovo alle scadenze e quindi il credito prededucibile viene soddisfatto integralmente, mentre i vecchi creditori chirografari ricevono il 40% come da piano. Implicazioni giuridiche: In questo scenario positivo, gli amministratori hanno agito correttamente, utilizzando lo strumento dell’autorizzazione giudiziale per non incorrere in rischi di responsabilità. La banca ha concesso un finanziamento senza garanzie reali confidando nella priorità legale (prededuzione) e nella bontà del piano: ciò si è rivelato determinante per salvare l’impresa e ha permesso alla banca di essere rimborsata regolarmente. Il fideiussore (imprenditore) di fatto non è stato escusso perché l’azienda ha onorato il debito. Questo caso dimostra come, in un quadro regolato e supervisionato, i finanziamenti senza garanzie reali possano diventare un volano per il risanamento invece che un peso, a patto che vi sia trasparenza e pianificazione (nonché l’avallo dell’autorità giudiziaria nel concorso).

Tabelle riepilogative

Di seguito si riportano alcune tabelle riepilogative che sintetizzano i punti chiave trattati, per una facile consultazione e comparazione.

Prestito personale

Delibera veloce

 

Tabella 1 – Tipologie di finanziamenti senza garanzie reali e loro caratteristiche principali:

Tipologia strumento Erogatore/Ente Caratteristiche finanziarie Garanzie richieste Note e vincoli
Prestito bancario con garanzia Fondo PMI Banca commerciale, con garanzia statale MCC Fino a 5 mln € per impresa; tasso di mercato; durata variabile Garanzia pubblica fino a 80% (50% su liquidità); eventuale fideiussione soci per quota scoperta Niente ipoteche né pegni aziendali. Necessaria valutazione merito creditizio e approvazione Fondo.
Finanziamento bancario chirografario (no garanzie) Banca commerciale Importo limitato (in base a rating); tasso più alto (rischio) Nessuna garanzia reale; spesso fideiussioni personali dei soci richieste Tipicamente fido di cassa o prestito veloce. Elevato rischio per la banca, difficile ottenerlo se azienda già in crisi.
Mutuo “Nuove Imprese a Tasso Zero” (Invitalia) Invitalia (MIMIT) Durata fino 10 anni; tasso 0; copertura fino 90% spese di cui parte fondo perduto Nessuna garanzia reale/personale sul finanziamento agevolato (<250k €); fideiussione solo se anticipo su contributo Riservato a giovani e donne imprese <5 anni. Vincoli su spese ammissibili; assicurazione beni acquistati obbligatoria.
Resto al Sud (50% fondo perduto, 50% mutuo) Invitalia + Banca (MCC) Importo max 50k€ x socio (fino 200k€); mutuo a tasso 0 rimborsabile in 8 anni Nessuna garanzia reale; mutuo garantito 100% dal Fondo PMI (Stato) Solo per nuove attività in Sud e aree terremoto, under 56. Obbligo di mantenere attività 5 anni pena revoca contributo.
SELFIEmployment (microcredito) Invitalia (Garanzia Giovani) Prestito 5k–50k €; 0 interessi; 7 anni Nessuna garanzia reale o di firma Per NEET, donne, disoccupati. Richiede avvio attività entro 6 mesi.
Finanziamento SIMEST PNRR (es. digital export) SIMEST (Gruppo CDP) Importo variabile su progetto; tasso 0,85% circa; 25% a fondo perduto Nessuna garanzia richiesta al beneficiario Destinato a PMI per internazionalizzazione e transizione digitale. Controlli stringenti su utilizzo fondi (CUP, rendicontazione).
Finanziamento soci (in conto futuro aumento cap.) Soci o parti correlate Importo secondo necessità; di solito senza interessi (o postergato) Nessuna garanzia (trattandosi di rapporto interno) Postergato ex lege se dato in crisi (art. 2467 c.c.). Rischio di perdita totale se insolvenza. Utilizzato spesso per emergenze immediate.
Nuova finanza autorizzata in concordato/negotiation Banca o investitore terzo (durante procedura) Importo secondo piano concordatario; tasso di mercato o leggermente maggiorato (rischio) Di regola nessuna garanzia reale aggiuntiva (se prededuzione concessa) (il tribunale può tuttavia autorizzare anche garanzie reali sui nuovi finanziamenti) Prededucibile in eventuale fallimento (priorità di rimborso). Richiede decreto di autorizzazione tribunale (art. 22 CCI) con valutazione utilità per continuità.

Legenda: MCC = Mediocredito Centrale (gestore FGPMI); CUP = Codice Unico Progetto (identificativo fondi pubblici); c.c. = Codice civile; CCI = Codice della crisi d’impresa.

Tabella 2 – Riepilogo responsabilità e conseguenze in caso di insolvenza:

Soggetto Posizione Debitoria Responsabilità e conseguenze
Impresa debitrice Debiti verso banche, Stato, fornitori, ecc. – Risponde solo col proprio patrimonio (responsabilità limitata nelle società di capitali). – In caso di insolvenza, può essere soggetta a procedure concorsuali (concordato, liquidazione giudiziale). – Eventuali agevolazioni pubbliche vengono revocate se non rispettati i vincoli, con obbligo di restituzione fondi. – Perde proprietà dei beni in fallimento (liquidati a beneficio dei creditori). – Accesso al credito futuro compromesso da segnalazioni negative (Centrale Rischi, etc.).
Amministratori Debiti della società gestita (non personali, salvo garanzie) Dovere di gestione prudente e conservativa in crisi: se aggravano dolosamente o con colpa il dissesto (es. indebitandosi oltre il lecito), rispondono verso i creditori ex art. 2394 c.c. e simili. – Azione di responsabilità del curatore in caso di fallimento per danni da abusivo ricorso al credito. – Rischio di azioni penali per bancarotta semplice/fraudolenta se hanno occultato il dissesto o gestito in modo fraudolento (es. ottenere crediti con false informazioni). – Possibile citazione per danno erariale se la mala gestio causa perdita di fondi pubblici. – Esonero da responsabilità solo se nuovo indebitamento avviene con autorizzazione tribunale (es. finanziamenti prededucibili).
Soci finanziatori Crediti verso la propria società (finanziamenti soci) – Crediti postergati per legge: in fallimento saranno pagati dopo tutti gli altri (probabile inesigibilità). – Se rimborsati prima della crisi, possibili revocatorie (restituzione somme al fallimento). – Nessuna responsabilità diretta verso creditori sociali salvo abbiano ruoli di amministrazione o abbiano abusato della società (sottocapitalizzazione dolosa, ecc.).
Soci/terzi garanti personali (fideiussori, avallanti) Garanti di debiti sociali (es. fideiussione bancaria) Escussione sul patrimonio personale in caso di insolvenza dell’impresa: il garante deve pagare al creditore quanto non paga la società. – Dopo pagamento, il garante ha solo un credito di regresso verso la società, normalmente insoddisfatto in insolvency. – Possibilità di liberazione solo se la fideiussione viene dichiarata nulla (es. per clausole anticoncorrenziali), ma in generale rischio elevato di perdere beni personali (case, stipendi, ecc.). – Se il garante è un amministratore-socio, il pagamento può essere considerato apporto al patrimonio con eventuali riflessi (talora utilizzato per sanare posizione di altri creditori e ridurre proprie responsabilità).
Banca finanziatrice Creditore dell’impresa (senza garanzie reali) – Rischio di perdita economica elevato su crediti chirografari (in caso di default, recupero parziale o nullo). – Se ha agito in modo imprudente nel concedere credito a impresa insolvente, rischio di azione risarcitoria da parte del curatore per concessione abusiva di credito. – Potenziale danno reputazionale e verso azionisti per errata valutazione del merito creditizio. – Nel caso di garanzia statale, mitigate le perdite (ripianate dall’Erario), ma rimane eventuale profilo di responsabilità se il sostegno ha aggravato il dissesto.
Fondo di Garanzia (Stato) Garante surrogato (creditore post-escussione) – Subisce perdite se impresa insolvente (escussione > recupero in procedura concorsuale). – Ha titolo per azioni di recupero coattivo (iscrizione a ruolo, ecc.). – Può avviare denunce o segnalazioni se rileva irregolarità/frodi nella concessione del prestito garantito. – Il suo credito gode di eventuali privilegi speciali di legge, ma ciò non evita perdite in caso di fallimenti con attivo insufficiente.

(In Tabella 2 si riassumono le posizioni tipiche; casi specifici possono presentare ulteriori particolarità, ad es. nelle società di persone i soci rispondono personalmente dei debiti sociali, o in presenza di garanzie parziali ci sono riparti proporzionali tra garanti.)

Domande frequenti (FAQ)

  • D: Cosa si intende esattamente per “garanzia reale” e quali alternative esistono?
    R: Le garanzie reali sono quelle che vincolano beni specifici a garanzia di un debito (es. ipoteca su un immobile, pegno su titoli o macchinari). In pratica assicurano al creditore un diritto di prelazione su quei beni in caso di insolvenza del debitore. Le alternative alle garanzie reali sono le garanzie personali (fideiussioni, avalli, ossia l’impegno di un terzo a pagare) e le garanzie pubbliche (come la garanzia del Fondo PMI o di SACE). Vi è poi il caso in cui non vi siano affatto garanzie: il credito è allora “chirografario puro” e il finanziatore si basa solo sulla fiducia nel debitore. Nel contesto dei finanziamenti senza garanzie reali, spesso interviene una garanzia statale al posto del pegno/ipoteca, oppure la banca rinuncia a qualunque garanzia ma può chiedere una fideiussione ai soci. In sintesi, se manca la garanzia su beni dell’impresa, il creditore tutelerà il proprio rischio o tramite un garante (persona fisica o lo Stato) o applicando condizioni più onerose (tassi più alti, minore durata) per compensare l’assenza di collaterale.
  • D: La mia azienda non ha immobili da offrire: come può ottenere un finanziamento?
    R: Moltissime PMI senza immobili ottengono finanziamenti grazie al Fondo di Garanzia per le PMI, che copre fino all’80% dell’importo finanziato. In pratica, la banca eroga il prestito garantito dallo Stato e non chiede pegno o ipoteca all’azienda (eventualmente potrebbe chiedere una fideiussione per il restante non garantito). In alternativa, esistono i finanziamenti agevolati (Invitalia, bandi regionali, ecc.) dove l’ente pubblico eroga direttamente fondi senza richiedere garanzie reali, puntando sul progetto presentato. Inoltre, strumenti come il leasing non richiedono garanzie immobiliari (il bene acquistato in leasing resta di proprietà della società di leasing fino a riscatto, fungendo da garanzia implicita). Infine, per importi ridotti, vi sono i microcrediti: piccoli prestiti fino a ~50.000 € concessi senza garanzie reali, spesso assistiti da garanzia del Fondo PMI o dei Confidi locali. Quindi, la mancanza di asset da offrire non preclude l’accesso al credito, ma orienta verso specifici canali (garanzia pubblica, finanziamenti agevolati, microcredito, ecc.).
  • D: Cosa succede se un’impresa non rimborsa un prestito garantito dallo Stato?
    R: In caso di inadempimento (insolvenza) su un prestito garantito dal Fondo PMI, la banca può attivare la garanzia statale (escussione a prima richiesta): il Fondo rimborsa alla banca la percentuale garantita (ad es. 80%) e subentra nei diritti della banca verso l’impresa. A quel punto, l’impresa debitrice non è affatto “salva”, anzi deve restituire allo Stato quanto da esso pagato. L’obbligazione verso lo Stato può essere riscossa tramite iscrizione a ruolo (cartella esattoriale) se l’impresa non paga spontaneamente. Se l’impresa finisce in fallimento, lo Stato (Mediocredito Centrale per il Fondo) si insinua al passivo per l’importo dovuto e partecipa al riparto come creditore. In alcuni casi, il credito dello Stato ha un privilegio (ad esempio nei finanziamenti agevolati ex L. 123/1998), il che gli dà priorità sugli altri chirografari. In sostanza, per l’impresa cambia solo l’interlocutore del debito: invece di dover pagare la banca, dovrà pagare lo Stato. E il Fondo può rivalersi anche su eventuali fideiussori se presenti (spesso però nel caso del Fondo PMI il garante personale copre la parte scoperta, quindi banca e Fondo si dividono le escussioni). Inoltre, va considerato che il mancato rimborso attiva controlli: se emergono irregolarità (frode, false dichiarazioni per ottenere la garanzia), lo Stato può promuovere azioni legali contro i responsabili. Dunque, la garanzia pubblica non è uno “scudo” per non pagare, ma solo un meccanismo di mitigazione del rischio per la banca; il debitore finale rimane responsabile verso il garante.
  • D: Gli amministratori rischiano qualcosa sul piano personale se la società fallisce con debiti bancari o pubblici non garantiti da beni?
    R: Sì, gli amministratori possono rischiare azioni di responsabilità e anche conseguenze penali, come spiegato dettagliatamente. In particolare, se la società fallisce e il suo patrimonio non basta a pagare i debiti, i creditori (o il curatore) possono agire contro gli amministratori accusandoli di gestione imprudente o dolosa che abbia causato danni. Un caso tipico è l’aver continuato a fare operazioni (come indebitarsi ulteriormente) quando la situazione era già compromessa, aggravando così la perdita per i creditori: questa condotta configura l’abusivo ricorso al credito, che può far sorgere responsabilità civile risarcitoria. In parallelo, sul piano penale, se vi è stato dolo (ad esempio si è nascosto lo stato d’insolvenza o si sono distratti i fondi ottenuti in prestito), gli amministratori possono essere perseguiti per bancarotta fraudolenta o altri reati (come truffa ai finanziatori). Anche senza dolo, la bancarotta semplice punisce l’amministratore che, per incompetenza o negligenza grave, ha aggravato il dissesto (ad esempio ricorrendo a crediti dissennati). Quindi, pur non essendo di regola obbligati a pagare i debiti sociali col patrimonio personale (principio della responsabilità limitata), gli amministratori non sono affatto immuni: se il fallimento evidenzia condotte scorrette, possono dover risarcire milioni di euro e subire interdizioni o pene detentive. Naturalmente, se invece hanno operato con trasparenza, attivandosi per la composizione negoziata o il concordato tempestivamente e ottenendo magari autorizzazioni per i nuovi finanziamenti, allora il rischio di azioni contro di loro si riduce drasticamente.
  • D: Un socio che ha prestato fideiussione alla banca per un finanziamento sociale può evitare di pagare?
    R: Una volta che la società è inadempiente, la banca (o chi per essa) può legalmente escutere il fideiussore secondo i termini del contratto di garanzia. Quindi, in linea generale, il socio garante dovrà pagare al posto della società, salvo che disponga di valide eccezioni legali. L’unica strada per evitare il pagamento è dimostrare che la fideiussione è nulla o inefficace. Negli ultimi anni, alcuni garanti ci sono riusciti appellandosi alla giurisprudenza sulle fideiussioni bancarie conformi allo schema ABI 2003: tali schemi contenevano clausole (rinuncia ai termini ex art.1957 c.c., pagamento a prima richiesta, estensione a revocatoria fallimentare) che furono dichiarate frutto di intesa anticoncorrenziale. La Cassazione ha sancito che quelle clausole specifiche sono nulle e non producono effetti. In alcuni casi, giudici di merito hanno ritenuto che, venendo meno clausole essenziali, l’intera fideiussione sia nulla; in altri, hanno operato una nullità parziale (il garante rimane obbligato ma con esclusione di talune clausole gravose). Quindi, il socio potrebbe sollevare in giudizio l’eccezione di nullità parziale della fideiussione. Se vince, potrebbe non dover pagare nulla (se il contratto cade) o beneficiare di limitazioni (ad es. la banca non potrà chiedergli importi già pagati e poi revocati in capo alla società, grazie alla nullità della clausola di “reviviscenza”). Va sottolineato però che non tutte le fideiussioni rientrano in questo schema: se la garanzia è stata negoziata diversamente o fornita da un confidi, l’eccezione antitrust potrebbe non applicarsi. Inoltre, occorre attivarsi in giudizio: se il garante resta inattivo, la banca otterrà un decreto ingiuntivo e potrà agire sui suoi beni. In sintesi, il socio garante può tentare la carta della nullità in tribunale, ma deve prepararsi a una causa tecnica e dall’esito incerto. La prevenzione migliore è, a monte, cercare di limitare l’importo garantito o inserire clausole che prevedano la liberazione del garante al verificarsi di certi eventi (ad es. l’ammissione della società a una procedura concorsuale) – clausole che purtroppo raramente le banche accettano.
  • D: Se l’azienda ottiene un contributo a fondo perduto e poi chiude, deve restituirlo?
    R: Dipende dalle condizioni del bando, ma molto spesso sì, in tutto o in parte. I contributi a fondo perduto non sono “regali incondizionati”: sono vincolati al raggiungimento di certi obiettivi (realizzare l’investimento, mantenere l’attività per X anni, creare i posti di lavoro dichiarati, etc.). Se l’azienda chiude o fallisce prima del termine previsto, l’ente erogatore di norma dispone la revoca totale o parziale del contributo. Ad esempio, nei bandi Invitalia è tipico l’obbligo di proseguire l’attività per almeno 3-5 anni; se l’impresa cessa prima, scatta la revoca e l’azienda deve restituire il contributo percepito. Nella revoca vengono richieste anche eventuali agevolazioni fruite indirettamente (come esenzioni) e talvolta sono applicati interessi. Solo se l’azienda riesce a completare il progetto e a operare per il periodo minimo stabilito, il contributo diventa definitivamente acquisito e non va restituito. In caso di fallimento, la restituzione avverrà secondo le regole concorsuali: l’ente (Stato, Regione, Invitalia, etc.) si insinuerà come creditore e parteciperà al riparto; se il fallimento non paga abbastanza, può esserci anche un’azione per responsabilità verso gli amministratori per aver richiesto un contributo senza poi realizzarne gli scopi. Quindi, chi beneficia di un contributo pubblico deve considerare quel denaro come vincolato: per “guadagnarselo” a titolo definitivo deve rispettare le condizioni almeno fino alla scadenza del vincolo. Altrimenti, fondo perduto diventa debito da restituire. Eccezioni possono esserci in situazioni di forza maggiore o accordi transattivi con l’ente concedente, ma sono appunto eccezioni.
  • D: In crisi di liquidità, è meglio cercare nuovi finanziamenti o iniziare una procedura concorsuale?
    R: Non esiste una risposta valida universalmente – dipende dalla gravità della crisi e dalle prospettive di risanamento. Se la crisi è temporanea e l’azienda ha buone prospettive (es. ordini in crescita, problema di cash flow momentaneo), ottenere un nuovo finanziamento (magari garantito dal Fondo PMI o supportato da un investitore) può evitare di entrare in procedura concorsuale e preservare il valore aziendale. In tal caso, però, bisogna muoversi con criterio: predisporre un piano di risanamento credibile, magari attestato da un professionista ex art. 56 CCI, così da proteggere operazioni come nuovi finanziamenti e pagamenti (che in tal caso sono esenti da revocatoria). Se invece la crisi è strutturale o avanzata (insolvenza grave, perdite continue senza prospettive concrete di inversione), indebitarsi ulteriormente raramente aiuta – anzi espone amministratori e soci a responsabilità. In queste situazioni è preferibile attivare subito gli strumenti della crisis management: la composizione negoziata se si vuole tentare un salvataggio con l’assistenza di un esperto, oppure direttamente un concordato preventivo. Questi strumenti consentono di congelare temporaneamente le azioni dei creditori e magari ottenere comunque nuova finanza protetta (prededucibile) per traghettare l’azienda in bonis. Inoltre, avviare per tempo una procedura concordataria riduce il rischio di condotte distrattive o di aggravamento, mettendo l’azienda sotto una sorta di tutela legale. Al contrario, tirare avanti accumulando debiti e poi arrivare al fallimento “al buio” è la situazione peggiore. Quindi la regola potrebbe essere: nuovi finanziamenti sì, ma solo nel contesto di un chiaro percorso di ristrutturazione. Se i finanziamenti servono solo a guadagnare qualche mese di ossigeno senza un piano di rilancio, meglio fermarsi e negoziare coi creditori formalmente. Dunque, un imprenditore dovrebbe farsi assistire da un esperto appena la crisi affiora, per decidere se è più efficiente provare a finanziarsi ancora (magari con l’aiuto del Fondo PMI o dei soci) oppure procedere a una ristrutturazione del debito sotto l’egida di un accordo, di un concordato o altra procedura. La tempestività è fondamentale: la legge oggi impone agli amministratori di attivarsi con adeguati assetti organizzativi per intercettare la crisi (art. 3 CCI) e di non indugiare, pena conseguenze personali.
  • D: Un finanziamento ottenuto durante la composizione negoziata o il concordato è protetto se poi l’azienda fallisce?
    R: Sì, la normativa prevede che i finanziamenti autorizzati dall’autorità durante una procedura di risanamento abbiano uno status privilegiato, detto prededuzione. In particolare, se durante un concordato preventivo o una composizione negoziata il tribunale autorizza un nuovo finanziamento, quel credito sarà prededucibile ai sensi dell’art. 6 CCI e art. 22 CCI: significa che, se l’azienda dovesse comunque fallire dopo, quel finanziatore verrà rimborsato con priorità su tutti gli altri crediti concorsuali. Inoltre tali finanziamenti autorizzati sono generalmente esentati da revocatoria e non comportano responsabilità per chi li ha concessi o ricevuti (purché rispettate le condizioni autorizzate). Questo meccanismo serve a incentivare le banche a dare credito a imprese in procedura, senza temere che in caso di esito negativo perdano tutto. Attenzione però: perché ci sia prededuzione occorre la formale autorizzazione e la rispondenza ai requisiti di legge (finanziamento funzionale alla continuità/miglior soddisfazione creditori). Se un amministratore ottiene privatamente un prestito durante la crisi, senza autorizzazione, sperando di salvarsi, quel prestito non è automaticamente prededucibile e potrebbe anzi essere sottoposto a revocatoria o generare responsabilità. Dunque, per essere protetti, i nuovi finanziamenti devono inserirsi in un quadro di risanamento riconosciuto giuridicamente. Un esempio: l’azienda in composizione negoziata ottiene un prestito ponte da 100k€ con accordo dell’esperto e decreto del tribunale – se poi va in fallimento, quei 100k€ al finanziatore verranno rimborsati prima di altri debiti (se c’è attivo sufficiente), e nessuno potrà accusare l’amministratore di aver aumentato indebitamente il passivo perché quell’operazione era “benedetta” dal tribunale. Invece, un prestito fatto all’ultimo minuto prima del fallimento, magari per pagare fornitori critici, rischia di essere contestato e di non avere alcuna priorità nel recupero.

Fonti normative e giurisprudenziali utilizzate

Normative (Italia):

  • Codice Civile: art. 2394 (azione dei creditori sociali), art. 2467 (postergazione finanziamenti soci), art. 2486 (obblighi gestione dopo scioglimento), art. 1418-1419 (nullità contratti, per fideiussioni).
  • R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (vecchia Legge Fallimentare): art. 67 (revocatoria fallimentare), art. 146 (azioni di responsabilità in fallimento), art. 217 (bancarotta semplice, incl. aggravamento debiti), art. 218 (ricorso abusivo al credito, reato), art. 216 (bancarotta fraudolenta). (Abrogata e sostituita dal CCI).
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCI): art. 3 (obbligo assetti adeguati e rilevazione crisi), art. 6 (prededuzione finanziamenti autorizzati), art. 22 (finanziamenti durante composizione negoziata autorizzati dal tribunale), art. 56-64 (piani attestati e accordi ristrutturazione debiti), art. 90-91 (concordato preventivo, continuità), art. 161 (revocatorie fallimentari, oggi liquidazione giudiziale), art. 255 (azioni di responsabilità del curatore), artt. 322-323 (reati di bancarotta fraudolenta e semplice, trasposizione artt. 216-217 L.F.).
  • D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità) conv. in L. 5 giugno 2020 n. 40: art. 13 (potenziamento temporaneo Fondo Garanzia PMI, garanzia 90-100% Covid-19), art. 6 (finanziamenti prededucibili in omologa concordati/accordi).
  • Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022): proroga misure DL Liquidità fino al 30/6/2022, con introduzione commissione Fondo e tetto garanzia 80% da 2022.
  • D.L. 6 novembre 2021, n. 152 (Decreto PNRR) conv. in L. 233/2021: art. 2 istituisce Sezione Speciale Turismo FGPMI (garanzie PNRR turismo).
  • D.L. 18 ottobre 2023, n. 145 (DL “Fisco e imprese”, c.d. Fisco-Anticipi) conv. in L. 13 dicembre 2023 n. 175: proroga criteri semplificati accesso FGPMI fino al 31/12/2025, con percentuali 80% investimenti e 50% liquidità.
  • Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2 c. 100 (istitutiva Fondo Centrale di Garanzia PMI): base normativa del FGPMI; Decreto MISE 6 marzo 2017 e D.M. 13 maggio 2021: disposizioni operative aggiornate del Fondo (criteri ammissibilità).
  • D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185 (“Incentivi autoimprenditorialità”): Titolo I, Capo II disciplina “Nuove imprese a tasso zero” (Invitalia); Decr. Interm. 4 dicembre 2020 (MISE-MEF): aggiornamento criteri ON – Nuove imprese tasso zero; D.M. 24 novembre 2021: integrazioni risorse PNRR imprenditoria femminile.
  • D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123: art. 9 co.5 prevede privilegio generale per crediti dello Stato da finanziamenti agevolati revocati; applicato dalla Cassazione a FGPMI.
  • Regolamento (UE) n. 651/2014 (“GBER”) e Temporary Framework UE 2020-2022: normative UE sugli aiuti di Stato che hanno permesso erogazione fondi PNRR e garanzie Covid (citate per contesto, ad es. Temporary Crisis Framework 2022 menzionato da SIMEST).

Giurisprudenza (massime e sentenze):

  • Cass. Civ., Sez. I, 9 marzo 2020, n. 6508: riconosce al Fondo PMI (MCC) il privilegio ex art. 9 co.5 D.Lgs. 123/98 sui crediti da escussione della garanzia (finanziamento agevolato), superando interpretazione restrittiva di primo grado.
  • Cass. Civ., Sez. Unite, 30 dicembre 2021, n. 41994: fideiussioni omnibus conformi schema ABI 2003 – principio di nullità parziale per violazione antitrust, limitatamente alle clausole oggetto dell’intesa illecita (reviviscenza, 1957 c.c., ecc.). La nullità deriva dall’art. 2 L. 287/90 e comporta eliminazione delle clausole incriminate salvo diversa volontà parti.
  • Cass. Civ., Sez. III, 30 giugno 2021, n. 18610: legittimazione attiva del curatore fallimentare ad agire contro la banca finanziatrice per concessione abusiva di credito, a tutela del patrimonio della società fallita (danno da aggravamento dissesto). Confermata da orientamento successivo.
  • Cass. Civ., Sez. III, 18 gennaio 2023, n. 1387: sul ricorso abusivo al credito da parte degli amministratori. Ribadisce che il curatore può agire per i danni causati alla società dall’aver protratto indebitamente l’attività con il sostegno bancario. Distinzione tra danno al patrimonio sociale (azione curatore) e danno ai creditori specifici (azione individuale, non esercitabile dal curatore).
  • Cass. Civ., Sez. III, 4 novembre 2024, n. 28320: chiarisce presupposti dell’azione risarcitoria contro la banca per concessione abusiva di credito a impresa in crisi. Conferma che la condotta della banca che finanzi imprudentemente un’impresa insolvente viola l’obbligo di diligenza professionale e, se causa aggravamento del dissesto, la banca è tenuta a risarcire il danno immediato al patrimonio sociale. Richiama art. 218 L.F. (ricorso al credito come reato) e precedenti Cass. 9983/2017, Cass. 13413/2010.
  • Tribunale di Milano, Sez. Imprese, 20 marzo 2025, n. 2347: (in nota) applica i principi di nullità antitrust delle fideiussioni omnibus post Cass. SU 2021, ribadendo l’onere della prova a carico del garante sull’esistenza dell’intesa e circoscrivendo la nullità alle sole clausole oggetto di intesa (c.d. “nullità selettiva”). (Esempio di giurisprudenza di merito 2025 sulle fideiussioni omnibus.)
  • Cass. Civ., Sez. I, 5 maggio 2010, n. 11930: (Sez. Unite) in tema di finanziamenti pubblici revocati – pronunciata in materia di privilegi, ha fatto da apripista per riconoscere tutela privilegiata all’Erario in caso di revoca contributi (cit. in Cass. 6508/2020).
  • Cass. Pen., varie (es. Cass. Pen. 15 aprile 2016 n. 15654): confermano che la falsa attestazione per ottenere un finanziamento pubblico integra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato o indebita percezione di erogazioni, a seconda dei casi; la distrazione di un prestito garantito può concorrere nella bancarotta fraudolenta.

Molte imprese accedono a prestiti senza garanzie reali, ma in caso di crisi, il debito può diventare un problema serio, soprattutto se firmati fideiussioni personali o se il credito viene ceduto a società di recupero.
Fatti aiutare da Studio Monardo per tutelarti prima che sia troppo tardi.

🛡️ Come può aiutarti l’Avvocato Giuseppe Monardo

📂 Analizza il contratto di finanziamento e verifica la presenza di garanzie personali o clausole vessatorie
📑 Valuta la posizione dell’imprenditore, dei soci e dell’amministratore in caso di insolvenza
⚖️ Ti assiste nella ristrutturazione del debito o nell’accesso a strumenti di regolazione della crisi
✍️ Ti difende in caso di segnalazioni negative, decreti ingiuntivi o azioni giudiziarie da parte dei creditori
🔁 Ti segue nel percorso verso la composizione negoziata, il concordato minore o la liquidazione controllata

🎓 Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

✔️ Avvocato esperto in diritto bancario e crisi d’impresa
✔️ Difensore di imprenditori, amministratori e soci in procedure di insolvenza
✔️ Consulente per SRL, startup, ditte individuali e imprese familiari
✔️ Gestore della crisi iscritto al Ministero della Giustizia

Conclusione

I finanziamenti senza garanzie reali non sono esenti da rischi: in caso di crisi, puoi essere chiamato a rispondere anche con il tuo patrimonio personale.
Con un avvocato esperto puoi anticipare i problemi, tutelarti e rinegoziare i debiti prima del tracollo.

📞 Richiedi ora una consulenza riservata con l’Avvocato Giuseppe Monardo:



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura