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Conflitti e tensioni globali minacciano l’export italiano


L’Italia si trova esposta a conflitti e tensioni globali. Secondo un’analisi dettagliata condotta da Confartigianato, le attuali crisi mondiali, che spaziano dal Medio Oriente al conflitto russo-ucraino, passando per le crescenti frizioni tra India e Pakistan, potrebbero mettere a repentaglio un volume di esportazioni italiane pari a 61,4 miliardi di euro — circa il 10% del valore complessivo annuo, che si attesta intorno ai 620 miliardi.

A pesare ancora di più sul sistema produttivo nazionale è il tema dell’energia. Sempre secondo Confartigianato, il 40,7% dell’import energetico italiano dipende da 17 paesi coinvolti in guerre o in situazioni di instabilità politica ed economica. In termini assoluti, si parla di una cifra pari a 27,6 miliardi di euro, un valore che mostra la vulnerabilità dell’Italia rispetto a fattori esterni fuori dal proprio controllo diretto.

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Un export sotto pressione

Il made in Italy, universalmente riconosciuto per qualità, design e innovazione, si trova oggi a dover affrontare un clima internazionale che minaccia la continuità e la crescita dei mercati di sbocco. Ben 25 paesi verso cui l’Italia esporta regolarmente beni e servizi risultano oggi coinvolti in guerre o classificati come ad alto rischio geopolitico. Questi mercati assorbono insieme quasi il 10% del totale delle esportazioni italiane, una quota che, se compromessa, potrebbe produrre effetti a catena sull’intero sistema produttivo, in particolare sul tessuto delle piccole e medie imprese che rappresentano la struttura portante dell’economia nazionale.

Si tratta di realtà imprenditoriali spesso meno attrezzate per resistere a shock esterni di lungo periodo, e la cui competitività si basa anche sulla stabilità delle relazioni internazionali e sull’affidabilità delle catene logistiche e commerciali. Le tensioni attuali minano proprio questi presupposti, rendendo più complesso, e talvolta più costoso, commerciare in contesti dove l’incertezza politica si traduce in instabilità dei mercati, volatilità valutaria, restrizioni doganali e difficoltà nei trasporti.

I numeri dell’allarme energetico

Ancora più allarmante, secondo Confartigianato, è la situazione dell’approvvigionamento energetico. La dipendenza da fonti esterne non è una novità per il nostro Paese, ma la concentrazione dell’import da aree instabili accresce esponenzialmente i rischi. Dei 25 paesi considerati a rischio o coinvolti in conflitti, ben 17 sono responsabili di oltre il 40% dell’import energetico nazionale.

L’aumento dei costi dell’energia, causato da interruzioni nelle forniture o da politiche protezionistiche di paesi produttori, potrebbe avere un impatto diretto sui costi di produzione per le imprese italiane, con inevitabili riflessi sull’inflazione e sulla competitività dei prodotti italiani sui mercati globali. Il nodo energia, dunque, non è solo una questione ambientale o tecnica, ma una vera e propria priorità strategica che incrocia i temi della sicurezza nazionale e della politica estera.

La voce di Confartigianato: “Serve stabilità”

Il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, lancia un appello chiaro e deciso. Le parole del leader dell’associazione non lasciano spazio a dubbi sulla gravità della situazione. In un momento storico segnato da un numero crescente di conflitti, dai Balcani al Mar Rosso, passando per la crisi iraniana e le turbolenze in Asia Centrale, è necessaria — ribadisce Granelli — una strategia che coinvolga il governo italiano e l’Unione Europea nel promuovere dialogo, diplomazia e cooperazione internazionale.

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La questione, infatti, non riguarda solo l’Italia. L’interconnessione delle economie mondiali rende ogni crisi potenzialmente globale, ed è proprio questa rete intricata di interdipendenze a rendere urgente una risposta multilaterale. Tuttavia, la specificità della struttura produttiva italiana — caratterizzata da una forte vocazione all’export e da una significativa dipendenza energetica — rende il nostro Paese particolarmente esposto.

Rischi settoriali

Un’analisi più approfondita dei dati mette in luce la distribuzione settoriale e geografica dei rischi. I settori più esposti sono quelli della meccanica, della moda, dell’agroalimentare e dell’arredamento, tutti comparti d’eccellenza che trovano nei mercati internazionali una parte significativa della propria domanda. Per quanto riguarda le aree geografiche, i paesi del Medio Oriente e dell’Asia meridionale — in particolare India, Pakistan, Iran, Iraq e Turchia — rappresentano nodi cruciali tanto per l’export quanto per l’import di materie prime e risorse energetiche.

A questi si aggiungono ovviamente Russia e Ucraina, il cui conflitto ha già avuto effetti visibili sulla dinamica dei prezzi energetici, sull’inflazione e sulle politiche industriali dei paesi europei. La guerra ha ridisegnato le mappe commerciali e accelerato la necessità di diversificare le fonti energetiche, ma anche le rotte dell’export, con una corsa alla ricerca di nuovi mercati più stabili e sicuri.

Quali soluzioni per il sistema Italia?

Di fronte a uno scenario tanto complesso quanto fluido, Confartigianato invita a non subire passivamente i cambiamenti, ma a reagire con politiche proattive. Tra le proposte dell’associazione figurano il rafforzamento della diplomazia economica, investimenti mirati nella diversificazione dei mercati di sbocco, incentivi all’autoproduzione energetica per le imprese e maggiore integrazione tra le politiche industriali e quelle di sicurezza nazionale.



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