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Data center, perché all’Italia ne servono di più piccoli


I data center di grandi dimensioni, quelli che stanno proliferando nell’area del Milanese – e gli investimenti sono al rialzo anche in quella di Roma- non sono funzionali, o lo sono in minima parte, alle esigenze di sviluppo economico e industriale dell’Italia. E la concentrazione in pochissime aree rischia di impattare, e non poco, sulla gestione dell’approvvigionamento energetico considerato che di qui a qualche anno si assisterà a una domanda di energia senza precedenti. L’Italia può e deve giocarsi la partita, ma deve cambiare approccio. Questo in sintesi, il messaggio emerso in occasione dell’evento “Data Center, la strategia italiana per il new business”, organizzato a Roma dalle tre associazioni nazionali Anfov (per la convergenza nei servizi di comunicazione), Anci (dei comuni italiani) e Uncem (comunità ed enti montani) , evento in cui è stata tracciata una via alternativa.

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La triplice sfida italiana

L’Italia si trova davanti a una triplice sfida”, ha evidenziato il presidente di Anfov, Umberto de Julio.La prima è tecnologico-realizzativa: siamo molto indietro e quindi bisogna accelerare per soddisfare la domanda crescente di cloud, intelligenza artificiale e streaming. La seconda, non meno importante, è quella normativa, bisogna regolamentare a livello nazionale per non scoraggiare gli investitori”. Ma è su una terza inedita sfida che de Julio accende i riflettori: “È quella più strategica ed è quella architetturale, è sui piccoli data center che bisogna puntare, i cosiddetti edge data center dall’ingombro ridotto e più vicini all’utente finale. Non ci serve copiare dagli altri né andare continuamente a rimorchio, possiamo e dobbiamo trovare una nostra strada, una soluzione che sia funzionale alle nostre esigenze”.

Con gli edge data center meno consumi energetici

Secondo il presidente di Anfov i data center di piccola dimensione distribuiti capillarmente sul territorio possono rappresentare una chiave di volta per una lunga serie di ragioni. Tanto per cominciare consentono di far incontrare domanda e offerta poiché ci sono molti territori che hanno necessità computazionali ma non l’hanno a disposizione. Poi c’è la questione dell’impatto e della sostenibilità ambientale: più i data center sono piccoli meno energia consumano. E last but not least la realizzazione di piccoli data center mette in moto investimenti da parte anche di soggetti (imprese italiane dunque e non solo big company americane) che non possono permettersi di mettere in campo risorse ingenti ma che possono fattivamente contribuire allo sviluppo economico e industriale dei territori. Una ricetta win-win dunque “anche per il ripopolamento di molte aree in difficoltà e la creazione di nuova occupazione”, ha sottolineato de Julio.

Strutture abbandonate da riqualificare

In Italia inoltre è pieno di strutture abbandonate, a partire dai vecchi capannoni industriali un patrimonio edilizio sulla cui riqualificazione si discute da anni. Quale migliore soluzione se non destinare questi siti a ospitare piccole server farm? “La fruizione di certi spazi vuoti può garantire la riqualificazione delle risorse territoriali, spesso proprio in capo ai Comuni. La questione dunque è politica e strategica e non solo tecnologica”, ha detto il presidente d Uncem Marco Bussone. E il vice presidente di Anci, Stefano Locatelli, ha sottolineato che “i data center creano investimenti importanti sui territori ma è importante capire dove dislocarli. La Lombardia è all’avanguardia ma bisogna guardare anche ad altre aree altrimenti non ce la faremo ad affrontare le sfide crescenti né da un punto di vista della digitalizzazione né energetico”.

Legambiente si schiera a favore

Pienamente allineata sulla tesi anche Legambiente: “Ci si sta arroccando in aree (come quella della Lombardia, ndr) in cui la risorsa suolo è scarsa. Tanto per cominciare bisogna concentrarsi sugli spazi brownfield ossia abbandonati e da riqualificare e non andare a consumare suolo agricolo – ha sottolineato Damiano Di Simine, Responsabile Scientifico di Legambiente Lombardia -. Inoltre i data center rappresentano una grande opportunità per la reindustrializzazione dei territori. In Italia è pieno di aree dismesse e i Comuni non hanno capito che possono diventare protagonisti nella partita dei data center: potrebbero consegnare siti chiavi in mano a operatori nazionali interessati a beneficio dell’economia e dello sviluppo locale”. E ancora i data center dovrebbero entrare a far parte a tutti gli effetti dell’ecosistema energetico: “Spesso le aziende non investono in impianti fotovoltaici perché non sanno a chi rivendere l’energia in eccesso. Se ciascun territorio avesse il suo data center ecco che si incentiverebbero anche le energie rinnovabili perché si creerebbe nuova domanda di energia”.

Il piano delle in-house dell’Ict

Lavora ad un progetto tarato sulle pubbliche amministrazioni l’Assinter, l’associazione che riunisce le in-house Ict pubbliche. Il presidente Pietro Pacini, che oltre a presiedere l’associazione è direttore generale del Csi, il Consorzio per il Sistema Informativo, ha annunciato un progetto che va proprio in direzione dell’edge cloud federato che vuole essere complementare a quello portato avanti dal Polo Strategico Nazionale. “Le in-house attraverso investimenti pubblici hanno già realizzato e stanno continuando a realizzare infrastrutture su tutto il territorio nazionale peraltro certificate dall’Agenzia nazionale per la cybersecurity. In Italia ci sono 20mila pubbliche amministrazioni quindi bisogna iniziare a pensare a una strategia di prossimità nell’erogazione dei servizi. Inoltre così si può aumentare il valore dell’asset pubblico, che diventa davvero infrastruttura sovrana”.

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