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Salta l’ultimo incontro sulla direttiva Ue anti-greenwashing, è un caso il ritiro del sostegno italiano alle norme


E niente, appare sempre più scontato che l’Unione europea non avrà una direttiva anti-greenwashing. Per la felicità, tra gli altri, del governo italiano.

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Dopo un confronto durato due anni, dopo decine e decine di incontri a livello comunitario per mettere a punto, modificare, aggiungere, togliere, limare tutta una serie di norme che avrebbero dovuto garantire una maggiore trasparenza nelle comunicazioni delle aziende, a tutela di consumatori e ambiente, ecco l’ennesima non-sorpresa: pochi giorni dopo che il gruppo conservatore del Partito popolare europeo ha scritto una lettera alla commissaria Ue Roswall chiedendo il «ripensamento» o direttamente il «ritiro» delle norme sulle etichette e le pubblicità ingannevoli dal punto di vista dell’impatto ambientale e dopo un’altra manciata di ore da quando due portavoce della Commissione Ue hanno fatto sapere che a Bruxelles si stava ragionando sull’opportunità di continuare sulla strada imboccata nel 2023 con la “Green claims directive”, ecco che oggi il previsto incontro conclusivo prima del via libera al testo è stato cancellato.

Quando mancava poco all’orario stabilito per l’avvio dei lavori, l’agenzia di stampa internazionale Reuters ha mandato in rete un take per spiegare che l’Ue ha interrotto i negoziati sul progetto di legge che richiede alle aziende di fornire prove a sostegno delle loro affermazioni sul clima. Questo, dopo che la Commissione Ue ha dichiarato che le nuove politiche avrebbero rischiato di sovraccaricare le piccole imprese. Ha spiegato l’agenzia di stampa che un portavoce della Polonia, che detiene la presidenza di turno dell’Ue, ha dichiarato di aver deciso di annullare il ciclo di negoziati di oggi tra i Paesi comunitari e rappresentanti della Commissione per mancanza di chiarezza tra le posizioni in campo. «Stiamo premendo il pulsante di pausa», ha dichiarato il portavoce. «Ci sono troppi dubbi e abbiamo bisogno di chiarezza da parte della Commissione europea sulle sue intenzioni, in base alle quali potremo decidere i prossimi passi».

Ma non è una semplice pausa, quella impressa oggi. Né è chiaro se i negoziati riprenderanno mai. La direttiva anti-greenwashing, in sostanza, potrebbe ora semplicemente finire su un binario morto. Il motivo? Le norme previste dalla direttiva Green claims «sono in contrasto con il programma di semplificazione della Commissione», ha dichiarato un portavoce della Commissione. In particolare, sarebbe stato presentato un emendamento penalizzante per le piccole e medie imprese che, se restasse sul tavolo, non lascerebbe altra scelta a Bruxelles che ritirare l’intero testo. Ma è poco credibile che un simile emendamento possa raccogliere il favore della maggioranza dell’Europarlamento, che è di stampo conservatore. E èd ormai tutt’altro che un segreto che Bruxelles ha invece subito una serie di pressioni tendenti ad affossare la normativa nel suo complesso. Pressioni che sono arrivate soprattutto dai gruppi dell’Europarlamento di destra, Ppe ed Ecr in primis.

Del primo, per stringere lo sguardo alle vicende del nostro Paese, fanno parte gli europarlamentari di Forza Italia. Del secondo quelli di Fratelli d’Italia. E non è un caso se proprio questa mattina si è diffusa la notizia che il governo italiano ha ritirato il proprio sostegno alla normativa anti-greenwashing. Il che consente alla responsabile Clima ed energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla, di porre via social una domanda tutt’altro che peregrina: «Nel weekend, qualcuno a Roma ha trovato il tempo per ritirare il sostegno alla direttiva Ue contro il greenwashing, infliggendo un altro colpo alla legislazione. Vergognoso. Dobbiamo dedurre che Pichetto e ministero dell’Ambiente sono a favore del greenwashing?». Altrettanto duro l’attacco dell’europarlamentare del gruppo S&D, Sandro Gozzi, che nell’intervento ripreso dalle telecamere di TotalEu Production – con cui con cui greenreport ha attiva una collaborazione editoriale – parla apertamente di «attacco al Green deal» da parte dell’Italia che «cambia idea all’ultimo minuto».

In attesa di una poco probabile risposta, restano certe un paio di cose. La prima: a meno di un poco probabile colpo di scena, continueremo a trovare etichette ingannevoli con diciture tipo «neutrale per l’ambiente», «naturale», «con contenuto riciclato», senza ulteriori, precisi ed attendibili dettagli. La seconda: poco o nulla è cambiato rispetto a due anni fa, quando la Commissione Ue aveva deciso di lavorare alla direttiva anti-greenwashing dopo che aveva appurato che su circa 150 indicazioni sulle caratteristiche ambientali dei prodotti, la metà forniva «informazioni vaghe, fuorvianti o infondate». Poco o nulla è cambiato in meglio, s’intende.

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