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Medie imprese industriali: Italia supera Germania, Francia e Spagna in produttività, per il 2025 atteso aumento del 2,2% del giro d’affari


Vincono il confronto con le concorrenti tedesche e francesi performando meglio su fatturato e occupazione, seconde solo alle spagnole, ma sul fronte della produttività non hanno rivali: è la fotografia delle medie imprese italiane che esprime il volto più competitivo dell’industria manifatturiera tricolore. Si tratta di una realtà d’eccellenza del nostro capitalismo familiare composta da 3.650 aziende, prevalentemente operanti nei comparti del made in Italy, che in dieci anni, tra il 2014 ed il 2023, ha registrato un aumento del 31,3% della produttività del lavoro, del 54,9% delle vendite e del 24,2% dell’occupazione, correndo allo stesso ritmo delle colleghe nazionali di medio-grande dimensione (+55,3%) e più speditamente dei gruppi maggiori (+42,1%).

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Agricoltura

 

Per il 2025, le medie imprese prevedono di chiudere ancora in positivo con incrementi del 2,2% del fatturato totale e del 2,8% dell’export rispetto al 2024. Ma preoccupano la concorrenza low-cost – che interessa il 70% circa di queste imprese – il contesto geopolitico instabile e il caro energia. Restano ancora irrisolti altri due fattori limitanti ben noti: la pressione fiscale penalizzante per le medie imprese e il mismatch occupazionale, fardelli che potrebbero pesare sulla competitività. A frenare ulteriormente il potenziale delle medie imprese italiane si potrebbe aggiungere l’effetto dei dazi introdotti o minacciati dagli USA che sarebbe rilevante per il 30% circa di esse e, seppure con un impatto più contenuto, interessare un ulteriore 21,3%. Anche per questo il 52,6% di queste ambasciatrici del made in Italy auspica l’adozione di una politica commerciale europea contro la concorrenza sleale e il protezionismo di altri Paesi e il 31,2% una policy comune per la sicurezza energetica. Le medie imprese liguri seguono il trend nazionale. In Liguria, il 60% delle medie imprese è concentrato nell’area di Genova, dove realizzano un fatturato pari a 937 milioni di euro, corrispondente a circa il 61% del totale regionale.

È quanto emerge nel XXIV Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere presentati oggi a Genova. Le medie imprese rappresentano una componente strategica del tessuto produttivo nazionale: generano il 17% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 16% del valore aggiunto e il 14% sia delle esportazioni sia dell’occupazione complessiva.

(Tutta la documentazione è disponibile per il download sui siti: www.areastudimediobanca.com, www.unioncamere.gov.it e www.tagliacarne.it).

Il 2025 tra segnali di ripresa e sfide aperte

Dopo un 2023 e un 2024 segnati da una lieve contrazione del fatturato totale (rispettivamente -1,5% e -1,3%), ma con l’export in crescita (+0,1% e +2,5%), le aspettative per il 2025 appaiono cautamente ottimistiche. Le medie imprese prevedono  un aumento delle vendite totali del 2,2% e di quelle oltreconfine del 2,8%. In un contesto competitivo sempre più complesso, si delineano elementi di vulnerabilità che potrebbero compromettere la traiettoria di crescita. In un’analisi comparata tra medie e medio-grandi imprese, la principale criticità è rappresentata dalla concorrenza di prezzo: a lanciare l’allarme è il 69,9% delle prime e il 61,9% delle seconde. Il ribasso dei listini dei competitors è visto come un rischio concreto di tenuta sul mercato; al contrario la competizione sulla qualità dei prodotti sembra generare meno timori, coinvolgendo solo il 13,6% delle Mid-Cap e il 17% delle medio-grandi. Ciò è dovuto anche alla specializzazione delle prime in produzioni di nicchia a maggior valore aggiunto che le preservano maggiormente da tale rischio. A pesare sul clima di incertezza è anche l’instabilità geopolitica, indicata come secondo fattore critico dal 51,8% delle medie imprese e dal 56,5% delle medio-grandi.

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Contributi per le imprese

 

«Costi dell’energia e mismatch sono certamente un problema per le medie imprese industriali, che peraltro confermano anche quest’anno di essere un segmento altamente competitivo del sistema produttivo nazionale – ha detto Andrea Prete, pesidente di Unioncamere – speriamo che le incertezze del contesto internazionale non creino shock che penalizzino questi campioni del made in Italy».

«È dal post Covid che le medie imprese ravvisano la necessità di raggiungere una dimensione funzionale alla complessità del contesto. Si tratta di un obiettivo da perseguire con prudenza poiché comporta interventi organizzativi, manageriali e di governance, ma è certamente conforme ai nuovi scenari competitivi» – ha commentato Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area Studi Mediobanca.

Secondo Giuseppe Molinari, presidente del Centro Studi Tagliacarne, «Le medie imprese contribuiscono per il 45% all’export italiano e hanno una propensione ad esportare del 42%. Queste realtà produttive, con le loro elevate performance, sono la prova provata che quando il family business si organizza, anche dal punto di vista manageriale, e si apre alla competizione allargata, dà vita a un modello di successo per innovazione e produttività, anche nei confronti degli altri competitors”.

«Oggi le medie imprese sono per produttività, fatturato e occupazione la punta di diamante dell’industria italiana, in uno scenario internazionale ogni giorno più incerto e mutevole – ha, sottolineato Luigi Attanasio,  presidente della Camera di Commercio di Genova – per Genova e la Liguria la sfida è creare le condizioni perché le piccole e medie imprese di oggi possano crescere, consolidarsi e diventare il perno di un sistema economico equilibrato e competitivo. Per questo la Camera di Commercio di Genova ha scelto di investire in attività di promozione della cultura finanziaria e orientamento all’impresa in tema di internazionalizzazione, doppia transizione (digitale e sostenibile) e innovazione».

Attanasio rispondendo alle domande dei giornalisti ha sottolineato l’importanza dei collegamenti della regione con il resto del paese. «Noi – ha precisato – non abbiamo la continuità territoriale con il resto del paese, abbiamo un sistema autostradale che nella migliore ipotesi è vetusto, stiamo cercando di avere più connessioni aeroportuali, anche lì dobbiamo recuperare . Dobbiamo sperare che il Terzo Valico diventi una realtà, purtroppo arriveremo in un imbuto perché per attraversare la Lombardia ci mancano due binari. Li abbiamo chiesto per mari e per monti, ma bisogna fare uno sciopero della fame tutti noi liguri dicendo che basta, non mangiamo più finché non ci date due binari dopo Voghera fino a Milano».

Giovanni Mondini, presidente di Confindustria Liguria, ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra grandi imprese e pmi. «La grande impresa – ha spiegato – avrà sempre più bisogno di fornitori che abbiano certi criteri, di Esg e di sostenibilità, quindi la piccola impresa   per continuare a essere  importante fornitore della grande  deve adeguarsi. Da parte sua la grande deve, in una logica soprattutto di mentorship, di aiuto, lavorare per far capire alla piccola che deve adeguarsi a certi standard di livello, anche per questioni di sicurezza, che diventano sempre più importanti nel mondo del lavoro».

Quanto al problema dell’energia, «Se devo essere sincero, una soluzione nel breve e lungo termine non c’è. Perché? Perché è così. È evidente la nostra dipendenza dal gas, prima lo prendevamo dalla Russia, e costava meno, ora il gas non è più quello russo ma fondamentalmente dipendiamo sempre da un tubo. Quindi come diversificare? Con le fonti rinnovabili, però non possiamo andare ancora tutto a rinnovabili perché si devono adeguare le reti. Ci vuole del tempo. Il nucleare è sicuramente la risorsa, oggettivamente, che potrà dare la stabilizzazione in futuro, ma anche per questo ci vuole tempo. Nel frattempo dobbiamo andare avanti a rinnovabili e gas, cercando di portarci un po’ di più verso le rinnovabili che costano meno rispetto al gas, investendo però nelle reti. Non basta fare gli impianti eolici e solari , se poi non investi nelle reti. Chi ci rimette poi sono le pmi, perché le grandi aziende pagano anche loro uno scotto, ma possono fare contratti di lunga durata perché possono dare garanzie finanziarie per sottoscriverli, alle pmi nessuno dà l’energia per i prossimi 5 anni a un prezzo fisso perché non possono garantire finanziariamente. Quindi come al solito è un un problema che impatta su chi è più piccolo o è medio».

Per Giovanni Costaguta, presidente di Genova for Yachting, l’associazione della nautica professionale, «Dallo studio sicuramente emerge un tema anche a noi familiare, quello del reperimento delle competenze e di personale specializzato. Noi stiamo reagendo a questa problematica puntando sulla formazione, puntando su un portale che abbiamo allestito che si chiama Genova for Yachting nel quale le aziende fanno pubblicità per trovare nuove figure professionali. Per il comparto la stagione è stata positiva, si è lavorato molto e c’è una buona prospettiva per l’anno prossimo, resta qualche incertezza per i dazi, il mercato americano sicuramente crea qualche perplessità, ma i dazi ci toccano relativamente perché la produzione dei nostri ricambi è tutta fatta a livello europeo, quindi ce la gestiamo internamente. Per noi è più importante il tema della politica internazionale, delle guerre, che possono fare perdere o rischiare di perdere una fetta di mercato». Anche l’aumento del costo dell’energia non impatta in modo determinante sul settore: «Un po’ incide sulle materie prime, però la filiera della produzione è talmente lunga e si basa talmente tanto sulla mano d’opera che alla fine i prezzi non cambiano in misura particolare».

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per le imprese

 

Preoccupano più i problemi relativi agli spazi e alle infrastrutture: «Secondo noi sono state molto importanti sia la nomina del sindaco sia la nomina del commissario presidente dell’autorità portuale, perché mancavano gli interlocutori su temi sui quali bisogna fare passi avanti, gli spazi, le infrastrutture. Bisogna intanto che sia definito il piano regolatore portuale»

La sindaca di Genova Silvia Salis a margine della presentazione, ha spiegato che per quanto riguarda il Comune «Intanto cerchiamo di aiutare per quello che possiamo nella sburocratizzazione, questa chiaramente è una delle difficoltà che hanno la piccola media impresa, le realtà artigianali. Poi ovviamente dobbiamo creare una città sempre più attrattiva per i suoi servizi, perché è questo che serve alla piccola media impresa, una città con servizi che funzionano, una città che possa attrarre le persone e non respingerle e arginare il fenomeno dell’ allontanamento dei giovani che purtroppo a Genova è nelle statistiche e sotto gli occhi di tutti».

«Disponibilità e costi di energia e materie prime, posssibilità accesso al credito per le pmi – ha detto il consigliere regionale delegato allo Sviluppo economico Alessio Piana – sono tra i temi più importanti che necessitano di una politica industriale e regionale. Le Regioni possono fare la loro parte ricorrendo alle risorse comunitarie ma anche partecipando alla Conferenza Stato- Regioni dove possono portare le istanze dei territori . In generale, le singole Regioni possono operare utilmente facendo opera di mediazione tra realtà locali e realtà nazionale».



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