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Private equity effervescente in Italia, l’eccesso di regolamentazione, Golden Power in testa, ci rende meno competitivi. Lo dice AIFI


Il mercato del private equity italiano cresce, nonostante a livello globale si registrino segni di rallentamento, ma potrebbe fare molto di più, se a livello governativo si facesse uno sforzo di semplificazione, in particolare sul fronte della disciplina del Golden Power. E’ quanto è emerso ieri dalla riunione del Consiglio Direttivo di AIFI, riunitosi per analizzare i dati di andamento del mercato di private equity, venture capital e private debt italiano, confrontandolo con quello internazionale (si veda qui il comunicato stampa).

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Senza questa attività di semplificazione normativa, infatti, si legge nella nota diffusa ieri, si rischiano “il rallentamento delle operazioni di investimento e delle cessioni di partecipazioni” e “come effetto collaterale, la crescita esponenziale delle notifiche e della burocrazia”. Inoltre, prosegue la nota, “occorre poi limitare la sovra regolamentazione, considerando che il settore gode già di un inquadramento normativo specifico. È importante quindi che la normativa italiana ed europea rifletta le caratteristiche e le peculiarità delle asset class del private capital alla luce di una rinnovata attività di monitoraggio e analisi da parte degli organismi che vigilano sulla stabilità finanziaria del mercato”.

Il Consiglio direttivo aveva già sottolineato lo scorso febbraio il peso di una regolamentazione eccessivamente severa a livello europeo e aveva fatto già presente che In Italia, alle regole europee si sommano disposizioni nazionali di goldplating e una strana interpretazione del Golden Power, che sembra riguardare ogni attività di m&a internazionale e nazionale, con il risultato di rendere meno competitivo il nostro mercato.(si veda qui il comunicato stampa di allora). Ovviamente sul tema il governo ha un punto di vista diverso, come è emerso anche da alcune dichiarazioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, raccolte da BeBeez lo scorso novembre 2024 a margine del convegno organizzato da Mediobanca su “Golden Power tra diritto, mercato e politica industriale” (si veda altro articolo di BeBeez).

Una quadra però andrà trovata, perché, come ha precisato ieri il presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta: “Il mercato degli operatori di private capital richiede la flessibilità necessaria per intervenire in modo efficace a sostegno del mondo produttivo in questo momento di grande incertezza. È auspicabile evitare regolamentazioni che rallentano lo svolgimento delle operazioni”.

Detto questo, si diceva, guardando solo ai dati italiani, gli investitori restano comunque ben attivi, con un numero di operazioni che, secondo i calcoli dell’Osservatorio PEM attivo presso la LIUC Business School, della Università LIUC di Castellanza, in collaborazione con AIFI, è salito a 189 nei primi 5 mesi dell’anno, dalle 158 operazioni dello stesso periodo del 2024, grazie a 48 nuovi deal in maggio (da 30 nel maggio 2024 e 42 nel maggio 2023, si vedano qui il comunicato stampa e qui la tabella dei deal di maggio mappati dall’Osservatorio PEM ). Un dato, quello dei 5 mesi, che è in linea con quello preliminare che emerge da BeBeez Private Data, il database del private capital di BeBeez, da cui emerge anche che da inizio anno a oggi, quindi in sostanza nei primi sei mesi dell’anno, le operazioni sono state oltre 230, considerando investimenti, add-on compresi, e disinvestimenti che hanno come protagonisti investitori di private equity, intesi non solo come fondi, ma anche come holding di investimento e club deal.

Ricordiamo che lo scorso marzo, l’ultima edizione del Private Equity Monitor (PEM) aveva mostrato una risalita dei multipli di valutazione per le aziende target di operazioni di private equity, con il rapporto EV/ebitda mediano che si è attestato a 11,1 volte a fine 2024, dalle 10,5 volte del 2023 (si veda altro articolo di BeBeez). Il valore del multiplo EV/ebitda mappato dal PEM per il 2024 è il secondo più alto degli ultimi sei anni. Le edizioni precedenti del PEM indicavano infatti come detto 10,5 volte per il 2023, un picco di 12 volte per il 202210,3 per il 2021, 9,9 per il 20209,1 per il 2019 e 10,1 per il 2018. I dati 2024 sono calcolati dal PEM sulla base di 419 investimenti mappati, di cui 215 add-on (e di questi 42 su target estere), sebbene ovviamente solo per una parte di questi sia disponibile l’EV.

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I numeri del PEM sono un poco inferiori ma comunque in linea con quelli pubblicati lo scorso gennaio nel Report Private Equity 2024 di BeBeez (disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium BeBeez Private Data), che ha mappato un totale di 588 le operazioni di private equity annunciate o concluse nel 2024 in Italia, tra investimenti e disinvestimenti: di questo totale 206 sono investimenti diretti (da 168 nel 2023), mentre altri 289 (da 253) sono add-on (di cui 60 su target esteri, dai 46 del 2023), a cui si aggiungono poi 19 operazioni in club deal (da 42). il tutto quindi per un totale di 453 investimenti (da 417 nel 2023), al netto di investimenti in impianti di energia, di business combination con Spac e di operazioni di restructuring.

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il database del private capital di BeBeez, supportato dal fondo FSI

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