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Tecnologie emergenti, Italia 14esima nel ranking Harvard


Tecnologie emergenti come leva di influenza globale, autonomia strategica e crescita economica. Ma l’Italia, secondo il Critical and Emerging Technologies Index 2025 del Belfer Center di Harvard, fatica a tenere il passo dei leader globali e anche di alcuni partner europei. Il nostro Paese si colloca al 14° posto su 26 nazioni e blocchi regionali analizzati, dietro Germania, Francia e Regno Unito, ma davanti a Paesi come Spagna e Olanda.

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Un risultato “medio” che riflette la coesistenza di eccellenze scientifiche e ritardi sistemici. Il report individua margini di miglioramento nelle capacità di trasformare ricerca accademica in applicazioni industriali e propone azioni concrete per rafforzare l’ecosistema dell’innovazione.

AI, buone performance fra le tecnologie emergenti

Lintelligenza artificiale è uno dei settori dove l’Italia dimostra buone performance. Il nostro Paese figura tra i primi al mondo per numero di supercomputer (Cineca-Leonardo è il 7° globale), è attiva nei forum multilaterali e possiede un quadro normativo avanzato grazie al regolamento europeo sull’AI. Tuttavia, manca una leadership industriale: nessuna grande impresa italiana è presente nel campo dei modelli fondamentali (LLM o sistemi di visione), e le startup non riescono a scalare a livello internazionale.

Il report raccomanda la creazione di un Fondo Nazionale per la Crescita dell’AI, sul modello francese (Tibi) o tedesco (Zukunftsfonds), per investire in modelli di frontiera sviluppati da consorzi pubblico-privati, coinvolgendo università, supercomputer nazionali e grandi dataset industriali. È necessario anche rafforzare i programmi di dottorato, introdurre corsi di AI a tutti i livelli educativi e incentivare il rientro dei cervelli.

Biotecnologie, tanta ricerca ma poca innovazione

Nel biotech l’Italia produce molta ricerca di qualità, ma fatica a trasformarla in brevettazione e prodotti commerciali. Il finanziamento pubblico e privato è significativamente inferiore rispetto a Germania e Francia. Inoltre, il quadro normativo restrittivo (ban su Ogm e terapia genica) limita lo sviluppo di tecnologie chiave, mentre i percorsi di approvazione rimangono complessi.

Tra le proposte: zone regolatorie speciali per sperimentazioni biotech (come il Bioindustry Park in Piemonte o Mirandola), incentivi fiscali alla R&D e un programma di appalti pubblici basato su esiti di commercializzazione. Serve inoltre una revisione bipartisan delle restrizioni etiche oggi vigenti.

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Semiconduttori, molte Pmi ma pochi big player

Il settore dei semiconduttori è tra quelli in cui l’Italia mostra una presenza significativa, grazie a un’ampia base di Pmi e joint venture internazionali come STMicroelectronics. Tuttavia, mancano grandi attori nazionali nel design di chip avanzati, nella produzione sub-10nm e nei segmenti Eda e testing.

Il piano Chips.IT, sostenuto dal Pnrr, è un passo importante ma non sufficiente. Il report propone un fondo catalizzatore per le Pmi strategiche, programmi di formazione mirati (coinvolgendo Politecnico di Milano, Torino e Università di Pavia), oltre a incentivi per attrarre investitori esteri e co-investimenti da parte di imprese italiane come Enel, Leonardo o Tim.

Quantum, poche risorse per una delle tecnologie emergenti più studiate

Nel quantum computing, l’Italia ha un ottimo ecosistema accademico ma una drammatica carenza di investimenti, pari a meno del 10% dei fondi pubblici francesi e tedeschi. Il Paese partecipa a programmi Ue come EuroQci ed EuroHpc-JU e vanta realtà emergenti come Qti, ma manca una strategia nazionale integrata, un cloud quantistico pubblico e un programma educativo strutturato.

Le raccomandazioni puntano su un hub nazionale per l’innovazione quantistica, con accesso alle infrastrutture per startup e università, un fondo di venture capital sovrano, co-investimenti da parte dei grandi gruppi industriali, e la creazione di corsi di laurea e dottorato dedicati.

Spazio, potenziale altissimo ma troppo pubblico

Il settore spaziale italiano ha una lunga tradizione: dal San Marco I al contributo alla ISS, passando per Leonardo e Thales Alenia Space. Ma l’investimento privato resta molto basso: l’88% dei fondi arriva dallo Stato, contro percentuali ben più bilanciate in Francia o Germania.

L’Italia deve rafforzare la partecipazione industriale, supportare startup difesa-oriented con incentivi e ridurre ostacoli burocratici come gli alti costi assicurativi. Inoltre, deve rivendicare un ruolo da protagonista nel programma Iris2 per garantire un’alternativa europea a Starlink, coinvolgendo le imprese italiane nella produzione e nei servizi.

Il nodo della governance: serve una regia centrale

Una delle lacune principali individuate da Harvard è l’assenza di un’agenzia nazionale dedicata all’innovazione ad alto rischio, sul modello di Sprind in Germania o Diu negli Stati Uniti. L’attuale frammentazione tra ministeri, Cdp Venture, Pnrr e altri enti genera duplicazioni e inefficienze. Il report propone la creazione di una Italian Emerging Technology Agency (Ieta), eventualmente come spin-off dell’unità deep tech di Cdp.

Questa agenzia dovrebbe garantire flessibilità, velocità e collaborazione tra accademia, industria e settore pubblico, con strumenti adeguati a supportare innovazioni dirompenti e dual-use.

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