Il Consiglio dell’Unione europea e l’Europarlamento hanno raggiunto un accordo politico per istituire un quadro riformato di gestione delle crisi e assicurazione dei depositi (CMDI) per le banche nell’UE. I colegislatori finalizzeranno ora il testo giuridico a livello tecnico. Entrambi i legislatori adotteranno quindi formalmente il nuovo quadro normativo prima che diventi legge.
Atteso da tempo, l’accordo raggiunto mercoledì 25 giugno prevede una riforma volta a migliorare il processo di risoluzione per le piccole e medie banche, consentendo loro di accedere a reti di sicurezza finanziate dal settore come ulteriore strumento di finanziamento della risoluzione. L’accordo segna un ulteriore passo verso il completamento dell’unione bancaria dell’UE.
“Affinché l’Europa possa rafforzare la propria competitività, abbiamo bisogno di un settore bancario europeo stabile, affidabile e resiliente”, ha affermato in una nota il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domański, il cui Paese detiene fino al 30 giugno la presidenza di turno del Consiglio UE.
In una nota del Consiglio UE, il ministro ha sottolineato che “questa riforma del quadro di gestione delle crisi e di assicurazione dei depositi (CMDI) offre una protezione aggiuntiva a contribuenti e cittadini dalle conseguenze del fallimento delle banche”.
Per Domański, “un settore bancario più forte è una vittoria per tutti: i mercati finanziari, le nostre imprese e i nostri cittadini”.
In sintesi, l’accordo odierno agevolerà l’accesso delle banche in difficoltà alle reti di sicurezza finanziate dal settore, ovvero i fondi di risoluzione nazionali e, nell’Unione bancaria, il Fondo di risoluzione unico (SRF), per finanziare la loro risoluzione e l’eventuale uscita dal mercato.
Questo approccio è definito come l’utilizzo dei fondi di garanzia dei depositi per “colmare il divario”, ovvero l’utilizzo di tali fondi per integrare le riserve di assorbimento delle perdite di una banca in difficoltà, costituite da fondi propri e passività convertibili (MREL), che garantiscono che le perdite siano sostenute in primo luogo dagli azionisti e dai creditori della banca.
Di conseguenza, le banche con un MREL insufficiente al momento della risoluzione possono, come ultima risorsa, ricorrere ai Sistemi di garanzia dei depositi (DGS) o ai fondi di risoluzione (o al Fondo di risoluzione unico nell’Unione bancaria) per finanziare la propria risoluzione senza ricorrere al bail-in dei propri depositanti.
Per salvaguardare la stabilità finanziaria e mantenere la disciplina di mercato, i colegislatori hanno concordato che l’accesso a queste reti di sicurezza finanziate dall’industria sarà soggetto a rigide misure di salvaguardia, assicurando che il MREL resti la principale linea di difesa e che il rischio morale sia ridotto al minimo.
Valutazione dell’interesse pubblico
Come sottolinea il Consiglio UE in una nota, una procedura di risoluzione può essere avviata solo se ritenuta di interesse pubblico. In questo contesto, il nuovo quadro CMDI chiarisce le modalità di svolgimento dell’attuale valutazione di interesse pubblico (PIA) da parte delle autorità di risoluzione.
Amplia anche i criteri che privilegiano la risoluzione rispetto alla liquidazione quando quest’ultima garantisce una maggiore stabilità finanziaria e la tutela dei depositanti. Ciò aumenta le probabilità che una banca ottenga una PIA positiva, ma garantisce che la liquidazione rimanga l’opzione predefinita per la gestione delle banche in dissesto nella maggior parte dei casi, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni.
La nuova legislazione prevede inoltre che, nel valutare l’impatto negativo sull’economia reale, l’autorità di risoluzione debba concentrarsi sia sul livello nazionale che su quello regionale, tenendo conto del potenziale impatto di alcune banche di piccole e medie dimensioni.
Test del costo minimo
La normativa aggiornata prevede poi un approccio armonizzato per l’esecuzione del cosiddetto “test del costo minimo” al fine di determinare se una banca possa utilizzare le risorse del DGS anziché ricorrere ad altre misure come la liquidazione tramite una procedura di insolvenza. La normativa garantisce anche che l’utilizzo dei fondi del DGS non possa superare l’importo dei depositi coperti detenuti dalla banca in questione.
Il testo concordato mantiene l’attuale preferenza per il rimborso dei depositanti protetti dal DGS in prima istanza, e un secondo livello per i depositi di famiglie e PMI non coperti dal DGS. Secondo il comunicato diffuso dal Consiglio UE, questo ordine di preferenza migliorerà la tutela dei depositanti e contribuirà a preservare la fiducia nel sistema bancario, garantendo al contempo la continuità operativa.
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