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IL PONTE TRA INNOVAZIONE E CAPITALE INTERVISTA A VALERIA SASSI, CEO DI INNOVATECH – StartUp Magazine


In questa intervista, Valeria Sassi, CEO di Innovatech, racconta la nascita e gli obiettivi dello Startup Program, l’iniziativa da lei ideata per supportare startup e scale-up nell’accesso ai capitali e alla crescita commerciale. Un viaggio tra finanza, innovazione e networking per accelerare il futuro delle imprese italiane.

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Alessandra D’Amato: Valeria, ci racconta com’è nata l’idea dello Startup Program e quale esigenza di mercato ha voluto colmare?

Valeria Sassi: Lo Startup Program nasce per affiancare start up innovative nel percorso di espansione che vede la loro trasformazione in Scale up.

Il processo di scouting è il primo passo verso il successo del Programma. Non tutte le Start up possono necessariamente dimostrare un potenziale, per progetto o per lungimiranza dell’imprenditore, che ci permette di scommettere su di loro e quindi sul rendimento atteso del progetto, calcolato almeno nei primi 5 anni di vita.

Non abbiamo limitazione di settori ma l’unica discriminante è che siano aziende che possano ambire ad un percorso importante di crescita.

I settori che privilegiamo sono quelli a forte contenuto tecnologico, tecnologia anche correlata ad un forte miglioramento in settori già strutturati.

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Lo Startup Program nasce con questo obiettivo; una due diligence attiva che accompagna gli startupper in tutte le fasi di crescita, dalla raccolta di capitali allo sviluppo del volume di affari desiderato.

Ovviamente il nostro business model nasce e si alimenta tramite l’osservazione empirica dei risultati attesi conseguiti nei 10 anni di investimenti nelle start up innovative. L’ecosistema oggi si sta adeguando all’innovazione, nonostante la “solitudine delle normative” c’è una grossa attenzione scritta che va però applicata e implementata. I settori più innovativi non vengono capiti dal ceto bancario, per esempio, e quindi devono necessariamente ruotare nei tavoli tecnici di investitori lungimiranti.

Il successo dello Startup Program è proprio l’affiancamento agli startupper. Oggi la difficoltà è applicare l’idea e tararla per renderla efficiente almeno nei 5 anni del Business Plan. Anche l’ingresso di capitali, e soprattutto il successivo utilizzo, non è cosa semplice. Bisogna avere la capacità di individuare in maniera stratificata le risorse necessarie per mettere a terra i primi investimenti e quindi iniziare a scalare in termini di volume di affari. Difficilmente una start up ha necessità di raccogliere 5 milioni subito, a meno che non sia correlata ad una tecnologia totalmente rivoluzionaria in ambiti chiave dell’economia. Pertanto, saper stratificare l’ingresso di risorse è già un passo importante per lo stato di salute della start up nel tempo.

Tutto ciò è racchiuso nelle fasi operative dello Startup Program.

Alessandra D’Amato: Come definirebbe oggi il ruolo di Innovatech nel panorama dell’innovazione?

Valeria Sassi: Il sottostante alle Innovazioni è oggi la velocità di adeguarsi al cambiamento. Impossibile che oggi il processo di cambiamento in atto registri una battuta di arresto. Anzi, continuano a cambiare i contesti. Pensiamo di utilizzare una innovazione e invece dopo un mese è già obsoleta.

I giovanissimi vanno accompagnati verso le innovazioni. Bisogna tornare ad incuriosirsi, a guardare l’ambiente circostante perché si innova studiando i bisogni e individuando le soluzioni ad essi connessi. E oggi le innovazioni sono una certezza e si confermano come uno dei principali motori dell’economia italiana.

L’innovazione però va spiegata e va messa a terra abbandonando le visioni auliche e scendendo nella pratica dei numeri e nel guadagno. Spesso gli startupper sottovalutano l’applicazione dell’idea nell’ambito del profitto e della generazione di valore. Uno dei primi passi è l’identificazione puntuale del revenue model affinché’ sia di chiara applicabilità e rassicuri gli stakeholder sul rendimento atteso degli investimenti. Lo Startup Program ha pertanto il fine “non aulico” di contribuire al successo dell’idea in termini di fatturato atteso e rendimento nel medio-lungo periodo

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Alessandra D’Amato: Qual è la sua visione a lungo termine per il sostegno alle startup italiane?

Valeria Sassi: Innovatech fa un lavoro stupendo, si affianca agli startupper in un percorso di crescita ed espansione attraverso lo Startup Program. Oggi lo startupper non è solo il ventenne che ha avuto una intuizione; lo è, e forse anche di più, il sessantenne che, nonostante abbia vissuto una vita lavorativa e personale totalmente differente dai tempi attuali, ha saputo adeguarsi al cambiamento innovando. Oggi la sfida è avere un orizzonte di medio lungo periodo. Non è semplice pensare a come rendere l’idea applicabile nel tempo dando per scontata la naturale obsolescenza tecnica imperante. Un’idea di successo oggi è molto probabile che non sia più applicabile nel giro di un anno. È necessaria la velocità di applicazione; gli startupper devono cavalcare l’onda diventando imprenditori in brevissimo tempo. E questo è l’aiuto che diamo sulla base della nostra esperienza imprenditoriale. La maggior parte delle aziende in crisi oggi lo sono perché non sono state in grado di adeguarsi velocemente al cambiamento reinventandosi.

Non c’è un concetto di ius soli nell’innovazione tecnologica, i processi non si adeguano per effetto statico della tecnologia per cui serve una sensibilizzazione al cambiamento per il tramite dell’apporto umano sull’applicazione della tecnologia nel medio lungo termine.

Alessandra D’Amato: Può spiegarci nel dettaglio in cosa consiste lo Startup Program?

Valeria Sassi: Lo Startup Program prevede 6 Fasi volutamente consequenziali: Fase 1 di validazione del progetto imprenditoriale, fase 2 e 3 di raccolta di capitali di debito, fase 4 di raccolta di capitali di rischio, fase 5 di sviluppo commerciale, fase 6 di private equity research.

Lo Startup Program è pertanto un processo brevettato che parte dalla validazione del progetto imprenditoriale, disegnandone i confini strategici e il percorso di espansione almeno lungo i 5 anni del BPLAN.  Fase fondamentale per l’avvio delle interlocuzioni con gli stakeholder del progetto. Le fasi successive prevedono un mix di raccolta tra debito bancario e capitali di rischio per mettere a terra i primi investimenti correlati alla crescita. Oggi tutto deve essere pianificato e programmato. Anche spendere soldi è un tema e va gestito. Il nostro Business model tranquillizza tutte le controparti: l’imprenditore non si espone troppo né come indebitamento né come apertura della compagine sociale; il ceto bancario è tranquillizzato dalla due diligence fatta da noi, i fondi si rasserenano con una delibera positiva del ceto bancario.  La concatenazione degli strumenti rende il processo di sviluppo rassicurante e perfettamente disegnato sulle esigenze di breve e medio termine degli startupper. I capitali di rischio entrano per il tramite di campagne di equity crowdfunding disegnate dal nostro top management e rivendute alle principali piattaforme di equity crowdfunding in Italia e in Europa. All’accompagnamento per il reperimento di prime risorse in grado di iniziare il processo di espansione si accompagna anche una fase di sviluppo commerciale resa sia attraverso il matching industriale con le 500 aziende nella nostra rete, sia per il tramite di programmi ad hoc.

Le fasi sono volutamente consequenziali perché ogni fase portata a compimento è propedeutica alla riuscita delle fasi successive. Il Roll out previsto in ogni fase attiene all’osservazione dei risultati raggiunti. Una start up che non raccoglie debito finanziario nei 2 mesi dalla firma del mandato, non significa che non otterrà altri capitali. Va semplicemente adeguata la strategia in base alle risultanze di ogni fase. Ci sono ovviamente tempistiche che non sono una attesa immotivata, ma sono motivate dal settaggio dell’approccio per andare in goal nella pianificazione successiva. Non sempre ridurre i tempi è indice di successo; soprattutto nelle start up il cui business va spiegato perché fortemente legato ad innovazioni tecnologiche. Naturalmente il percorso è customizzabile ma la nostra esperienza industriale ci dice che le Fasi, per come sono state pensate, vanno percorse tutte se si vuole puntare ad una crescita importante nei 5 anni, e non solo al singolo deal di breve periodo.

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Il breve periodo serve per costruire la strategia di medio/lungo periodo. Di fronte all’insuccesso del breve si costruisce il successo di medio periodo.

Il fattore tempo è cruciale e ricorrente.

Alessandra D’Amato: A chi è rivolto il programma e quali caratteristiche devono avere le startup per candidarsi?

Valeria Sassi: Le start up che, a prescindere dall’iscrizione nel registro speciale delle start up innovative, posso ambire ad innovare e crescere sono aziende che innovano in prodotti/servizi, in processi, in applicazioni diverse di ciò che è già esistente. Innovazione significa contribuire al cambiamento e rendere fluida l’applicazione della stessa sul mercato.

Anche le strat up che efficientano i processi sono innovative perché agiscono nella velocità del cambiamento odierno, nella capacità di liberare tempo e risorse digitalizzando ed efficientando processi basici troppo burocratizzati.

Oggi l’Innovazione è strettamente correlata alla velocità di adeguarsi al cambiamento. Un’idea innovativa oggi potrebbe non esserlo tra 6 mesi e allora entra in gioco il fattor comune che è la diversificazione, l’adeguamento e la velocità di diversificare innovando continuamente.

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Anche dalle aziende storiche ci si aspetta un contributo in tal senso. Oggi anche le grandi aziende o comunque le PMI già attive sul mercato, riflettono sul come innovare. Questo non significa che spariranno i business storici ma significa che anche a livello comunicativo, il lancio anche di una piccola innovazione, che può essere cambiamento della politica prezzi, piuttosto che nuova immagine della azienda, apporta un contributo notevole al core business, rilanciandolo seppur non completamente stravolto nei contenuti.

Ad ogni core business va associata almeno una linea di business totalmente innovativa, anche se pesa un 20% sul volume di affari globale perché oggi il bisogno e’ ingegnerizzare il cambiamento; rendere fluidi tutti i processi sottostanti e soprattutto coprire i bisogni latenti sul mercato con nuove visioni. Concetti che danno ampio spazio alla creazione di start up apposite.

C’è poi un discorso “tempo” che va ponderato all’idea. Molte start up hanno bisogno di essere accompagnate al go to market in velocità, prima che i competitor arrivino alla stessa intuizione; altre, e sono quelle totalmente innovative e tecnologiche, possono invece diluire il go to market per arrivarci pronte a scalare rapidamente il mercato

La segmentazione ci ha portato ad identificare i seguenti cluster:

  1. Start up Tecnologiche: principalmente strat up che apportano un significativo cambiamento di tecnologie non esistenti
  2. Start up Tradizionali: principalmente start up che apportano una diversificazione di prodotto o servizi in settori tradizionali e già esistenti
  3. Start up Imprenditoriali: start up lanciate dal top management di PMI già ben radicate sul territorio

Alessandra D’Amato: Che tipo di supporto concreto ricevono le startup selezionate, in termini di accesso al credito, raccolta di capitali e crescita commerciale?

Valeria Sassi: Terminata la Fase 1 con output finale del set documentale, iniziano le fasi di raccolta a debito e come capitali di rischio. Il. Nostro business model prevede la combinazione dei 2 strumenti perché, se pianificati insieme tranquillizzano tutte le parti attive. Le banche hanno la tranquillità della nostra pre-due diligence, gli imprenditori non si indebitano eccessivamente né parcellizzano troppo la compagine sociale. Noi e gli altri fondi nella nostra rete minimizziamo il rischio rendimento con l’istruttoria positiva della banca.

C’è da notare che, in realtà, anche la finanza bancaria è una operazione che definirei mascherata; nel senso che i finanziamenti alle start up godono dellì80% della garanzia statale e pertanto sono una forma mascherata di raccolta come capitali di rischio dove l’investitore è il mercato statale. La combinazione prevede la pianificazione stratificata nel tempo delle risorse da inserire. Difficilmente una start up può raccogliere 5 milioni subito. Al 90% l’ingresso di risorse va ponderato e correlato agli investimenti. Quindi 500 k subito, significa investimento produttivo e certificazione del primo fatturato correlato agli investimenti. C’è poi un tempo tecnico di settaggio al termine del quale sarà possibile inserire ulteriori risorse sempre nel medesimo meccanismo e verso la crescita continua dell’azienda.

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La fase 2-3 e 4 sono pertanto di raccolta combinata.

Oggi è su tutti i tavoli tecnici la difficoltà di acquisizione di capitali soprattutto delle start up tech a contenuto fortemente innovativo.

È cruciale la terminologia in qualsiasi processo di ottenimento di fondi. Sia che passi per il tramite di campagne di equity crowdfunding che attraverso operazione di M&A,  Accelera Hub interroga la propria rete di investitori dialogando sulla potenzialità dell’idea e certezza di rendimento. Oggi c’è un faro acceso sulla modalità di raccolta di capitali. Anche le regole del crowdfunding cambiano e c’è un processo, a mio parere, che sta rendendo meritocratico il processo. Oggi i piccoli investitori hanno una via di accesso agli investimenti agevolata perché partecipano al progetto insieme a investitori qualificati che “garantiscono” il rendimento, facendo da lead investor anche nelle campagne di equity crowdfunding. Questo significa dare spazio a piccoli imprenditori che, per vicinanza del territorio o conoscenza degli imprenditori, decidono di investire direttamente. Pensiamo a quante aziende locali potrebbero trovare nuova vita con dipendenti o concittadini che decidono di investire.  C’è inoltre oggi un bisogno di chiarezza molto più evidente. Le piattaforme chiedono analisi puntuale dello scopo della campagna. Ovviamente in questo meccanismo, il nostro dipartimento interno della Fase 4, prepara i termsheet necessari all’avvio della campagna, li sottopone al club investitori per preparare il tessuto di una eventuale campagna di equity crowdfunding, piuttosto che private sale diretto con ingresso di investitori industriali che operano nel medesimo settore o di Business Angel che intravedono l’opportunità di investimento.

Il nostro dipartimento ha un focus preciso su una delle linee di ricavo della start up, con identificazione chiara di cosa l’azienda farà con i capitali investiti e qual è il rendimento atteso. Non necessariamente va presentato il progetto nella sua interezza. Basta una chiara identificazione di come l’investimento renderà sul mercato dal punto di vista del volume di affari generato.

Nel secondo blocco, la selezione degli investitori. Accelera discende dalla consapevolezza che non tutti i progetti di impresa necessitano della medesima tipologia di investitori. Probabilmente una innovazione di prodotto può vedere l’ingresso di Business Angel persone fisiche, mentre una innovazione tecnologica può necessitare investitori qualificati che apportano competenze al progetto.

Negli ultimi anni si assiste a sempre più numerose operazioni di M&A come operazioni di forza che, prevedendo la compartecipazione di aziende nella medesima filiera, riescono a completare il progetto dando forza allo stesso. Una sorta di consorzio di fatto in cui ogni impresa apporta il proprio contributo industriale unendo le forze.

Terminate le fasi di raccolta, la Fase 5 prevede la predisposizione dello sviluppo commerciale, per certificare e blindare il volume di affari desiderato.

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Come detto prima, il nostro business model prevede: Fasi 1 validazione imprenditoriale-fasi 2,3 e 4 raccolta capitali e Fase 5 certificazione del volume di affari desiderato mediante sviluppo dell’idea di business.

In questa fase viene analizzato il cluster della clientela target e pianificate le attività di matching industriale. Oggi la nostra rete conta più di 500 aziende, quindi, vengono pianificati incontri con nostre accelerate per il reciproco scambio di beni servizi. Naturalmente è nella fase 5 del nostro percorso di accelerazione perché la start up deve arrivare pronta alla scalabilità sul mercato. Altrimenti si brucia il contatto e noi ci rimettiamo in termini di reputazione industriale.



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