Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

Pubblicità, l’AI ormai fa tutto: ecco come cambia questo lavoro


L’intelligenza artificiale non è più un accessorio tecnologico nelle campagne pubblicitarie.

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

È diventata l’architetto, il motore e, in alcuni casi, persino il destinatario dei messaggi. Mentre brand e agenzie si affannano a cavalcare la trasformazione, a Cannes 2025 in occasione del Cannes Lions International Festival of Creativity a giugno, è emersa una verità ormai evidente: l’AI non si limita a supportare e affiancare il marketing.

Lo sta riscrivendo, insieme al profilo stesso dei professionisti del settore, i creators coloro che hanno cambiato radicalmente le regole del gioco per i professionisti del marketing, e i dirigenti degli uffici marketing e comunicazione delle aziende e dei loro brand chiedono di integrare – sempre di più – nelle loro strategie.

Come l’intelligenza artificiale sta cambiando la pubblicità

Gli strumenti di intelligenza artificiale generativa stanno scrivendo – e in certi casi perfino dirigendo – le campagne pubblicitarie.

Intelligenze artificiali che progettano spot, personalizzano copy, ottimizzano le creatività. Non è più una suggestione.

È realtà operativa.

Investi nel futuro

scopri le aste immobiliari

 

Meta, l’azienda di Mark Zuckerberg, ad esempio, ha già annunciato che entro il 2026 sarà in grado di generare campagne pubblicitarie personalizzate completamente automatizzate, senza intervento umano né agenzie. L’obiettivo? Raccogliere input come “voglio vendere scarpe in Italia a donne tra i 30 e i 50 anni” e restituire tutto: visual, copy, targeting, budgeting.

Sam Altman di OpenAI afferma che l’intelligenza artificiale svolgerà “il 95% delle attività per cui oggi i marketer si avvalgono di agenzie, strateghi e professionisti creativi”. Quando? Forse quando arriverà l’AGI ossia “tra cinque anni, più o meno, forse un po’ di più”.

“Non credo che l’IA sarà una bolla come, ad esempio, lo è stato il Metaverso”, spiega Davide Morante, esperto di digital marketing and communication.

“Sebbene scenari come quelli di “Ritorno al Futuro 2” siano ancora lontani mi aspetto che i totem digitali – ad esempio – diventino sempre più intelligenti con pubblicità che si aggiornano a seconda del momento e dei destinatari”, aggiunge. “Il futuro della pubblicità sarà interamente basato sull’intelligenza artificiale e questo accadrà molto presto”.

Il nuovo paradigma dell’advertising con l’intelligenza artificiale

A Cannes 2025, il messaggio è stato chiaro: le grandi holding pubblicitarie non vogliono (e non possono) restare a guardare. WPP, la multinazionale britannica che opera nel settore della pubblicità, ha annunciato l’integrazione degli strumenti AI di TikTok nella sua piattaforma proprietaria WPP Open, mentre il gruppo francese Havas Media ha rilanciato il proprio sistema operativo interno, ora ribattezzato Converged.AI, un’infrastruttura di marketing data-driven costruita per fondere analisi predittiva, contenuti dinamici e automazione creativa.

Tutti vogliono dimostrare di essere sul pezzo. Perché l’impressione, sempre più diffusa tra gli investitori, è che le agenzie siano in ritardo sulla curva dell’innovazione. Non a caso, quattro delle cinque grandi holding globali hanno visto calare le proprie quotazioni azionarie nell’ultimo anno.

Ma non si tratta solo di strumenti. Si tratta di visione. E soprattutto, di un interrogativo centrale: dove finisce l’intelligenza della macchina e dove inizia quella – fragile, disordinata, ma insostituibile – dell’essere umano?

La creatività non è solo logica

Tra le riflessioni più attese – e lucide della kermesse – quella di Tor Myhren, vice presidente del settore Marketing Communications di Apple. Non uno qualunque, uno degli uomini più vicini al CEO Tim Cook.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

“Amo questo lavoro da decenni — amo il processo, il problem solving, la cura artigianale. Ma oggi la creatività sta cambiando e sta cambiando velocemente», ha detto Myhren dal palco. E poi ha aggiunto un concetto che è insieme difesa, auspicio e manifesto: «Non è sufficiente che il marketing ti faccia capire. Deve farti sentire qualcosa. E questo, oggi, lo fanno ancora meglio gli esseri umani delle macchine”.

Parole che risuonano come un richiamo alla responsabilità creativa in un’epoca che rischia di scambiare l’efficienza per l’intuizione. Perché sì, gli algoritmi generano. Ma spesso lo fanno “per somiglianza”, sintetizzando la media del già visto. E l’effetto collaterale è una pubblicità sempre più piatta, sempre più prevedibile.

Gli algoritmi decidono (quasi) tutto per marketing e pubblicità

Eppure, è innegabile: l’AI funziona. Un articolo di Think with Google ha spiegato come il sistema di campagne intelligenti di Big G Performance Max ha realizzato un aumento medio del 13% delle conversioni totali, con un costo per azione simile. Advantage+, la suite di strumenti adv guidati dall’intelligenza artificiale di Meta vanta numeri a doppia cifra sul ritorno sugli investimenti. Gli algoritmi, quindi, profilano, testano, personalizzano in tempo reale. Sono infaticabili, scalabili, precisi. E soprattutto, economici.

Goldman Sachs prevede che una piattaforma pubblicitaria completamente automatizzata potrebbe sbloccare un mercato di piccole e medie imprese da 100 miliardi di dollari, con un potenziale aumento dei ricavi pubblicitari di Meta del 15-20% entro il 2026.

A Cannes si è parlato molto della piattaforma di trading on line, Kalshi, che ha ingaggiato il filmaker specializzato in AI PJ Accetturo per realizzare uno spot da trasmettere durante le NBA Finals. Il filmmaker statunitense ha realizzato lo spot in 48 ore utilizzando gli strumenti AI di Google, per un budget di appena 2.000 dollari.

“Ci sono volute circa 300-400 generazioni per ottenere 15 clip utilizzabili. Al sistema di IA dico sempre di restituire 5 prompt alla volta: se ne restituisce di più, la qualità inizia a peggiorare. Ogni suggerimento deve descrivere la scena, i personaggi e il tono di voce in modo esaustivo, come se Veo 3 non avesse alcun contesto dell’inquadratura precedente o successiva. I video Veo 3 saranno la tendenza pubblicitaria del 2025” ha spiegato su X il regista che ha aggiunto “solo perché è stato economico non significa che chiunque possa farlo. Sono regista da più di 15 anni”.

Come si adattano le agenzie di pubblicità all’ondata AI

E allora le agenzie di pubblicità cosa fanno? Si adattano. Alcune hanno abbandonato la fatturazione oraria, sostituita da fee fisse. Altre si riposizionano come orchestratrici di strumenti tecnologici. In molti casi, i clienti risparmiano sulla creatività e reinvestono quei soldi in più media: più spazi, più impression, più conversioni.

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

“La notizia è che una singola persona ha potuto fare tutto questo da sola, mentre fino a poco tempo fa sarebbero state necessarie almeno 4-5 figure professionali” spiega Nicola Bigi CEO di Tiwi Studio, agenzia specializzata nei video, che non vede nel “caso Kalshi” ne una novità ne una tendenza per il futuro: “Per vedere quanto ormai si possa fare con l’AI, e di quanto sia già usata per l’adv, basta vedere qualsiasi programma su Prime Video – ad esempio – per essere inondati di pubblicità fatta con l’AI con budget, forse inferiori ai 2mila dollari. Kalshi ha fatto notizia perché lo spot è andato in onda durante le Finals dell’NBA”.

Il futuro della pubblicità con intelligenza artificiale? Ad creati dai bot, per i bot

Il paradosso è che stiamo entrando in un’epoca in cui le pubblicità potrebbero non essere nemmeno più destinate agli esseri umani. Con l’ascesa degli agenti AI – da ChatGPT ai nuovi shopping assistant di Google – le aziende devono iniziare a “pubblicizzare” i propri prodotti direttamente ai modelli linguistici, che poi proporranno all’utente cosa comprare. A prescindere che l’utente vada sul sito dell’aziende, questo comunque sarà sempre più ottimizzato per farsi pescare dall’AI.

Ci sono aziende che già analizzano le raccomandazioni fatte dai chatbot studiando come influenzarle: AI optimisation. Non è più questione di creatività visiva, ma di testualità strutturata: descrizioni minuziose, ottimizzazioni post SEO, reputazione online. Il messaggio è chiaro: se vuoi essere consigliato da un assistente AI, devi parlare la sua linga.

E anche questo, piaccia o no, è advertising.

Il lavoro che cambia: il rapporto Autodesk-GlobalData

A Cannes, Autodesk e GlobalData hanno presentato un report che fotografa chiaramente il cambiamento in atto: tra il 2022 e il 2025 sono state analizzate quasi 3 milioni di offerte di lavoro nei settori creativi e tecnici. La comunicazione e il marketing risultano tra i più colpiti dall’impatto dell’AI. Nel 2024, le offerte di lavoro che citano l’intelligenza artificiale in questi ambiti sono cresciute del 238,9%; da gennaio 2025, si registra già un ulteriore +66,7%. E nel mondo media e intrattenimento si arriva a +291,8%.

L’AI non è più solo uno strumento di supporto: oggi è parte attiva nei processi creativi e decisionali. Ma cresce anche il valore delle competenze umane. Il report indica tra le skill più richieste design, collaborazione, leadership e comunicazione. L’AI non solo sta cambiando i contenuti, ma sta riscrivendo anche le professioni.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Per Cristiano Ferrari, esperto di comunicazione digitale, “Nonostante l’intelligenza artificiale la differenza, come sempre, la fa l’idea e la creatività non gli strumenti con la quale quell’idea viene realizzata”.

Le big tech già dominano

I quattro maggiori venditori di pubblicità – Google, Meta, ByteDance e Amazon – hanno rappresentato oltre la metà del mercato globale lo scorso anno, in aumento rispetto a poco più di un terzo nel 2019 (vedi grafico). Otto dei dieci maggiori venditori di pubblicità sono aziende tecnologiche.

L’intelligenza artificiale sembra rafforzare la loro presa. L’apprendimento automatico migliora il targeting degli annunci: il sistema Advantage+ basato sull’intelligenza artificiale di Meta sostiene di aumentare il ritorno sulla spesa pubblicitaria dei marchi del 22%, mentre il prodotto Performance Max di Google aumenta le vendite di oltre il 10%.

Google ha iniziato a sperimentare annunci nella sua modalità di ricerca basata sull’intelligenza artificiale, che secondo l’azienda potrebbe essere ancora più efficace. Le query AI degli utenti sono da due a tre volte più lunghe delle normali query di ricerca, il che significa che l’azienda non solo sa cosa cercano le persone, ma anche perché. Per i marchi che inseriscono annunci pubblicitari, “l’AI ha il potenziale più elevato per migliorare i risultati di business che abbiano mai visto negli ultimi 20 anni”, ritiene Sean Downey, presidente di Google per le Americhe.

Altri tecnici stanno implementando l’IA per misurare meglio l’efficacia degli annunci pubblicitari.

Alembic, una startup, utilizza algoritmi di tracciamento dei contatti sviluppati durante la pandemia di Covid-19 per monitorare se i consumatori esposti agli annunci acquistano il prodotto. Utilizzando miliardi di righe di dati, raccolti da streaming televisivi, visite a siti web e altro ancora, ha scoperto che la sponsorizzazione delle cerimonie di premiazione da parte di Delta Airlines ai Giochi Olimpici dello scorso anno ha generato un ritorno sull’investimento migliore rispetto a qualsiasi altra sua promozione.

AI e marketing: co-creazione o compromesso?

Siamo quindi a un bivio. L’intelligenza artificiale può diventare la più potente estensione del pensiero creativo umano, oppure il suo sostituto. Molti brand stanno già cercando di trovare l’equilibrio: sfruttare l’AI per produrre su larga scala, riservando agli umani la parte emozionale, narrativa, strategica.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Ma serve una riflessione etica. Perché, quando le decisioni pubblicitarie vengono delegate a modelli probabilistici, rischiamo di perdere la capacità di creare empatia, di raccontare storie che ispirano, e di trasmettere valori.

E allora forse Cannes dovrebbe ricordare che l’innovazione non è solo questione di software, ma di sguardo. Di sensibilità. Di umanità.

Per Nicola Bigi il tema che arriva da Cannes è la “democratizzazione”. “L’IA darà più spazio di budget all’implementazione di idee più dirompenti e interessanti. In generale accorciare tempi e costi fra un’idea e la sua realizzazione è sicuramente interessante e positivo. Però, per esempio, se l’IA è usata per delegare totalmente la costruzione di contenuti allora saremo invasi da ‘spazzatura’ e vedremo solo i contenuti di chi paga di più per farceli vedere. Anche nello scenario disegnato da questa edizione dei Lions a Cannes vincerà chi a parità di strumenti tecnici saprà distinguersi per la capacità di costruire contenuti coinvolgenti”.

Perché, se è vero che la pubblicità ha sempre saputo vendere sé stessa meglio di ogni altra cosa, oggi ha davanti una nuova sfida: non farsi estinguere dall’algoritmo.

Siamo a una svolta

Cannes 2025 ha sancito un punto di svolta: l’intelligenza artificiale non è più un tema di frontiera per la pubblicità, ma una realtà dominante.

Il messaggio che arriva da Cannes è duplice. Da un lato, l’AI è ormai imprescindibile per rimanere competitivi: chi non la integra rischia l’obsolescenza. Dall’altro, però, si profila un pericolo reale: quello di una pubblicità massificata, prevedibile, senza anima. Un rischio amplificato dalla delega cieca alla macchina e dal progressivo disinvestimento sulla creatività in favore della pura performance.

Le riflessioni che giungono convergono su un punto cruciale: la creatività non è una formula replicabile da un algoritmo. L’AI può generare, ma non inventare; può ottimizzare, ma non emozionare; può personalizzare, ma non ispirare. Se è vero che un singolo regista con strumenti AI può oggi produrre uno spot in 48 ore, è altrettanto vero che la differenza continua a farla la visione, l’esperienza, il tocco umano.

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%

 

Cannes ci ricorda che innovare non significa rinunciare all’umanità. Anzi, in un contesto dominato da sistemi predittivi e linguaggi per AI, il vero vantaggio competitivo sarà saper mantenere la voce autentica dei brand. Non basta farsi capire – come ricorda Myhren – bisogna farsi sentire. E in questo, almeno per ora, l’uomo resta insostituibile.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Contributi e agevolazioni

per le imprese