L’incontro tra i leader dei Paesi del G7 all’Aja ha portato a una decisione comune: la presidenza canadese del G7 ha annunciato l’esenzione delle grandi multinazionali statunitensi e basate nel Regno Unito dalla global minimum tax, vale a dire una tassa minima del 15% pagata dalle grandi multinazionali sui propri profitti. Quanto stabilito è motivato dal ricatto trumpiano che continua a tenere sotto scacco i Paesi europei, ed è di fatto una grande vittoria per il tycoon: la decisione, infatti, porterebbe circa 100 miliardi di dollari di risparmio per le grandi aziende coinvolte.
Un probabile “arrivederci” alla global minimum tax
Una grande vittoria per le multinazionali statunitensi ma una grande sconfitta per il mondo intero: la global minimum tax del 15% – introdotta nel 2021 dall’OCSE da 135 Paesi per evitare proprio che le grandi aziende dai grandi profitti scavalcassero quello che per loro rappresenta un “ostacolo”, ossia il fisco – viene surclassata a causa del ricatto del presidente affarista, Donald Trump, permettendo miliardi di dollari di risparmio sulle tassazioni estere.
Per i Paesi europei rappresenta, invece, un modo per non essere vulnerabili al ricatto commerciale che Donald Trump ha ormai adottato come strategia per tenere sotto scacco e continuo allarme gli alleati oltreoceano, descrivendo quanto convenuto come una protezione da ritorsioni fiscali degli USA nei confronti dei Paesi che applicano la tassa minima globale.
La discussione in sede OCSE e gli antefatti che hanno portato alla decisione dei G7: la Big Beautiful Bill e la Sezione 899
Quanto stabilito non è vincolante e dovrà essere discusso e approvato in sede dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico nelle settimane a venire da 147 Paesi e ripropone una questione mai superata: le grandi multinazionali che scelgono paradisi fiscali come sede per essere soggette a tassazione favorevole, assolutamente in contrasto con quelli che sono i profitti da esse raggiunti e che, ora, potrebbero ottenere una grande vittoria con l’esenzione dalla tassa minima globale.
Il tutto scaturisce dalla possibilità di rimozione della Sezione 899 della legge fiscale e di spesa dell’amministrazione Trump, la Big Beautiful Bill: la Sezione 899 è una clausola che avrebbe introdotto ripercussioni per “discriminazioni fiscali” attraverso una tassazione USA sugli investimenti stranieri per i Paesi che applicano la global minimum tax, rendendo quanto stabilito al G7 una mossa preventiva per assicurare stabilità ed evitare danni da eventuali ritorsioni automatiche.
Quanto raggiunto dai Paesi del G7 è anche a ridosso della questione delle tassazioni sull’economia digitale e il loro possibile aumento da parte di alcuni Paesi nei confronti degli USA, aprendo un varco di alte tensioni nella discussione, soprattutto tra gli Stati Uniti e il Canada.
Il ricatto di Trump attecchisce: il regalo alle grandi multinazionali USA e UK
Se per i Paesi del G7 questo sarebbe un modo per garantire la “sovranità fiscale” delle proprie economie, in realtà è un regalo anticipato a Donald Trump che, fuori da ogni serietà, dimostra che il suo ricatto non solo attecchisce con successo ma assume inoltre una denominazione edulcorante di quello che in realtà è. Il piano è inoltre ben accolto dal Regno Unito, in quanto verrebbero coinvolte nel provvedimento anche aziende con sede nei Paesi che lo costituiscono.
Mentre per il ministro dell’Economia e delle Finanze italiano Giorgetti, questo sarebbe un ottimo compromesso che, a sua detta, favorisce il dialogo, stando invece a quanto riportato dal Financial Times, il premio Nobel per l’economia Stiglitz ha affermato che quanto concordato dai Paesi del G7 indica chiaramente che i governi hanno preferito bypassare gli interessi di piccole e medie imprese, dei cittadini dei propri Paesi e del mondo, a favore di grandi multinazionali, rinunciando a una grande quota di entrate proprio dagli attori più rilevanti e meno vulnerabili che partecipano all’economia globale.
Elisa Del Beato
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