Nel primo trimestre del 2025 la pressione fiscale in Italia ha toccato il 37,3%, registrando un incremento di mezzo punto percentuale rispetto allo stesso periodo del 2024. Lo comunica l’Istat nel report trimestrale dedicato ai conti economici nazionali, che evidenzia un’accelerazione nel peso delle imposte e dei contributi sociali rispetto al prodotto interno lordo.
Cresce la pressione fiscale, sale il deficit: segnali di allarme per i conti pubblici
L’aumento, apparentemente contenuto, è però significativo nel contesto di un’economia che tenta di consolidare una fragile ripresa, ma che si scontra con una finanza pubblica ancora sotto pressione. L’equilibrio tra entrate e uscite si allenta, e lo Stato, per mantenere i livelli di spesa, intensifica la leva fiscale, con un effetto diretto sulla capacità di spesa di famiglie e imprese.
Crescono le uscite, il deficit si allarga
Il peggioramento dei conti pubblici si riflette anche sull’indebitamento netto delle amministrazioni. Tra gennaio e marzo, il deficit è stato pari all’8,5% del Pil, contro l’8,2% dello stesso trimestre dello scorso anno. La crescita del disavanzo deriva principalmente da un aumento più marcato delle uscite rispetto alle entrate, un trend che si conferma per il terzo trimestre consecutivo. Si tratta di un segnale che, se da un lato testimonia la permanenza di politiche espansive – in parte eredità delle misure straordinarie introdotte per contrastare gli effetti economici della pandemia e della crisi energetica – dall’altro solleva interrogativi sulla sostenibilità a medio termine della finanza pubblica. Il saldo primario, che esclude gli interessi sul debito, rimane negativo: -4,7%, un dato solo lievemente migliorato rispetto al -4,8% del primo trimestre 2024.
La tenuta dei consumi e il potere d’acquisto delle famiglie
Un dato positivo arriva dal fronte delle famiglie: il potere d’acquisto è cresciuto dell’1,8%, riprendendo il cammino interrotto nell’ultimo trimestre del 2024. Il trend è in linea con quanto osservato nel corso del 2023, quando una progressiva riduzione dell’inflazione e l’aumento dei salari nominali avevano sostenuto i consumi. L’aumento del potere d’acquisto rappresenta una delle poche spinte attive alla crescita economica in un momento in cui la domanda esterna rallenta e gli investimenti privati risentono dell’incertezza globale. Tuttavia, l’effetto positivo per le famiglie rischia di essere eroso dall’aumento della pressione fiscale: l’incremento delle imposte, dirette e indirette, può frenare i consumi e limitare i margini di risparmio.
Effetti sul debito e sulla credibilità finanziaria
L’aumento del deficit riapre il dibattito sulla traiettoria del debito pubblico, che nel primo trimestre ha continuato a salire in valore assoluto. La sostenibilità dei conti italiani rimane sotto la lente dei mercati e delle istituzioni internazionali, in una fase in cui l’Europa si appresta a ripristinare i vincoli di bilancio previsti dal Patto di Stabilità, seppure con nuove regole più flessibili. L’Italia, già sotto osservazione per l’alto livello del debito e per la bassa crescita potenziale, dovrà presentare un piano credibile di rientro che riesca a combinare rigore e sostegno all’economia reale. L’eventuale slittamento di misure correttive, o un nuovo peggioramento delle stime macroeconomiche, potrebbe rendere più oneroso il rifinanziamento del debito, soprattutto in un contesto di tassi d’interesse ancora elevati.
La sfida della riforma fiscale e l’uso delle risorse pubbliche
La risalita della pressione fiscale riporta al centro del dibattito la questione della riforma tributaria. Negli ultimi mesi il governo ha avviato una revisione parziale del sistema, con interventi sulle aliquote Irpef e incentivi mirati alle imprese, ma il risultato complessivo è ancora debole. Le promesse di semplificazione e alleggerimento dell’onere fiscale devono ora confrontarsi con l’urgenza di far quadrare i conti. L’aumento delle entrate tributarie, infatti, non è sufficiente a coprire l’espansione della spesa, che continua a crescere per effetto delle misure assistenziali, dei bonus temporanei e del finanziamento dei grandi progetti infrastrutturali. La vera sfida è garantire che ogni euro raccolto sia impiegato in modo efficiente, generando ricadute reali su produttività e coesione sociale.
Famiglie e imprese tra ripresa e incertezza
Il contesto economico in cui si inseriscono questi dati è ancora fortemente segnato dall’incertezza. Le imprese affrontano costi elevati per energia e finanziamenti, mentre le famiglie, seppur sostenute dal recupero del potere d’acquisto, devono fare i conti con un sistema fiscale che si conferma rigido e poco progressivo. In questo scenario, la politica economica deve scegliere se continuare con misure tampone o puntare a una strategia più strutturale. La dinamica dei conti pubblici nel primo trimestre fornisce un’indicazione chiara: la finestra di tempo per operare scelte ambiziose e sostenibili si sta restringendo.
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