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I limiti del Framework europeo sugli aiuti di Stato (CISAF)


Non è tutto rose e fiori il Clean Industrial Deal State Aid Framework (CISAF), la nuova cornice proposta dalla Commissione UE per riformare gli aiuti di Stato. Gli aspetti positivi certamente non mancano: dalla vocazione green al rispetto del principio “Do No Significant Harm” agli elevati standard ambientali provisti per le tecnologie pulite fino al vincolo per i beneficiari di destinare almeno il 50% dei fondi pubblici a investimenti che sostengano la transizione verde e riducano i costi del sistema energetico. Ma diversi sono i limiti, anche strutturali, segnalati da ONG e associazioni di imprese.

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E da qui dovranno partire Consiglio e Parlamento UE per ridurre i potenziali effetti paradossi di un provvedimento che punta a dare competitività all’industria green europea senza ridurre le ambizioni ambientali dell’Unione.

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Uno strumento non coesivo

Il limite strutturale, la tara genetica di voler sostenere l’industria continentale dando più spazio agli aiuti di Stato è legato al diverso potere di fuoco dei diversi Paesi: gli effetti saranno probabilmente proporzionali all’ammontare dei fondi che il singolo Paese ha a disposizione. Probabile che a vincere sarà la solita Germania il cui bilancio permette maggiori investimenti, sostenuti anche da uno spread migliore quando si cercano fondi sui mercati finanziari. Meno fortunati i Paesi con alto debito pubblico, che quindi spendono tanto in intessi, con ridotta capacità di spesa e uno spread più pesante.

Se l’analisi è giusta, quindi, parliamo di una misura che potremo definire “regressiva” (come vengono definite le tasse o i sistemi fiscali in cu le imposte incidono meno sul reddito via via che questo aumenta). E che potrebbe andare in direzione contraria rispetto agli obiettivi europei di coesione, nati per ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni europee.

Poca convinzione sull’economia circolare

Prima della pubblicazione del CISAF, diverse ONG e associazioni di imprese (dalla Environmental Coalition on Standards alla European Reuse Alliance, da European Environmental Bureau e Reloop e Zero Waste Europe e poi le imprese di Plastics Recyclers Europe, Cartonplast, Reusable Packaging Europe, PETCORE EUROPE, European Waste Management Association, Flexible Packaging Europe, Metal Packaging Europe) avevano chiesto maggiore attenzione alla circolarità. Perché mentre il Clean Industrial Deal (CID) riconosce chiaramente un ruolo cruciale all’economia circolare come fattore di competitività economica, il framework perde questa occasione. Scrivono infatti i firmatari: “Siamo profondamente preoccupati per il fatto che, nonostante la ‘circolarità e l’accesso ai materiali’ sia stata esplicitamente identificata come il quarto pilastro del CID, non le siano state concesse le stesse disposizioni all’interno del quadro degli aiuti di Stato come altre aree prioritarie”. Le misure di circolarità, proseguivano, “sono state omesse in questo quadro di sostegno, creando una significativa incoerenza politica che potrebbe ostacolare una sufficiente disponibilità di materie prime secondarie, compromettendo gli obiettivi dichiarati del CID”.

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Quello che veniva quindi chiesto alla Commissione era “garantire che il CISAF includa disposizioni esplicite per le misure di circolarità. Consentire l’erogazione di aiuti di Stato per progetti che incrementano la circolarità dei materiali”. Richiesta non ascoltata: “Contrariamente a quanto richiesto da FEAD e da altri stakeholder  si legge in una nota della European Waste Management Association  – le misure di economia circolare non sono state incluse in questo nuovo quadro di aiuti di Stato”. Tanto che il Segretario generale della FEAD Paolo Campanella, ricordando come l’industria del riciclo nell’UE sia sotto pressione, ha detto: “Ci rammarichiamo quindi profondamente che il CISAF stia ancora una volta limitando le opzioni di sgravi temporanei sui prezzi dell’elettricità alle industrie ad alta intensità energetica, come già previsto dal CEEAG. Le industrie manifatturiere coperte da tali opzioni di sgravio dei prezzi dell’elettricità possono beneficiare di una riduzione dei prelievi energetici, mentre l’industria del riciclaggio che produce materiali riciclati per la produzione è esclusa”.

Foto: Commissione UE

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Complessità

Così William Todts, direttore esecutivo di Transport and Environment (T&E), ha commentato il CISAF: “L’UE ha perso una grande opportunità di creare un bazooka cleantech, con aiuti semplici, prevedibili e bancabili per la produzione in Europa”. Secondo l’associazione, le nuove norme UE sugli aiuti di Stato “rappresentano una battuta d’arresto per l’industria europea delle batterie e delle tecnologie pulite. Le regole mantengono il divieto di aiuti alla produzione – sussidi per ogni unità effettivamente prodotta – nonostante gli Stati Uniti abbiano utilizzato aiuti simili per costruire con successo un’industria delle batterie da zero e superare quella europea”. Il CISAF, spiega T&E, suggerisce che “gli aiuti agli investimenti esteri nel settore automobilistico saranno subordinati al trasferimento di proprietà intellettuale e di competenze”. Ma secondo T&E “questa non è una soluzione adeguata alla mancanza di competitività della produzione cleantech dell’UE. Il CISAF continua a basarsi su procedure di aiuto complesse, basate su singoli progetti e poco trasparenti”. Mentre “la svolta di cui ha bisogno l’industria delle batterie dell’UE sono gli aiuti alla produzione in stile IRA (lo statunitense Inflaction Redution Act), legati a criteri di resilienza, come promesso da Ursula von der Leyen nel piano d’azione per l’auto”.

Troppo fossile e CCS

 T&E ricorda anche che pur privilegiando il sostegno all’idrogeno rinnovabile, le nuove regole consentono aiuti di Stato anche per l’idrogeno prodotto da gas fossile, “in contrasto con le ambizioni climatiche dell’UE. Ciò rischia di prolungare il finanziamento dell’industria dei combustibili fossili a scapito di una reale decarbonizzazione e di ostacolare l’adozione dell’idrogeno verde necessario per i carburanti dell’aviazione e della navigazione”.

Anche Riccardo Nigro, Senior Policy Officer per Industria a inquinamento zero di European Environmental Bureau (EEB) critica questo aspetto: “Sebbene il CISAF sostenga gli investimenti verdi e richieda giustamente ai beneficiari di fondi pubblici di contribuire direttamente alla transizione verde, lascia ancora delle scappatoie che permettono ai governi dell’UE di finanziare il gas fossile e tecnologie costose e non provate come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS)”. Secondo EEB “le sovvenzioni non devono servire a coprire le carenze normative e devono essere vincolate a condizioni ambientali e sociali vincolanti. Il denaro pubblico non deve diventare un’ancora di salvezza per i ricchi inquinatori con il pretesto di una transizione verde”. Per la cattura e stoccaggio di carbonio (CCS) in particolare, il CISAF prevede “condizioni deboli: i requisiti non garantiscono che i progetti siano l’ultima risorsa o che non ostacolino alternative più efficaci come l’efficienza o l’elettrificazione”.

Ancora EEB ricorda che i sussidi per il pezzo dell’elettricità non sono mirati alla sostenibilità ambientale: “Le misure di riduzione dei prezzi (art. 112) si applicano indipendentemente dal fatto che l’elettricità provenga da fonti pulite o fossili”.

Chi inquina non paga

 Secondo EEB, uno dei limiti del framework sugli aiuti di Stato è ignorare i costi dell’inquinamento: “Il quadro normativo non riesce a internalizzare le esternalità negative. Il denaro pubblico può sovvenzionare gli inquinatori senza tener conto dei costi ambientali e sanitari che essi impongono”.

Condizionalità ambientali insufficienti

Altro problema evidenziato dallo European Environmental Bureau (EEB) è il mancato vincolo al raggiungimento di obiettivi ambientali, la mancata condizionalità green. “L’interesse pubblico non è garantito: gli aiuti dovrebbero essere chiaramente legati agli obiettivi ambientali e di autonomia strategica dell’UE, ma il quadro rivisto lascia troppo spazio all’interpretazione”. Secondo l’associazione, poi, i sussidi andranno a compensaere “una politica debole”: che “presuppone che i risultati insufficienti dell’industria derivino da fallimenti del mercato, mentre in molti casi sono dovuti a una scarsa regolamentazione e a una debole applicazione delle norme. Gli aiuti pubblici non dovrebbero sostituire leggi forti”. Stesso discorso per gli obiettivi sociali e circolari: “Il quadro normativo si limita a incoraggiare gli Stati membri a includere condizioni ambientali e sociali; non vi sono requisiti vincolanti”.

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CISAF
Foto: Canva

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