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Omnibus semplifichi, ma senza indebolire il quadro normativo


Le modifiche proposte dalla Commissione europea ai tre pilastri normativi della finanza sostenibile – Corporate sustainability reporting directive (Csrd), Corporate sustainability due diligence directive (Csddd) e Tassonomia – puntano a semplificare la rendicontazione, ma rischiano di indebolire profondamente la disponibilità e la qualità dei dati Esg, fondamentali per operatori finanziari, investitori e autorità di vigilanza. Una minaccia all’architettura della finanza sostenibile europea.

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Lo evidenzia il Policy brief Per un quadro normativo efficace sulla finanza sostenibile: la posizione di Ecco e Ffs su Omnibus, pubblicato il 18 giugno 2025 da Ecco – il think tank italiano per il clima e Forum per la finanza sostenibile (Ffs), che lancia un appello al Parlamento europeo: semplificare sì, ma senza smantellare il quadro normativo costruito negli ultimi anni. Ridurre il perimetro della Csrd da 10mila a circa 1.300 imprese in Italia significa limitare l’accesso a dati cruciali per la gestione dei rischi sistemici, ostacolando gli investimenti e danneggiando la competitività europea.

Un documento strategico alla vigilia degli emendamenti parlamentari

Il documento fornisce un’analisi approfondita delle criticità del pacchetto Omnibus I e avanza raccomandazioni puntuali per ciascuno dei tre pilastri della finanza sostenibile. La pubblicazione arriva in un momento decisivo, pochi giorni prima che i gruppi politici al Parlamento europeo presentino gli emendamenti al report di Jörgen Warborn, eurodeputato svedese del Partito popolare europeo e relatore sul pacchetto Omnibus I, con l’obiettivo di orientare il negoziato verso una semplificazione sostenibile.

Csrd: salvaguardare i dati e il principio di doppia materialità

La proposta della Commissione prevede di alzare la soglia di applicazione della Csrd a 1.000 dipendenti, restringendo drasticamente il numero di imprese obbligate alla rendicontazione Esg. Il policy brief raccomanda di mantenere una soglia più ampia (oltre 500 dipendenti), con un set di standard semplificati per le mid-cap (250–500 dipendenti), e di conservare gli standard settoriali come linee guida tecniche.

Altro punto critico è il cosiddetto value chain cap, ovvero il limite normativo che impedirebbe a imprese e operatori finanziari di richiedere informazioni di sostenibilità ai fornitori o partner esterni non soggetti agli obblighi della Csrd. Questo tetto rischia di spezzare la catena informativa, ostacolando la raccolta di dati rilevanti su impatti ambientali e sociali generati lungo le filiere. Ecco e Ffs chiedono che venga eliminato per garantire la tracciabilità dei dati e una valutazione completa dei rischi. Anche la Bce e l’Eba hanno ribadito che un’informazione trasparente e accessibile è cruciale per la stabilità finanziaria, in particolare per monitorare i rischi legati a clima e biodiversità.

Tassonomia: coinvolgere più soggetti e utilizzare indicatori più efficaci

Anche sul Regolamento Tassonomia, le modifiche rischiano di ridurre il campo di applicazione. Il policy brief suggerisce di estendere l’obbligo di rendicontazione alle imprese con più di 250 dipendenti e di abbassare la soglia di materialità dal 10% al 5%. Questo significa che anche attività economiche che rappresentano una quota più ridotta del fatturato o degli investimenti aziendali dovranno essere incluse nel reporting sulla Tassonomia Ue, evitando l’esclusione di operatori rilevanti – come le grandi compagnie energetiche – le cui attività sostenibili, pur presenti, rischierebbero di restare invisibili sotto soglie troppo elevate.

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Viene inoltre chiesta la revisione dei Kpi (indicatori chiave di prestazione) per gli operatori finanziari, garantendo coerenza tra i dati e includendo anche i contributi volontari delle imprese escluse dalla Csrd, ad esempio attraverso l’uso dello standard Vsme per le Pmi. Al centro della proposta anche il potenziamento degli strumenti digitali per la raccolta e l’analisi dei dati, e il rilancio della proposta di una tassonomia sociale.

Csddd: due diligence efficace solo se estesa e con obblighi chiari

Il terzo pilastro analizzato, la direttiva sulla due diligence, rischia di perdere efficacia se limitata ai soli fornitori diretti. Ecco e Ffs propongono di mantenere l’approccio risk-based lungo tutta la filiera, reintrodurre l’obbligo di attuazione dei piani di transizione climatica e garantire un regime armonizzato di responsabilità civile a livello Ue. Viene infine ribadita l’importanza di rafforzare il supporto alle Pmi, attraverso formazione, assistenza tecnica e cofinanziamento da parte delle grandi imprese.

Scarica il Policy brief

 

di Moniza Sozzi



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