30 Giugno 2025
di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Oggi, 30 giugno 2025, per tutte le grandi imprese di ogni settore attive sul territorio nazionale scade il termine per mettersi in regola con l’obbligo di copertura catastrofale; o meglio termina il “periodo di tolleranza” che non comprometteva ancora l’accesso a eventuali contributi e sussidi pubblici.
Come stabilito dall’ultima versione della legge, per le imprese di media dimensione l’obbligo decorrerà dal prossimo primo ottobre, mentre per le piccole e micro aziende dall’1 gennaio 2026. Negli ultimi 3 mesi si sono susseguite spiegazioni e Faq da parte di ANIA, IVASS e Mimit per venire incontro alle delucidazioni richieste dagli imprenditori: dal nodo dei beni in affitto a quello delle sanzioni, dal Garante al Preventivass, è stato chiarito quasi tutto, sia pure tra i mugugni di alcune associazioni di categoria che si ostinano a considerare la norma come l’ennesima tassa anziché il primo investimento sul loro business.
Istituzioni, compagnie e riassicuratori hanno parlato dal vivo, un paio di mesi fa, al pubblico dell’Italy Protection Forum 2025 di Milano. Le informazioni sono state date: dunque, d’ora in poi, chi non è assicurato non potrà più lamentarsi se non arriveranno sovvenzioni e aiuti statali – peraltro non dovuti – in occasione anche di eventi calamitosi.
Lo Stato ha infatti il compito istituzionale di risollevare le sorti economiche e produttive di un territorio, distribuendo risorse finanziarie agli enti locali preposti alla ricostruzione, non di ripagare di sana pianta la ditta agli imprenditori; e lo stesso vale per le case dei privati. L’augurio, semmai, è che il risparmio ottenuto dall’accordo con le compagnie sia reinvestito almeno in azioni di difesa attiva e messa in sicurezza delle aree geografiche del Paese più vulnerabili al cambiamento climatico e più esposte alla minaccia sismica e idrogeologica.
Ad ogni modo la maggioranza delle Big risultava coperta già prima del provvedimento, il problema restano le realtà minori: quante delle altre aziende sono andate o andranno nei prossimi mesi in un’agenzia a stipulare la polizza cat nat? Abbastanza da raggiungere un’adeguata mutualità sulla penisola, senza la quale non c’è partnership pubblico/privato che tenga?
Altrimenti non è escluso che – anziché eliminare agevolazioni e incentivi per i riluttanti – le autorità al tavolo dovranno invece studiarne di nuovi e diversi dall’imposizione di una data di scadenza per riuscire a convincerli.
Al netto della generica sfiducia verso i rimborsi delle compagnie – se il motivo del no sono i premi considerati troppo elevati – purtroppo sullo Stivale intensità dei rischi e tipologie di clientela sono così frastagliate che uniformare i prezzi, prima di un’assunzione di responsabilità collettiva, è una mission semplicemente impossible. Senza un “ecosistema” che coinvolga ogni ambito della società i costi proseguiranno a rincarare, spalancando viepiù la forbice di protezione
Le catastrofi naturali non sono più catalogabili come incidenti isolati o eventi eccezionali, costituendo una caratteristica ormai consolidata di una nuova realtà climatica: per combattere i principali fattori responsabili del protection gap – ovvero consapevolezza e valutazione del rischio, accessibilità dell’offerta e limiti dell’assicurabilità – è necessario sfruttare tecnologie avanguardistiche nel pricing, promuovere incentivi creditizi e fiscali e soprattutto aumentare la conoscenza dei pericoli nella cittadinanza, con informazioni specifiche per le esigenze di ciascuna comunità.
Eppure, forse per timore di un effetto boomerang dal punto di vista del consenso politico, non è ancora partita una campagna governativa di sensibilizzazione sui media a proposito del dispositivo entrato in vigore: ogni comunicazione all’utenza è rimasta sempre affidata agli uffici marketing dei player del mercato
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