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LE IMPRESE del retail moderno hanno anticipato i tempi per essere pronte in vista dell’adozione dei nuovi standard ESRS previsti dalla direttiva europee Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), oggetto di revisione del Pacchetto Omnibus che punta a semplificare gli obblighi di sostenibilità per le imprese, posticipando al 2028 l’obbligo di rendicontazione per le grandi imprese non quotate. L’analisi contenuta nel Report di Sostenibilità di Settore della Distribuzione Moderna 2025 di Federdistribuzione evidenzia come il 94% delle imprese sia già impegnato nell’allineamento ai requisiti della nuova direttiva europea, l’80% intenda pubblicare un bilancio di sostenibilità volontario già nel 2025 e il 59% abbia definito una strategia di sostenibilità con obiettivi quantitativi. La sostenibilità è entrata a pieno titolo nella governance aziendale del settore: il 71% delle imprese ha una o più figure con deleghe formali alla sostenibilità, mentre quasi la metà, il 47%, possiede un sistema di gestione dei rischi aziendali che include quelli legati agli ESG. Il Report, realizzato con il supporto di ALTIS Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è giunto alla sesta edizione ed evidenzia l’impegno crescente delle imprese del settore retail nei diversi ambiti di sostenibilità. Dall’analisi emergono risultati positivi in termini di efficientamento energetico e riduzione delle emissioni.

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Saldo e stralcio

 

Tra il 2022 e il 2023 il comparto alimentare ha registrato una riduzione dell’intensità energetica del -9% in rapporto al fatturato e del -4% per metro quadro. Il comparto del retail specializzato mostra una riduzione dell’intensità pari al -10% sul fatturato e al -7% sulla superficie di vendita. Inoltre, il 41% delle aziende dichiara una riduzione delle emissioni negli ultimi tre anni superiore al 10% e l’88% ha attivato azioni di efficienza energetica nei propri punti vendita, mentre il 65% ha sistemi di monitoraggio GHG (Greenhouse Gas Protocol), il principale standard internazionale per la misurazione, gestione e rendicontazione delle emissioni di gas a effetto serra. Il 53% delle imprese ha anche definito una strategia con obiettivi sulle emissioni Scope 1 e 2, mentre il 47% già traccia le emissioni Scope 3. Il 94% delle imprese ha implementato una strategia specifica per la gestione degli imballaggi, mentre l’82% ha attivato sistemi di tracciamento per rifiuti pericolosi e non pericolosi e il 59% dispone di politiche formalizzate in materia di gestione circolare. Il 71% delle imprese ha adottato una politica sugli impatti di materie prime, rifiuti ed economia circolare, mentre il comparto alimentare è fortemente impegnato nel contrasto allo spreco alimentare: il 100% delle imprese ha attive partnership con organizzazioni dedicate alla redistribuzione delle eccedenze e il 91% dispone di sistemi di controllo per il monitoraggio in termini di peso delle donazioni effettuate. Il 41% delle aziende ha adottato delle policy dedicate alla gestione degli impatti sui lavoratori, mentre il 35% affronta questi temi nel proprio Codice Etico. Sono diffusi strumenti di ascolto e coinvolgimento dei collaboratori (73%), piani di welfare strutturati (47%) e iniziative per la parità di genere, con il 71% delle aziende che monitora il gender pay gap e che ha attivato almeno un’iniziativa con l’obiettivo di ridurlo nel tempo, a dimostrazione di una crescente attenzione verso il tema della parità di genere.

Cresce, poi, l’attenzione del settore. Il 71% delle aziende ha adottato un codice di condotta per la supply chain e l’83% ha implementato un processo di selezione dei fornitori che include criteri di sostenibilità, mentre il 76% delle aziende ha già avviato collaborazioni con i supplier in ottica ESG e il 77% ha una policy per valutare il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale dei fornitori. Inoltre, la metà delle imprese (54%), ha formalizzato una procedura di due diligence o audit sui diritti umani e dei lavoratori sulla catena di fornitura. Il 100% delle imprese ha attivato delle iniziative per le comunità locali, in particolare nei settori dell’educazione (65%), della salute, cultura e sport (59%) e dell’ambiente (47%). Il 76% pur realizzando iniziative concrete, non include questa tematica in documenti formali. C’è l’opportunità per il settore di rafforzare l’approccio strategico su questo ambito, oggi presidiato soprattutto in chiave progettuale. Il contatto diretto con milioni di persone è un elemento distintivo del settore. “Il contatto quotidiano con milioni di persone conferisce al retail moderno una responsabilità sociale, ambientale ed economica importante, ma è anche un’opportunità: quella di orientare comportamenti virtuosi a monte e a valle della filiera, ossia verso produttori e consumatori, generando così valore condiviso. È essenziale che questo impegno, che ha già portato a importanti investimenti da parte delle imprese, sia accompagnato da politiche e normative coerenti e stabili, capaci di sostenere il settore lungo un percorso di transizione che deve essere sostenibile per tutti”, dice Carlo Alberto Buttarelli, Presidente di Federdistribuzione.

“Le imprese del retail moderno stanno reagendo con prontezza alle sollecitazioni, normative ma non solo, orientando l’attenzione agli impatti sociali e ambientali generati, registrata sin dalla prima edizione del Report di Sostenibilità di Settore del 2012, in un percorso che ha condotto all’integrazione della sostenibilità su tre livelli: nelle strategie aziendali, nelle politiche e nei sistemi di gestione, oltre che nelle attività operative; nelle dimensioni di impatto prioritarie per il settore e nelle relazioni lungo tutta la catena del valore, sollecitando e indirizzando le filiere di fornitura, coinvolgendo i consumatori nelle scelte di consumo responsabile”, sottolinea Stella Gubelli, ad di ALTIS Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.



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