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Scontro frontale tra Cassazione e Governo sul Decreto Sicurezza


Dubbi di legittimità costituzionale, critiche sul metodo e sulla compressione del ruolo del Parlamento: la Suprema Corte di Cassazione e il mondo accademico vanno allo scontro con il Governo in merito al cosiddetto “Decreto Sicurezza”.

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Un braccio di ferro senza precedenti si è consumato tra la Corte di Cassazione e il Governo in merito al cosiddetto “Decreto Sicurezza”, convertito in legge dal Parlamento senza alcuna modifica. Un documento pubblicato dall’Ufficio del Massimario della Suprema Corte solleva forti perplessità, non solo di ordine costituzionale, ma anche in merito alla procedura seguita dall’esecutivo, accusato di aver forzato i confini della decretazione d’urgenza.

Nel complesso, il Decreto Sicurezza si sta rivelando un terreno di scontro istituzionale e accademico di ampia portata. Al centro della polemica non c’è solo il contenuto del provvedimento – ritenuto da molti troppo severo – ma soprattutto il metodo adottato per approvarlo: una scorciatoia procedurale che potrebbe segnare un pericoloso precedente nel delicato equilibrio tra Governo e Parlamento.

I dubbi della Cassazione: colpiti i diritti fondamentali

Nel mirino della relazione ci sono, in particolare, le norme che introducono nuove fattispecie di reato e aggravano pene già esistenti per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate. Le critiche puntano sulla sproporzione tra le condotte punite – spesso di carattere simbolico o dimostrativo – e le sanzioni previste, giudicate eccessive e potenzialmente lesive del diritto costituzionale alla libertà di manifestazione del pensiero e di riunione.

Tra gli esempi più discussi, il nuovo reato di “blocco stradale” punito con il carcere da uno a sei anni anche in assenza di danni a persone o cose, e l’applicazione del Daspo per condotte prive di reale pericolosità sociale. Per la Cassazione, queste misure rischiano di compromettere il principio di proporzionalità e di ragionevolezza, oltre a scivolare verso un uso punitivo del diritto penale come strumento di controllo sociale.

Non sussistevano le “straordinarie necessità e urgenze”

Secondo la Cassazione, il decreto legge n. 48 del 2025 ricalca quasi identicamente il disegno di legge presentato dal Governo alla Camera (atto n. 1660) e approvato in prima lettura a settembre 2024. Quel testo, già in fase avanzata di esame parlamentare, era stato modificato in modo marginale dalle Commissioni del Senato, prima che il Governo decidesse di trasformarlo improvvisamente in un decreto-legge, bypassando così l’iter ordinario.

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Il punto più controverso riguarda proprio questa scelta: a detta degli esperti, non sussistevano le “straordinarie necessità e urgenze” richieste dall’articolo 77 della Costituzione per ricorrere allo strumento del decreto-legge. Un comportamento, questo, che molti giuristi hanno interpretato come un vero e proprio scavalcamento del Parlamento, con conseguenze preoccupanti sul piano dell’equilibrio tra i poteri dello Stato.

Le critiche del mondo accademico segnalate dalla Cassazione

A rafforzare la posizione critica della Cassazione è anche il contributo del mondo accademico. L’iniziativa “Appello per una sicurezza democratica”, lanciata da Articolo21 e firmata da oltre 250 costituzionalisti di tutte le università italiane, ha denunciato una grave lesione al ruolo delle Camere. Secondo i firmatari, il Governo avrebbe “espropriato” il Parlamento del proprio potere legislativo, intervenendo su un testo già prossimo all’approvazione definitiva.

Le stesse critiche sono emerse durante le audizioni parlamentari sul decreto di conversione. Diversi professori di diritto costituzionale hanno parlato di “regressione democratica”, denunciando l’apertura di una fase politica in cui l’abuso della decretazione d’urgenza rischia di diventare la norma, con una progressiva erosione delle garanzie costituzionali.

Anche l’Associazione Italiana dei Costituzionalisti ha espresso preoccupazioni. Nella lettera pubblica firmata dal presidente dell’AIC e in una serie di interventi pubblici, si denuncia la natura eccezionale del provvedimento, caratterizzato da una durezza repressiva senza precedenti e da un ampliamento disomogeneo delle fattispecie penali. Il tutto, senza un reale confronto parlamentare, interrotto bruscamente dopo oltre un anno di discussione.

La forma “irregolare” del decreto

Tra le criticità evidenziate vi è anche la forma del decreto: un unico articolo contenente misure eterogenee, in violazione del principio costituzionale che impone l’esame e l’approvazione “articolo per articolo” da parte delle Camere. Secondo la giurisprudenza costituzionale, questo tipo di accorpamento limita la possibilità per i parlamentari di esprimere un voto consapevole e autonomo, specialmente su questioni che incidono sui diritti fondamentali.

Non a caso, alcuni deputati dell’opposizione stanno valutando il ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione. La loro tesi si fonda proprio sull’impossibilità di esercitare liberamente la funzione legislativa, compressa dalla procedura seguita dal Governo, che ha reso di fatto impossibile un confronto emendativo sulle singole misure.

La reazione politica: accuse di invasione di campo

La diffusione della relazione ha provocato una durissima reazione da parte del governo e della maggioranza, che l’hanno letta come un’ingerenza politica da parte della magistratura. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si è detto «incredulo» e ha dato mandato ai suoi uffici di «acquisire la relazione» e, soprattutto, «conoscerne l’ordinario regime di divulgazione». Un modo per mettere in dubbio che il documento potesse essere reso pubblico, lasciando intendere che la sua diffusione sia stata finalizzata a danneggiare l’esecutivo.

Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha parlato di «invasione di campo ed ennesima provocazione», aggiungendo che la Cassazione «non dovrebbe seminare dubbi». Dello stesso tenore le parole di Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), che ha definito la relazione un «massimario della confusione». Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari (Lega) ha invece rilanciato: «Avanti nella difesa delle forze dell’ordine».

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La reazione del Ministro dell’Interno Piantedosi

Più articolata la reazione del mMinistro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che in un’intervista a La Stampa ha detto:

«Non ho avuto tempo di leggere la relazione ma, da come è stata diffusa, mi sembra un esercizio connotato da una forte impostazione ideologica più che da considerazioni di puro diritto. Mi risulta difficile immaginare l’incompatibilità con la nostra Carta costituzionale di norme, tra le altre, tese a proteggere cittadini e forze di polizia dalle violenze che vengono compiute nelle manifestazioni, oppure tutelare le persone che hanno la necessità e l’urgenza di recarsi a lavoro o in ospedale per esigenze di soccorso».

E ha concluso:

«Quanto poi alla scelta della decretazione d’urgenza, se il giudizio sulla legittimità costituzionale fosse limitato all’opinione dell’ufficio del Massimario della Cassazione, allora sì che avrei il timore di vivere in un Paese che ha perduto i fondamentali riferimenti degli equilibri costituzionali tra i poteri. Sono certo che, allorquando le questioni in argomento dovessero essere sollevate in veri e propri procedimenti giudiziari, saranno ben altre le valutazioni che verranno espresse».

Il nodo tra poteri dello Stato

La vicenda riapre un conflitto latente tra magistratura e politica, sullo sfondo di un dibattito sempre più acceso sulla legittimità costituzionale dei decreti d’urgenza. Mentre la Cassazione rivendica il proprio ruolo tecnico di supporto all’interpretazione delle leggi, la maggioranza di governo percepisce l’intervento come un attacco diretto. La polemica rischia ora di allargarsi, coinvolgendo anche il Quirinale, la Corte costituzionale e le Camere, nel tentativo di chiarire fino a che punto sia lecito che un organismo della magistratura si esprima – seppur informalmente – su provvedimenti legislativi ancora in fase di applicazione.

Il documento sul Decreto Sicurezza che ha generato lo scontro tra Cassazione e Governo

Qui il testo completo.



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