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Cosa succede se non si ha la polizza catastrofale?


Mancata stipula della polizza catastrofale obbligatoria? Scopri quali contributi, sovvenzioni e agevolazioni finanziarie rischi di perdere e le novità normative.

L’introduzione di nuovi obblighi normativi porta spesso con sé un alone di incertezza per i destinatari, soprattutto quando le conseguenze dell’inadempimento non sono immediatamente delineate con precisione chirurgica. È il caso della recente imposizione per le imprese di stipulare polizze assicurative a copertura dei danni derivanti da eventi catastrofali. Al di là della finalità protettiva di tale misura, molte imprese, anche quelle situate in zone a basso rischio sismologico o idrogeologico, si interrogano sulle reali implicazioni di una mancata adesione. Esattamente cosa succede se non si ha la polizza catastrofale? Questa guida si propone di fare luce sulle sanzioni indirette previste, sulle scadenze aggiornate e sulle future evoluzioni normative che potrebbero rendere ancora più stringenti i requisiti per accedere al sostegno pubblico.

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Qual è la conseguenza principale se non stipulo la polizza catastrofale?

La Legge di Bilancio per il 2024 (Legge 213/2023), all’articolo 1, comma 102, ha introdotto una leva significativa per incentivare l’adempimento dell’obbligo assicurativo contro i rischi catastrofali (come sismi, alluvioni, frane, ecc.). La norma stabilisce che «dell’inadempimento dell’obbligo di assicurazione da parte delle imprese di cui al comma 101 si deve tener conto nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi e catastrofali».

In termini pratici, la conseguenza principale della mancata stipula di queste polizze è il rischio concreto di vedersi precluso l’accesso a qualsiasi forma di sostegno finanziario pubblico. Questo non riguarda solo gli aiuti specificamente stanziati per far fronte ai danni da calamità (per i quali la polizza dovrebbe già fornire una copertura primaria), ma si estende potenzialmente a un ventaglio molto più ampio di incentivi statali.

Cosa significa che dell’inadempimento “si deve tener conto” per gli aiuti?

L’espressione utilizzata dal legislatore – “si deve tener conto” – ha un carattere piuttosto generale e, allo stato attuale, non definisce con precisione millimetrica quali specifici aiuti sarebbero preclusi. Tuttavia, l’interpretazione prevalente suggerisce una portata ampia. L’impresa inadempiente potrebbe subire un pregiudizio non solo nel percepire contributi, sovvenzioni e agevolazioni direttamente connessi agli eventi catastrofali (per i quali, paradossalmente, avrebbe dovuto essere assicurata), ma anche nel ricevere ulteriori e diversi aiuti statali, non correlati a calamità.

La ratio sembra essere quella di “penalizzare” indirettamente chi non si adegua a una misura considerata di interesse generale, volta a ridurre l’esposizione finanziaria dello Stato in caso di disastri e a promuovere una cultura della prevenzione e della gestione del rischio a livello aziendale.

Oltre agli aiuti pubblici, quali altri rischi finanziari si corrono?

La mancanza di una copertura assicurativa contro i rischi catastrofali potrebbe avere ripercussioni negative che vanno oltre la mera perdita di accesso ai fondi pubblici. La stabilità e la continuità operativa di un’impresa dipendono anche dalla sua capacità di far fronte a shock imprevisti. Un evento calamitoso, anche in una zona considerata a basso rischio (poiché il rischio zero non esiste), potrebbe infliggere danni ingenti.

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In assenza di una polizza, l’impresa dovrebbe farsi carico interamente dei costi di ripristino, con potenziali conseguenze sulla liquidità e sulla solvibilità. Inoltre, non è da escludere che il sistema bancario possa iniziare a considerare con maggiore attenzione questo aspetto nelle sue valutazioni di merito creditizio. Le banche potrebbero giudicare un’impresa non assicurata come un soggetto con un’esposizione al rischio più elevata e, di conseguenza, potrebbero essere più restie a erogare o rinnovare linee di credito, oppure potrebbero farlo a condizioni meno vantaggiose.

Una maggiore chiarezza sulla portata delle esclusioni potrebbe derivare dal cosiddetto Codice degli Incentivi. Nell’ottobre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo volto a riordinare e razionalizzare l’intero sistema delle agevolazioni alle imprese. Questo schema è molto ampio e mira a definire in modo organico ogni tipologia di sostegno pubblico, come ad esempio:

  • contributi in conto impianti o in conto esercizio;
  • agevolazioni fiscali (crediti d’imposta, deduzioni, detrazioni);
  • contributi a fondo perduto;
  • finanziamenti agevolati (a tassi inferiori a quelli di mercato).

La novità di rilievo contenuta in questa bozza è la previsione esplicita della preclusione all’accesso alle agevolazioni in caso di inadempimento dell’obbligo di stipula dei contratti assicurativi a copertura dei danni da eventi catastrofali. Se tale formulazione dovesse essere confermata nel testo definitivo del decreto legislativo, le imprese potrebbero trovarsi escluse dall’accesso a qualsiasi tipo di sovvenzione pubblica qualora non fossero in grado di presentare un certificato di polizza valido, con data di decorrenza anteriore alla richiesta dell’incentivo. Questo renderebbe la sanzione indiretta molto più definita e pervasiva.

Si possono elencare oggi gli aiuti specifici a rischio?

Allo stato attuale, data la genericità della Legge di Bilancio 2024 e il fatto che il Codice degli Incentivi è ancora in fase di approvazione, non è possibile fornire un elenco tassativo e dettagliato dei singoli contributi, sovvenzioni o agevolazioni che verrebbero negati.

Tuttavia, basandosi sulla definizione di “agevolazione” contenuta nella bozza del Codice degli Incentivi, si può ragionevolmente presumere che il campo di applicazione sarà molto vasto. Potrebbero essere a rischio, ad esempio:

  • bandi per l’innovazione tecnologica;
  • incentivi per l’efficienza energetica;
  • sostegni all’internazionalizzazione;
  • agevolazioni per nuove assunzioni;
  • contributi per la formazione;
  • fondi specifici settoriali o territoriali.

In sostanza, qualsiasi misura che preveda un esborso di risorse pubbliche a favore delle imprese potrebbe diventare inaccessibile per chi non rispetta l’obbligo assicurativo.

Perché un’azienda a basso rischio dovrebbe comunque assicurarsi?

L’esempio di un’azienda ubicata in una zona non considerata ad alto rischio sismologico, alluvionale o franoso, che intende comunque stipulare la polizza, è emblematico. La decisione di adempiere all’obbligo, anche in contesti di rischio percepito come basso, deriva proprio dalla volontà di non incorrere nelle sanzioni indirette previste dalla legge, ovvero la potenziale esclusione da ogni forma di aiuto pubblico.

L’obbligo, quindi, trascende la mera valutazione del rischio specifico dell’impresa e si configura come un requisito di “compliance” per poter continuare a beneficiare del sistema di sostegno pubblico alle attività produttive. Dimostra anche una gestione prudente e consapevole, che potrebbe essere valutata positivamente anche da partner commerciali e istituti di credito.

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Quali sono le scadenze per l’obbligo della polizza catastrofale?

È importante tenere presente che le scadenze per l’adempimento a questo obbligo sono state oggetto di recenti modifiche. Un decreto approvato nel Consiglio dei Ministri del 28 marzo 2025 ha ufficializzato una proroga differenziata:

  • grandi imprese: il termine per la stipula resta fissato al 1° aprile 2025. Tuttavia, è stato introdotto un periodo transitorio di 90 giorni, fino al 1° luglio 2025, durante il quale eventuali inadempienze non comporteranno sanzioni. In questa finestra temporale, anche le grandi imprese non ancora adeguate non subiranno la negazione dell’accesso a contributi, sovvenzioni o agevolazioni pubbliche in caso di eventi catastrofali;
  • medie imprese: l’obbligo di assicurarsi scatterà a partire dal 1° ottobre 2025;
  • piccole e microimprese: dovranno adeguarsi dal 1° gennaio 2026.

Nonostante queste proroghe, è fondamentale sottolineare che le conseguenze per il mancato assolvimento dell’obbligo, una volta superate le rispettive scadenze (e il periodo di “tolleranza” per le grandi imprese), rimangono quelle delineate dalla Legge di Bilancio 2024.



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