La Rete Adamo nasce per contrastare la denatalità con il contributo concreto delle aziende. Luigi Cimmino Caserta sottolinea il ruolo sociale delle imprese nel sostenere la genitorialità. Flessibilità, congedi equi, smart working e supporti economici sono strumenti chiave. Il welfare aziendale migliora produttività, benessere e attrattività verso i talenti. Le difficoltà sono normative, culturali e organizzative, ma la rete offre soluzioni condivise.
Nel futuro si imporrà una “competizione positiva” tra aziende su welfare e inclusione. Adesione alla rete significa cambiare insieme, con strumenti operativi e impatto reale.
Luigi Cimmino Caserta: “La genitorialità è un valore, non un ostacolo: le aziende lo capiscano”
La crisi della natalità è ormai un tema centrale in Italia. Come vede la Rete Adamo questa situazione e qual è il ruolo delle aziende nella promozione di politiche a sostegno della genitorialità?
La denatalità riflette alcune delle sfide che la nostra società deve affrontare, in particolare penso alle nuove generazioni. I giovani italiani, infatti, non hanno smesso di desiderare figli, ma troppo spesso si trovano costretti a rinunciare o a rimandare. Il problema non è individuale, è sistemico. Per questo serve un’alleanza tra pubblico e privato. Noi crediamo che le aziende, oggi, abbiano una responsabilità che va oltre il profitto. Hanno il potere – e anche il dovere – di creare contesti abilitanti per chi vuole costruire una famiglia. E non è solo una questione etica: i dati ci dicono che le imprese che investono sul benessere delle persone registrano tassi di retention più alti, meno assenteismo e una maggiore produttività. È un circolo virtuoso che premia tutti: le famiglie, i lavoratori, le aziende stesse. Secondo l’Osservatorio Welfare 2024 di Edenred Italia, il 68% dei dipendenti ritiene molto rilevante l’impatto della condizione lavorativa sul benessere mentale e psicologico. Politiche di welfare aziendale, se supportate da una cultura organizzativa orientata al benessere, si rivelano cruciali nell’attrarre e trattenere talenti: per 7 persone su 10 la presenza di un piano di welfare costituisce un elemento sempre più importante nella scelta dell’azienda per cui lavorare.
Rete Adamo è un’alleanza tra diverse aziende. Può spiegare in cosa consiste la rete e come funziona?
La Rete Adamo nasce come uno spazio di lavoro condiviso e concreto. Non esiste una soluzione unica valida per tutti: ogni azienda ha la propria struttura, i propri processi e il proprio punto di partenza. Ma fare rete, confrontarsi, mettersi in discussione e testare nuove soluzioni è ciò che fa davvero la differenza. Ogni azienda che aderisce alla Rete partecipa in modo attivo, portando la propria esperienza e contribuendo alla definizione di buone pratiche. Lavoriamo insieme per costruire strumenti utili e modelli replicabili, pensati anche per realtà più piccole o con meno risorse. Tutte le iniziative vengono monitorate, misurate e valutate: vogliamo che ciò che funziona non resti un caso isolato, ma possa essere adottato da altri. Un esempio concreto è la Carta degli Intenti che abbiamo recentemente elaborato. Un documento sottoscritto dalle aziende fondatrici, che raccoglie i principi e gli impegni comuni a favore della genitorialità. È un gesto simbolico e operativo allo stesso tempo: un punto di partenza per generare azioni tangibili e ispirare altre imprese a fare la propria parte.
Quali sono, secondo la Rete Adamo, le politiche aziendali più efficaci per supportare la natalità e la genitorialità?
Le politiche efficaci sono quelle che rispondono ai bisogni reali delle persone nella loro quotidianità. Non servono soluzioni astratte, ma strumenti concreti che aiutino le famiglie a vivere meglio il lavoro e la genitorialità. Parliamo di flessibilità oraria, che consente di conciliare vita professionale e familiare. Parliamo di smart working stabile, non emergenziale, che riduce il tempo perso negli spostamenti e aumenta la qualità della vita. Parliamo di un’equa fruizione dei congedi parentali da parte di entrambi i genitori, per promuovere una cultura della corresponsabilità. Ma ci sono anche misure meno visibili e altrettanto fondamentali: contributi economici per l’infanzia o sostegno nei primi mesi di vita del bambino con prodotti e sconti, accesso a strutture convenzionate o asilo aziendale, supporto psicologico, percorsi di reinserimento post-maternità, assistenza sanitaria integrativa. Questi servizi aiutano i dipendenti a sentirsi sostenuti e riconosciuti anche in momenti di maggiore sensibilità. Nell’ottica di strumento utile a fronteggiare l’inflazione e le difficoltà familiari nella vita di tutti i giorni, il welfare aziendale assume anche un ruolo di sostegno per le pari opportunità e la gender equality, considerato positivamente dalla maggioranza dei dipendenti. Aggiungo qualche dato: il 59% dei lavoratori ritiene importante il welfare aziendale per offrire alle donne benefit che facilitino la conciliazione vita-lavoro, il 54% per favorire la natalità, il 53% quale supporto per lo sviluppo professionale delle donne e il 50% per ridurre il divario generale tra donne e uomini. Noi stesse aziende della Rete abbiamo registrato nel primo anno di lavoro un aumento del 2% del tasso di natalità all’interno delle nostre aziende. In sintesi, investire nel benessere delle persone non è un costo da assorbire, ma un investimento ad alto rendimento. Le aziende che lo capiscono prima saranno quelle che sapranno crescere di più, attrarre talenti migliori e costruire un futuro sostenibile anche sul piano umano.
Quali sono le difficoltà maggiori che le aziende italiane incontrano nell’adottare politiche di supporto alla natalità e alla genitorialità?
La prima difficoltà è strutturale. In Italia solo da poco tempo si è avviata una politica di sostegno alla natalità e gli incentivi, sia fiscali che normativi, non sono ancora forti per le aziende che investono in welfare familiare. Una regia istituzionale che premi maggiormente le imprese virtuose e trasformi le buone pratiche in nuovo standard stimolerebbe le aziende a fare di più. Proprio per questi motivi, la Rete Adamo si rende disponibile a interagire con le istituzioni per contribuire a promuovere in modo attivo politiche strutturali sulla genitorialità.
C’è poi un duplice nodo culturale: da una parte la preoccupazione da parte delle aziende che la flessibilità possa portare a un minore controllo dei flussi e una perdita di condivisione e produttività; dall’altra ancora pochi papà prendono il congedo parentale, anche laddove previsto in forma prolungata rispetto alla legge. Rete Adamo sta lavorando su entrambi i fronti per dimostrare che si possono costruire modelli ibridi funzionali e produttivi e per promuovere la genitorialità condivisa come valore. Infine, c’è la solitudine. Per molte piccole e medie imprese il cambiamento sembra un’impresa impossibile da affrontare da sole. Ed è proprio qui che la Rete Adamo può fare la differenza: offriamo condivisione, strumenti concreti e modelli già testati. Nessuno deve partire da zero o ‘reinventare la ruota’: entrare nella rete significa non essere più soli nel costruire un ambiente di lavoro a misura di famiglia.
Guardando al futuro, come vede l’evoluzione del supporto alla genitorialità nelle aziende italiane?
Il cambiamento è già in corso. Sempre più imprese iniziano a porsi domande nuove e fondamentali: come trattenere i talenti? Come attrarre giovani motivati, competenti, in cerca di un equilibrio tra vita e lavoro? La risposta passa, sempre più spesso, attraverso il welfare. Oggi chi sceglie un’azienda non guarda solo la retribuzione: vuole sentirsi visto, riconosciuto e valorizzato come persona.
Crediamo che nei prossimi anni assisteremo a una vera e propria ‘competizione positiva’ tra imprese: chi saprà offrire contesti inclusivi, flessibili, capaci di accogliere i bisogni familiari dei lavoratori, sarà premiato. Le politiche per la genitorialità e il benessere personale diventeranno parte integrante dei processi di selezione, fidelizzazione e crescita interna. Non sarà più un plus, ma una condizione indispensabile.
Noi vogliamo accompagnare questa trasformazione offrendo dati concreti, strumenti replicabili e buone pratiche condivise. Non per stilare classifiche, ma per alzare il livello del gioco. Perché quando un’azienda migliora il proprio approccio al welfare, sostenendo le famiglie (presenti e future), non investe solo in produttività e benessere ma contribuisce a dare un supporto che può diventare significativo in un Paese che sta affrontando una crisi demografica senza precedenti.
La Rete Adamo è aperta anche ad altre aziende. Come possono altre realtà aderire e qual è il vantaggio per loro nel farlo?
Siamo sempre pronti ad accogliere nuove realtà che abbiano voglia di approfondire tutti questi aspetti e di fare rete. Aderire alla Rete Adamo significa partecipare attivamente, condividere esperienze, mettersi in ascolto e contribuire alla costruzione di un cambiamento concreto. Chiediamo coinvolgimento e offriamo molto in cambio.
Chi entra riceve strumenti operativi, dati aggiornati, occasioni di confronto e, soprattutto, una rete di confronto viva, fatta di aziende che credono nella stessa visione. È spesso in questo scambio che si accende l’innovazione, anche per le realtà più piccole o meno strutturate.
Il vantaggio è duplice: strategico e umano. Strategico, perché rafforza il posizionamento dell’azienda sul mercato, ne aumenta l’attrattività verso lavoratori qualificati e migliora la capacità di trattenere i talenti. Umano, perché migliora il clima interno, la motivazione, il senso di appartenenza e la fiducia tra azienda e persone. Entrare nella Rete Adamo significa mandare un messaggio forte e chiaro: ‘La genitorialità non è un ostacolo alla crescita professionale ma un valore che deve essere riconosciuto.’ E oggi, questo vale più di qualunque slogan.
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