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Le inchieste di IF/ L’Europa torna statalista, Italia compresa


Dalle batterie ai semiconduttori, dalla difesa all’energia: l’Europa riscrive la grammatica economica e torna a pianificare. La Francia investe, la Germania protegge, Bruxelles legittima. Ma è l’Italia il laboratorio più avanzato: partecipazioni, golden power, fondi sovrani. Un’inchiesta sul nuovo interventismo europeo e i rischi che corre il mercato unico.

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La svolta: fine del liberismo, inizio del controllo

C’è un’Europa prima e dopo il 2020. Dopo decenni in cui il mercato era considerato il miglior regolatore possibile, oggi la retorica è ribaltata. L’Unione Europea parla apertamente di “autonomia strategica”, “sovranità industriale”, “resilienza delle filiere”. Il lessico è cambiato, la sostanza anche: è lo Stato – non più il capitale privato – a orientare l’economia reale.

“Il mercato da solo non garantisce né sicurezza né competitività. Servono scelte politiche forti”.

L’obiettivo è rompere la dipendenza da attori extraeuropei, soprattutto nei settori critici.

Timeline – Il ritorno dello Stato in Europa (2019–2025)

  • 2019 – Macron introduce il “sovranismo europeo”
  • Dilazione debiti

    Saldo e stralcio

     

  • 2020 – Pandemia e sospensione del Patto di stabilità
  • 2021 – Nasce il PNRR italiano
  • 2022 – Invasione Ucraina e sicurezza economica
  • 2023 – Brussels lancia il Temporary Framework
  • 2024 – Francia e Germania monopolizzano gli aiuti
  • 2025 – Dazi Ue sulle auto cinesi, esplodono i fondi sovrani

Berlino e Parigi: chi può spendere comanda

Francia e Germania guidano la nuova economia di Stato. Berlino ha nazionalizzato Uniper, salvato Siemens Energy e Deutsche Bahn, investendo miliardi in idrogeno. Parigi ha rafforzato EDF, mobilitato 22 miliardi tramite Bpifrance e creato fondi ad hoc per mobilità, IA e aerospazio.

“La sovranità industriale è il primo pilastro della nostra libertà”.

I fondi sovrani europei: chi investe davvero?

Italia formalmente è la più dotata, ma resta indietro. Francia, Germania e Spagna impiegano strumenti più snelli e mirati. L’Italia, invece, soffre per lentezze burocratiche e mancanza di una strategia unitaria.

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Bruxelles: il mercato unico sotto deroga

Oltre 900 miliardi di aiuti pubblici autorizzati dal 2023 al 2025. Ma la distribuzione è squilibrata: Germania e Francia si prendono oltre la metà delle risorse. Eppure, la Commissione Ue continua a derogare alle regole sugli aiuti di Stato.

“Non possiamo sacrificare la concorrenza sull’altare della sicurezza strategica”.

L’Italia e il nuovo statalismo

Con 31 società controllate direttamente dallo Stato e 39 partecipazioni indirette, l’Italia è oggi uno dei Paesi più attivi. Il golden power è applicato con record europeo: 74 interventi nel 2024. Settori strategici: difesa, energia, spazio, IA, agroalimentare.

I nuovi strumenti: reshoring, partecipazioni e investimenti

Troppi strumenti e poca regia: fondo filiere critiche, ReMade in Italy, interventi diretti e partecipazioni. Il rischio è la dispersione di risorse senza un disegno strategico coerente.

I progetti comuni europei: cooperazione o nazionalismo mascherato?

Gli IPCEI dovrebbero unire l’Europa industriale, ma la leadership resta franco-tedesca. L’Italia, pur tecnicamente qualificata, non riesce a imporsi nella governance dei consorzi.

“Abbiamo le competenze, ma non la capacità politica di imporre la nostra agenda”.

Autonomia o protezionismo?

Il confine è sempre più sottile. I dazi su auto cinesi, le indagini su Huawei e il controllo sugli investimenti esterni segnalano un cambio strutturale di rotta. Ma cresce anche il rischio di distorsioni interne e sussidi a pioggia.

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Riforme e vincoli: la voce di Cottarelli

  • “La priorità dello Stato è fare bene i propri compiti tradizionali prima di diventare imprenditore”
  • “Il governo non ha alcuna idea di come fare le privatizzazioni”
  • “Le imprese pubbliche non possono essere un fine in sé”
  • “L’Italia cresce troppo poco, servono riforme strutturali”
  • “La svalutazione non è la soluzione”

Scenari futuri: tre rischi del nuovo statalismo europeo

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  1. Inflazione da sussidi: prezzi drogati e investimenti privati spiazzati.
  2. Frammentazione interna: Ue divisa tra chi può spendere e chi no.
  3. Mancanza di exit strategy: lo Stato resta anche quando dovrebbe uscire.

Quale Stato, per quale economia

Il ritorno dello Stato è strutturale, non episodico. Ma senza una regia europea condivisa, rischia di diventare un esperimento nazionale sbilanciato, con l’Italia in prima linea ma anche più esposta ai suoi limiti.

“Il futuro dell’Europa si gioca su una domanda: sarà un continente con 27 Stati imprenditori in concorrenza, o un blocco coeso capace di reggere la sfida globale?”



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