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Miniere in Italia, parte il Programma Nazionale di Esplorazione


Diventano operativi 14 progetti di indagine su giacimenti e rifiuti estrattivi. Coinvolte 11 Regioni, 400 esperti e nuove tecnologie per rilanciare il potenziale delle miniere in Italia.

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Miniere in Italia – Immagine realizzata con IA

Ecco il Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria

A trent’anni dall’ultimo piano pubblico di ricerca, le miniere in Italia tornano al centro dell’interesse nazionale con il nuovo Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria (PNE), approvato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE). Il progetto, affidato a ISPRA – attraverso il Servizio Geologico d’Italia – è il primo passo verso la ricostruzione di una strategia mineraria che, nelle intenzioni del governo, dovrà essere moderna e sostenibile. L’obiettivo è duplice: individuare nuove risorse del sottosuolo e valutare il potenziale di recupero dai rifiuti estrattivi abbandonati, mappati tramite il progetto PNRR URBES. (Leggi anche l’articolo sulla mappa delle risorse minerarie in Italia).

La prima fase di attività, finanziata con 3,5 milioni di euro, coinvolge 15 unità operative e oltre 400 specialisti, e prevede solo indagini non invasive: immagini da satellite, rilievi geochimici e geofisici, radiografia muonica e intelligenza artificiale. I dati saranno raccolti nel database GeMMA, una piattaforma nazionale pubblica sviluppata per garantire trasparenza e accesso alle informazioni da parte di enti, cittadini e potenziali investitori.

Un piano strategico per il rilancio delle miniere in Italia

Il PNE si articola in 14 progetti di ricerca distribuiti su tutto il territorio, con particolare attenzione alle aree già note per la loro vocazione mineraria. L’iniziativa si concentra sulle Materie Prime Critiche e Strategiche indicate dall’Unione Europea, come litio, terre rare, rame, tungsteno, boro, grafite e metalli del gruppo del platino. Ma non solo: sono inclusi anche minerali industriali come zeoliti, feldspati e caolino, di grande interesse per la manifattura italiana.

Nel Piemonte, l’attenzione si concentra sull’area di Finero, per i metalli del gruppo del platino, e sulle ofioliti liguri per rame e manganese. In Lombardia e Trentino-Alto Adige si indaga la fluorite e le terre rare delle Alpi meridionali. In Toscana e Lazio, i geologi esploreranno i depositi di litio in contesti geotermici, oltre a quelli storici di antimonio e magnesite nelle Colline Metallifere. Nella Sila, in Calabria, tornano le ricerche sulla grafite. E in Sardegna – regione simbolo delle miniere in Italia – si studieranno fluorite, rame, tungsteno, feldspati, terre rare e molti altri minerali, anche in ex distretti come Funtana Raminosa e la soglia di Siliqua.

Un settore, da anni, in progressiva dismissione

Dei 3.016 siti che sono stati in produzione negli ultimi 150 anni, solo 94 hanno una concessione ancora in vigore e 76 sono i siti che risultano in produzione, con l’ultimo aggiornamento che risale alla fine del 2023. 562 siti minerari dismessi o abbandonati presentano un grado di rischio ecologico-sanitario da medio ad alto. Diversi siti minerari musealizzati sono entrati a far parte della Rete nazionale dei musei e parchi minerari – REMI, coordinata da ISPRA.

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Sardegna, la regione con il maggior potenziale minerario d’Italia

La Sardegna rappresenta storicamente il fulcro dell’attività mineraria italiana. Con oltre 600 concessioni minerarie, l’isola ha ospitato alcune delle più importanti estrazioni di metalli base e minerali industriali del Paese, tra cui piombo, zinco, argento, rame, tungsteno, fluorite, feldspati, bentoniti, zeoliti e caolino.

Il distretto minerario sardo è il più vasto in Italia e comprende anche l’eredità più pesante in termini ambientali: l’area mineraria della Valle del Rio San Giorgio, che comprende anche il distretto di Montevecchio, ospita secondo ISPRA, ben 195 discariche minerarie, per un volume stimato di 2,8 milioni di metri cubi, e 20 bacini di flottazione, che raggiungono complessivamente 13 milioni di metri cubi di rifiuti estrattivi.

La miniera sotterranea di fluorite di Genna Tres Montis, nel comune di Silius, invece, è in fase di riavvio e si candida a diventare una delle più rilevanti in Europa, contribuendo alla riduzione della dipendenza dall’import cinese.

Nel Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria, la Sardegna è la regione con il maggior numero di progetti attivi: ben 5 aree (su 14 totali) oggetto di indagine per litio, terre rare, tungsteno, fluorite, barite, rame, molibdeno e altri materiali critici e strategici.

Focus su rifiuti estrattivi e sostenibilità ambientale

Il rilancio delle miniere in Italia non riguarda solo le risorse del sottosuolo, ma anche il recupero di materie prime seconde dai rifiuti estrattivi generati da attività minerarie del passato. Il Progetto URBES (Urban mining and Extractive waste information System), finanziato con 10 milioni di euro dal PNRR, mira a mappare e caratterizzare centinaia di strutture di deposito, per valutarne la pericolosità ecologica e il potenziale economico.

Tra le priorità ci sono la bonifica di discariche pericolose, come quelle di Montevecchio in Sardegna, e l’analisi di fanghi ad alto contenuto metallico. Le attività del PNE e del progetto URBES saranno integrate e complementari: da un lato si analizzano i giacimenti naturali, dall’altro si monitora l’eredità ambientale delle vecchie miniere. Entrambi i filoni rientrano negli obblighi previsti dal nuovo Regolamento UE sulle Materie Prime Critiche (CRMA), entrato in vigore nel maggio 2024.

Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria, ricostruire l’ecosistema

Il Programma mira anche a ricostruire un ecosistema minerario in grado di accompagnare la transizione ecologica e industriale. La carenza di imprese e competenze nel settore minerario metallifero ha spinto ISPRA a coinvolgere università, centri di ricerca e professionisti qualificati. La conoscenza del sottosuolo, infatti, non si improvvisa. Per questo il PNE prevede anche un piano formativo dedicato e un piano di comunicazione per coinvolgere enti locali e comunità.

Le miniere in Italia possono tornare a essere una risorsa strategica – ha dichiarato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratinpurché siano gestite secondo criteri moderni e sostenibili, e inserite in un quadro normativo trasparente”. Dello stesso parere il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che sottolinea come “senza materie prime non c’è innovazione, decarbonizzazione né futuro industriale. Il PNE è uno strumento per l’autonomia strategica dell’Italia”.

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Materie prime e transizione: il potenziale delle miniere in Italia

Il fabbisogno di materie prime è destinato ad aumentare in modo esponenziale nei prossimi anni, trainato dalla digitalizzazione e dalla transizione energetica. Molte delle 34 materie prime critiche identificate dalla Commissione Europea (17 delle quali strategiche) sono fondamentali per batterie, microchip, motori elettrici e tecnologie green.

In questo contesto, le miniere in Italia possono contribuire a ridurre la dipendenza da fornitori esteri e mitigare i rischi legati all’instabilità geopolitica. Il Programma non punta a rendere l’Italia un Paese autosufficiente, ma a valorizzare le risorse esistenti, con attenzione al contesto ambientale e sociale. Nessun permesso per attività estrattive, assicura il Ministero, sarà concesso senza una successiva fase di esplorazione operativa e senza passare attraverso le opportune valutazioni di impatto ambientale.



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