L’intelligenza artificiale sta trasformando le aziende ed il modo di lavorare, promettendo produttività ed innovazione. Ma l’IA non è solo uno strumento per il business; è anche un’arma potente per gli attacchi cyber e una nuova area di vulnerabilità.
C’è una crescita della consapevolezza dei vantaggi dell’usare l’IA in azienda, ma le piccole e medie imprese, spesso in ritardo nella digitalizzazione, non sono sempre pronte a identificare e gestire questi nuovi rischi.
L’intelligenza artificiale come arma: i nuovi strumenti degli hacker
Nella lotta a guardia e ladri tra responsabili IT delle aziende e hacker, l’AI è ampiamente sfruttata per potenziare le difese, ma anche per rendere gli attacchi cyber più efficaci. Le PMI italiane tendono a sottovalutare la rilevanza della cybersecurity: quasi un’azienda italiana su cinque è ancora a un livello “principiante” in termini di sicurezza (fonte: “Rapporto Cyber Index PMI 2024“, promosso da Generali, Confindustria, ACN e Politecnico di Milano).
- Phishing e Social Engineering di Nuova Generazione. Dimenticate le email di phishing piene di errori. L’IA generativa permette di creare messaggi personalizzati e linguisticamente perfetti. In Italia, gli incidenti di social engineering hanno un’incidenza particolarmente elevata, a riprova di come il fattore umano sia uno dei principali punti di debolezza. La tecnologia deepfake, sia video che audio, può essere usata per impersonare manager e autorizzare transazioni fraudolente, rendendo gli attacchi incredibilmente convincenti.
- Creazione di Malware Polimorfico. L’IA può essere utilizzata per generare codice malevolo in grado di adattarsi cambiare la propria struttura per eludere i software antivirus. Questo permette agli hacker di lanciare attacchi su larga scala con una probabilità di successo molto più alta.
- Automazione degli Attacchi. I modelli AI possono analizzare sistemi aziendali per scovare vulnerabilità ed eseguire attacchi in modo automatizzato.
L’IA come bersaglio: le nuove vulnerabilità aziendali
L’adozione di sistemi di IA, in particolare di chatbot e assistenti virtuali basati su LLM – Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni, apre le porte a nuove forme di manipolazione. Questi sistemi, per quanto avanzati, possono essere imbrogliati in modi che una persona probabilmente riconoscerebbe.
- Prompt Injection e Jailbreaking. Un utente malintenzionato può creare input (prompt) appositamente studiati per aggirare le restrizioni di un chatbot, “convincendolo” a rivelare informazioni sensibili, eseguire azioni non autorizzate o generare contenuti dannosi per l’azienda. Per esempio, facendosi fare un’offerta commerciale a valori ridicolmente bassi.
- Data Poisoning (Avvelenamento dei Dati). Se un hacker riesce a inserire dati corrotti nel set di addestramento di un modello, può comprometterne il comportamento. Il sistema potrebbe iniziare a fornire risposte errate, mostrare pregiudizi o creare falle di sicurezza.
- Estrazione di Dati Sensibili. Attraverso una serie di query mirate, un malintenzionato può tentare di ricostruire parti dei dati originali su cui il modello è stato addestrato, esponendo potenzialmente informazioni private.
Rischi interni: quando l’intelligenza artificiale sbaglia da sola
Il pericolo non viene solo dall’esterno. A volte, il rischio più grande risiede nel comportamento imprevedibile dell’IA stessa, un problema acuito dall’aver fatto ancora poco training dei sistemi in azienda.
- Allucinazioni e Risposte Errate. I modelli AI possono generare informazioni false ma plausibili, le “allucinazioni”. Basare decisioni critiche su output errati o dare risposte errate al cliente esterno può avere conseguenze disastrose a livello economico e di immagine.
- Disallineamento con Valori e Policy Aziendali. Un modello AI potrebbe fornire risposte che violano le policy etiche, le normative o i valori aziendali, causando danni reputazionali e legali.
Strategie di difesa: una guida alla sicurezza per le aziende
Proteggersi richiede un approccio ad ampio raggio, che parte dall’IT ma deve includere anche molte altre figure aziendali non tecniche.
- Creare una Governance dell’IA. Stabilire linee guida chiare su come e dove l’IA può essere utilizzata, chi è responsabile della sua gestione e quali dati possono essere processati.
- Formare i Dipendenti. La prima linea di difesa è un personale consapevole, perchè il fattore umano è spesso l’anello debole della catena di sicurezza.
- Proteggere i Dati di Addestramento. Trattare i dati usati per addestrare i modelli con la massima sicurezza, per prevenire attacchi di data poisoning.
- Adottare il Red Teaming per l’IA. Simulare attacchi contro i propri sistemi di IA (es. prompt injection) per identificarne e correggerne le debolezze prima che lo faccia un vero attaccante.
- Implementare Strumenti di Controllo e Allineamento. Utilizzare soluzioni specifiche, per garantire che i modelli IA operino entro i confini stabiliti dalle policy aziendali.
Il case study di una startup
È qui che entrano in gioco soluzioni innovative. La startup italiana Principled-intelligence, ad esempio, ha sviluppato una piattaforma per affrontare questo problema: il loro software agisce come un “guardiano” per i sistemi di IA, monitorando e filtrando gli output per garantire che siano sempre allineati con le policy specifiche dell’impresa.
In conclusione, vale il vecchio detto: “meglio prevenire che curare”. Gestire per tempo il rischio legato all’IA è un investimento necessario per non trovarsi, domani, ad affrontare problemi ben più grandi e costosi.
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