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guerra sui sussidi a Tesla e SpaceX


Il Big Beautiful Bill Act, la legge di spesa che per rendere permanenti e ancora più regressivi i tagli fiscali della prima presidenza Trump aumenterebbe il disavanzo federale di 3.300 miliardi di dollari in dieci anni, procede con estrema difficoltà il suo iter al Senato. Ed è la miccia che fa di nuovo esplodere lo scontro tra Donald Trump e l’ex primo finanziatore e braccio destro Elon Musk. Con un post al vetriolo su X, il miliardario fondatore di Tesla e SpaceX ha attaccato frontalmente il provvedimento fortemente voluto dal presidente americano, che punta a firmarlo entro il 4 luglio dopo il via libera del Congresso. Trump gli ha risposto minacciando ulteriori tagli ai sussidi per le sue aziende che lo costringerebbero a “chiudere bottega e tornare a casa in Sudafrica“. Il che ha fatto crollare in borsa il titolo Tesla in avvio. Stoccata finale: ai giornalisti che gli chiedevano dell’ipotesi di espellere Musk ha risposto “dovremo darci un’occhiata“.

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Poi il tycoon ha di nuovo invitato i repubblicani a votare la legge al più presto perché se non passa ci sarà “un aumento delle tasse del 68%”. Il pacchetto fiscale prevede tra il resto l’abolizione delle imposte sulle mance, cavallo di battaglia della campagna trumpiana, e maggiori risorse per la difesa e il contrasto all’immigrazione clandestina. Secondo l’analisi dell’Ufficio del bilancio del Congresso, per controbilanciare parzialmente le minori entrate lascerebbe 12 milioni di americani senza assicurazione sanitaria Medicaid oltre a limitare l’accesso ai buoni alimentari.

“È evidente, con la spesa folle di questo disegno di legge che aumenta il tetto del debito di un record di 5.000 miliardi di dollari, che viviamo in un Paese con un unico partito: il partito del maiale”, ha scritto Musk. “È ora di un nuovo partito politico che si preoccupi davvero delle persone”. “Ogni membro del Congresso che ha fatto campagna per ridurre la spesa e poi ha immediatamente votato per il più grande aumento del debito della storia dovrebbe vergognarsi”, ha incalzato. “Perderanno le primarie nei prossimi anni, anche se fosse l’ultima cosa che faranno su questa Terra”. In contemporanea ha annunciato che il sondaggio da lui lanciato a inizio giugno sull’opportunità di “creare un nuovo partito politico in America che rappresenti realmente l’80% della popolazione media” si è chiuso con un 80% di sì.

Parole che hanno fatto infuriare Trump, il quale ha risposto con un post dai toni minacciosi. “Elon Musk sapeva bene che ero contrario all’obbligo dei veicoli elettrici. È ridicolo, e lo è sempre stato. Le auto elettriche vanno bene, ma nessuno dovrebbe essere obbligato a comprarle”, ha scritto. Poi l’affondo: “Elon potrebbe ricevere più sussidi di qualsiasi altro essere umano nella storia. Senza sussidi, probabilmente dovrebbe chiudere bottega e tornare a casa in Sudafrica. Niente più razzi, satelliti o auto elettriche. E risparmieremmo una FORTUNA”. Il presidente ha anche evocato l’idea di coinvolgere – in una nemesi beffarda – il Doge, il dipartimento per l’efficienza del governo della sua amministrazione, per “dare un’occhiata seria” ai finanziamenti pubblici ricevuti dalle aziende del miliardario.

Dietro le invettive, si intravedono tensioni più profonde nel Partito Repubblicano. Alcuni senatori conservatori – come Rand Paul e Mike Lee – hanno già annunciato il voto contrario al Big beautiful bill, mentre i moderati Lisa Murkowski e Susan Collins chiedono modifiche per proteggere ospedali rurali e programmi anti-povertà. La leadership, intanto, cerca un equilibrio impossibile: far passare la legge senza perdere pezzi e senza scatenare una ribellione alla base. A complicare il quadro, c’è il sospetto – alimentato da Musk e rilanciato dai democratici – che la contabilità usata dai repubblicani per calcolare l’impatto fiscale del pacchetto si basi su trucchi contabili, considerando come “politica invariata” le agevolazioni fiscali in scadenza, così da ridurre artificialmente il peso delle nuove misure sul deficit.

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