Rafforzare la difesa aerea, ma puntare anche sui servizi spaziali per forze armate.
È quanto sostiene Alessandro Marrone, responsabile del Programma Difesa dello Iai, circa l’incremento della spesa militare deciso dalla Nato che pone l’accento sulla necessità di rafforzare le capacità difensive dell’Alleanza Atlantica.
“Questo aumento della difesa il bilancio di difesa in dieci anni, verso il 3,5%, permette di fare delle scelte importanti sul procurement, sulle capacità, ma rischia anche di far commettere dei grossi errori” riconosce Alessandro Marrone. “In particolare per l’Italia ci sono voluti dieci anni per passare dall’uno virgola qualcosa al 2% del PIl. Adesso avere un altro 1,5 in altri dieci anni è molto rispetto al periodo dagli anni Novanta ai Duemiladieci. Con questo aumento di di di spese bisogna fare le scelte giuste”, chiarisce Marrone.
E quali sarebbero? “Le scelte giuste sono quelle già identificate dalla pianificazione fatta dallo Stato maggiore della Difesa, dalle singole forze armate, quindi dalla struttura competente che segue nel dettaglio la pianificazione dello strumento militare che rispetta i requisiti capacitativi Nato – che sono molto più impegnativi ed elevati per l’Italia e per tutti i paesi europei dopo l’invasione russa del 2022 – la definizione degli obiettivi per il World Fighting, per uno scenario conflitto ad alta intensità con un avversario alla pari come la Russia, ma con molti minori assetti americani sul continente europeo – perché questo diventa l’assunto della pianificazione, cioè riassicurare la deterrenza e la difesa collettiva rispetto alla Russia con meno assetti americani quanto di meno si vedrà nei prossimi anni, ma sicuramente con meno rispetto allo stato attuale”.
Tutti i dettagli.
SEGUIRE LA PIANIFICAZIONE DELLO STATO MAGGIORE DELLA DIFESA
“Da analista – prosegue l’esperto dello Iai – la prima cosa sensata di dire è di seguire questa pianificazione, tenendo presente che l’Italia negli scorsi anni ha avviato diversi programmi, con tempistiche molto dilatate nel tempo. E questo vale per l’acquisizione della prossima generazione di Main Battle tank per l’Esercito, per i sistemi di missilistica e anche per gli investimenti su programmi nuovi su ricerca e sviluppo, come il Gcap (Global Combat Air Programme), per cui gli 8 miliardi messi a bilancio sono stati spalmati in orizzonte fino al 2050, che è troppo lungo per le esigenze di investire adesso nelle tecnologie chiave.”
QUESTIONE DI TEMPO
Innanzitutto una cosa “ragionevole da fare è accorciare la tempistica dei programmi sia di ricerca e sviluppo sia di acquisizione, mettendo più risorse già su 2025, 2026, 2027, 2028 e così via. Quindi il prossimo Dpp 2025-2027 dovrebbe avere un volume maggiore su questi tre anni di di investimenti, non tanto su cose nuove – perché appunto la pianificazione militare già c’è –, ma sull’accelerare le le iniziative già avviate a fronte purtroppo dell’offerta che non ha aumentato molto la capacità produttiva negli scorsi anni, mentre avrebbe dovuto farlo perché era già chiaro che il trend era verso una maggiore spesa militare in Europa, anche prima del Rearm Europe e dell’amministrazione Trump” illustra Marrone.
Allo stesso tempo, l’analista fa notare che che “alcune aziende hanno aumentato la loro capacità produttiva come Thales Alenia Space Italia con la Space Factory, utilizzando in parte fondi del Pnrr. Così come Rheinmetall Italia con nuovi investimenti, mentre altre aziende hanno fatto meno o non l’hanno fatto. Siamo di fronte a dei colli di bottiglia, a delle difficoltà alla supply chain e a dei prezzi che sono aumentati da sistemi missilistici ad altro. Per cui in realtà più budget onestamente vuol dire più assetti se il prezzo della singolarità è aumentato molto negli anni scorsi”.
INVESTIMENTI INFRASTRUTTURALI
Pertanto, secondo l’esperto del think tank romano, “una parte degli investimenti vanno anche legati a investimenti infrastrutturali nei siti produttivi, nel velocizzare attività di certificazione, di test, di di certificazione, in modo da velocizzare i processi. E per quanto possibile, nelle modalità opportune, anche per favorire un maggiore investimento nell’università, nella politica di ricerca, nei centri di ricerca in generale nel mondo dell’Accademia, per formare più personale giovane che già da anni serve disperatamente alle imprese del settore e che servirà ancora di più”.
OBIETTIVO AVERE UNO STRUMENTO MILITARE BILANCIATO
Tornando all’interrogativo iniziale – dove investire queste risorse del riarmo Nato – Marrone ricorda che “lo strumento militare deve essere bilanciato. La prospettiva di operazioni caratterizzate da sempre più integrazione interforze e di operazioni multidominio. Dunque bisogna sia continuare a investire sulle eccellenze – dove si è forti –, ma sia anche colmare dei gap. E sono emersi i gap in questi tre anni dalle lezioni apprese in Ucraina, in particolare gap evidenti per quanto riguarda la difesa aerea missilistica integrata, le brigate pesanti dell’esercito, con tutte quindi le loro componenti, dai Main Battle tank all’artiglieria. Sempre in ottica di perseguire uno strumento militare bilanciato, si deve continuare a investire sul potere aereo, sul dominio navale e, per la quota difesa di investimenti molto più ampi, bisogna investire sullo spazio come dominio operativo di per sé con il fattore abilitante sugli altri”.
LE CRITICITÀ DEL PROGRAMMA REARM EUROPE
Purtroppo, osserva l’esperto dello Iai, “per come è Rearm Europe non incentiva l’integrazione del coordinamento europeo, saranno più procurement nazionali. E per quanto riguarda la Nato, poggia su obiettivi capacitivi nazionali, quindi la palla sta nel campo degli Stati membri dell’Ue e della Nato. Dovrebbero mettersi insieme per lo meno per due, diciamo capacità che è veramente dannoso, inefficiente, inefficace frazionare a livello nazionale”.
PRIORITÀ: DIFESA AEREA MISSILISTICA INTEGRATA…
“Una è la difesa aerea missilistica integrata” evidenzia Alessandro Marrone spiegando che “bisogna federare gli assetti attuali e futuri, bisogna mettere a sistema sia a livello operativo in ambito Nato, ma sia come procurement per assicurarsi l’interoperabilità e la sinergia tra i Samp-t (sistema di difesa terra-aria franco-italiano) e i mezzi che la Germania e altri paesi parte da European Skyshild Initiative andranno ad acquistare.”
Secondo l’esperto dell’Istituto affari internazionali, è necessario “che a livello europeo vi sia coordinamento e sinergia tra gli investimenti nazionali sulla difesa aerea missilistica integrata, perché la portata della minaccia russa è quella che abbiamo visto in Ucraina, non è più quella di 10 anni fa in cui si ragionava su pochi missili lanciati all’Iran in momenti di massima tensione pre negoziato sul nucleare iraniano. È una difesa aerea missilistica integrata rispetto alla quantità, qualità e capacità produttiva – quindi di rigenerare droni, missili, bombe – da parte della Federazione russa sperimentata in Ucraina. Questo da solo sarebbe un flagship program, un progetto prioritario per tutti i paesi europei e per l’Unione europea quando si tratta di mettere in campo incentivi finanziari”.
Per Marrone “questa è la priorità a livello europeo perché è dove la geografia dell’Europa, degli spazi aerei, richiede integrazione e integrazione operativa già c’è in ambito Nato, pertanto bisogna spingere per quella tecnologica e industriale per l’interoperabilità”.
… E SERVIZI SPAZIALI
Dopodiché, secondo l’esperto dell’Istituto Affari Internazionali, “l’altro settore riguarda i servizi spaziali nonché lo spazio come dominio operativo. L’Europa è una potenza spaziale già con i programmi civili della Commissione europea come il Copernicus e Galileoe e già da tempo assistiamo a una domanda crescente di servizi spaziali e di inserimento dei servizi spaziali nelle piattaforme navali, terrestri, aerei. In questo ambito la competizione è tra giganti dei servizi spaziali come Starlink. Bisogna evitare che i singoli paesi europei o peggio ancora le singole forze armate (come sembra emergere dai piani dell’esercito tedesco) avvino dei programmi di investimento sui servizi spaziali a livello difesa che portino a frammentazione, quando invece bisogna fare massa critica di domanda di comunicazione satellitare, di connettività sicura, di satelliti Pnt (Positioning, Navigation and Timing), di satelliti per la Space situational awarness, di ISR”.
Infine, conclude Alessandro Marrone “Questa domanda aggregata va canalizzata verso fornitori europei in consorzi o in forma di joint venture, in modo che abbiano l’economia di scala per aumentare la capacità produttiva di satelliti e la capacità di lancio, quindi assicurare questi servizi spaziali ai paesi europei e alle istituzioni Ue, perché ricordiamoci che l’Unione europea ha un suo programma spaziale. Sarebbe infatti un grave errore non cogliere l’occasione di coordinare i maggiori investimenti militari nello spazio con gli investimenti civili nello spazio – programmi spaziali Ue o il Pnrr spaziale italiano – per avere dei servizi efficaci, resilienti, sicuri ed europei, con priorità alla sovranità operativa e tecnologica.”
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