Con l’approssimarsi del 9 luglio, data di scadenza della pausa tariffaria voluta dal presidente Usa Donald Trump, l’incertezza commerciale causata dai dazi torna al centro delle relazioni internazionali. Secondo un’analisi di Ing, il ritorno di dazi fino al 50% sui beni importati negli Stati Uniti è un’ipotesi concreta, salvo che non si concludano accordi in extremis o non vengano concesse proroghe mirate ai partner che stanno negoziando «in buona fede». Vediamo cosa potrebbe succedere secondo il team Macroeconomisti di Ing Paese per Paese.
Cina: dazi confermati al 55%, accordo su risorse strategiche
Nonostante un accordo riservato tra Washington e Pechino sul commercio di terre rare, la tensione commerciale resta altissima. Le tariffe statunitensi sulle merci cinesi raggiungono un’effettiva aliquota media del 55%, ben oltre le soglie previste per altri Paesi.
Ing sottolinea che nessun annuncio formale è stato fatto sul possibile allentamento dei dazi. Tuttavia, la Cina ha già avvertito che prenderà contromisure, qualora altri Paesi firmassero accordi che le risultassero «lesivi». Per ora, la linea di Washington sembra chiara: contenere Pechino sul piano commerciale, rendendo difficile alle imprese cinesi accedere al mercato Usa se non attraverso concessioni specifiche.
Unione Europea: rischio escalation, ma c’è spazio per un compromesso
Trump ha minacciato di alzare i dazi sull’Ue dal 20% al 50% se entro il 9 luglio non verrà trovato un accordo. In particolare, sono in discussione tariffe su auto, acciaio, alluminio e semiconduttori, con un occhio di riguardo alla legislazione europea sul regolamento sui mercati digitali e al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere. Secondo Ing, Bruxelles potrebbe concedere esenzioni normative per le aziende statunitensi, in cambio di una tariffa universale del 10%.
La risposta dell’Ue, qualora non si trovasse nessun accordo, è prevista per il 14 luglio. Tuttavia, Ing ritiene che qualsiasi escalation sarà simbolica e limitata a settori non strategici, mantenendo aperta la porta ai negoziati. Una proroga tecnica è molto probabile.
Canada: tregua prolungata solo grazie alla rinuncia alla Digital Tax
Il Canada è riuscito a ottenere una proroga fino al 21 luglio, dopo aver annullato in extremis la tassa del 3% sui servizi digitali destinata ai colossi tecnologici statunitensi, retroattiva al 2022. Questo gesto ha sbloccato lo stallo negoziale con Washington, che aveva inizialmente interrotto i colloqui.
Ing evidenzia come il Canada si sta muovendo in modo pragmatico, accettando richieste statunitensi pur di evitare le tariffe del 25% sui beni non conformi all’Usmca. È probabile che si arrivi a un nuovo accordo commerciale bilaterale entro fine luglio, che metterebbe il Canada al riparo da una guerra tariffaria prolungata.
Regno Unito: verso un accordo bilaterale modello
Il Regno Unito è tra i Paesi più vicini a un’intesa strutturata con gli Stati Uniti. Attualmente beneficia di un contingente tariffario agevolato del 10% per 100 mila veicoli e di una tassa ridotta al 25% su acciaio e alluminio, valida almeno fino al 9 luglio.
Ing ritiene che un accordo bilaterale completo tra Usa e Uk sia imminente, escludendo Londra dalle possibili escalation tariffarie previste per altri Paesi.
Messico: nessun aumento imminente
Il Messico, al pari del Canada, è soggetto a dazi del 25% e 10% su beni non conformi all’accordo Usmca. Per Ing, il rispetto rigoroso delle regole di origine sarà cruciale per evitare ripercussioni.
Gli Stati Uniti stanno adottando una strategia selettiva, e il Messico è considerato un partner essenziale per catene di fornitura strategiche (come auto e semiconduttori). Tuttavia, ogni deviazione dagli standard pattuiti potrebbe riattivare le tariffe.
Giappone: rischio concreto di dazi su auto e ricambi
Il Giappone è tra i Paesi più esposti alle misure, con dazi del 25% già in vigore su auto e componenti. Ing segnala che non sono in corso trattative significative tra Tokyo e Washington, con il rischio concreto che dal 9 luglio le misure si irrigidiscano ulteriormente. In mancanza di un’intesa, il settore automotive giapponese sarà probabilmente tra i più colpiti.
Il protezionismo Usa è qui per restare
Per Ing, il protezionismo resterà la linea guida della politica commerciale Usa. L’aliquota media resterà intorno al 13%, con variazioni settoriali previste entro la fine dell’anno in settori strategici come rame, legname, semiconduttori, farmaci e costruzioni navali. Il messaggio è chiaro: non ci saranno accordi per azzerare i dazi, e gli Stati Uniti continueranno a usarli come strumento geopolitico oltre che commerciale. (riproduzione riservata)
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