L’Italia si posiziona al quinto posto in Europa per efficienza energetica, con un Energy Intensity Index (rapporto tra consumo lordo di energia e PIL) che nel 2024 è migliore del 16% rispetto alla media UE e consumi residenziali pro capite ridotti dell’8% dall’anno prima.
Una buona performance che però procede a ritmo insufficiente: rispetto al 2022, infatti, siamo scesi di una posizione, mentre altri Paesi come Germania, Francia e, in parte, Spagna tra il 2014 e il 2023 hanno risalito la graduatoria, riducendo il gap.
Quanto agli investimenti, nel 2024 sono stimati tra i 58 e i 66 miliardi di euro, decisamente meno dei 75-85 del 2023 e ancora per metà concentrati nel settore residenziale nonostante il calo dovuto alle modifiche al Superbonus.
Invece, per allinearci pienamente agli obiettivi energetici dell’Unione Europea, nello scenario più ambizioso, dovremmo ridurre i consumi finali di energia a 93 Mtep entro il 2030 (target poco realistico con le sole misure attualmente previste o attuate) e portare gli investimenti addirittura a 308 miliardi di euro nel 2030.
Sono alcuni dei dati che emergono dall’Energy Efficiency Report 2025, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.
Gi investimenti per settore: calano quelli nel residenziale
Analizzando gli investimenti 2024 in efficienza energetica, si nota il forte calo che ha caratterizzato il settore residenziale, da 44-49 miliardi di euro del 2023 a 29-32 miliardi.
Un po’ più stabili gli altri settori: l’industriale ha allocato tra i 2,3 e i 2,7 i miliardi, in particolare per fotovoltaico (+26%), pompe di calore, illuminazione e sensoristica, mentre c’è un rallentamento degli interventi sui processi produttivi e sui sistemi ad aria compressa (rispettivamente -68% e -57%).
A distinguersi per dinamicità e diversificazione sono le aziende di medie dimensioni. In lieve calo anche la PA e il terziario, che ha destinato circa il 70% delle risorse a interventi per ridurre e ottimizzare i fabbisogni termici, invece di integrare sistemi digitali avanzati o tecnologie smart per la gestione attiva dei consumi.
Interventi che non si sono dimostrati adeguatamente efficienti: a fronte di un aumento degli investimenti del 14% rispetto al 2023, i risparmi si sono fermati al 13%.
“Secondo le nostre stime, tra il 2024 e il 2030 gli investimenti cumulati in efficienza energetica dovrebbero superare i 240 miliardi di euro negli scenari che si prefissano gli obiettivi PNIEC ed UE: soprattutto nel settore residenziale, ma anche nel terziario, cosa che riflette il peso strategico del patrimonio edilizio nella riduzione dei consumi energetici”, commenta Federico Frattini, vicedirettore di Energy&Strategy e Direttore scientifico del Report.
“Questo, però, se verranno potenziate e rese stabili le misure incentivanti, che hanno dimostrato di essere determinanti nel guidare gli interventi: l’incertezza normativa finora ha rappresentato un ostacolo alla pianificazione di lungo periodo, mentre è fondamentale disporre di un quadro duraturo e coerente, capace di mobilitare capitali e accompagnare la transizione energetica nei diversi settori”, aggiunge.
Cittadini e imprese: cresce l’interesse verso l’efficienza energetica, ma rimangono barriere all’adozione
L’interesse verso l’efficienza energetica in Italia è diffuso, ma frammentato. Nell’Energy Efficiency Report 2025 è stata condotta tra aprile e giugno 2025 insieme a Doxa un’indagine su 2.500 cittadini, l’87% dei quali vive in un alloggio di proprietà (il 60% in appartamento, il 30% in case indipendenti), fattore che influisce sulla propensione a investire.
L’85% del campione ha effettuato almeno un intervento negli ultimi cinque anni, prediligendo soluzioni semplici come i sistemi di illuminazione efficienti o smart, gli elettrodomestici intelligenti e le caldaie a condensazione.
Tecnologie più complesse come il fotovoltaico, i sistemi di accumulo e la microcogenerazione hanno invece una diffusione molto più limitata.
Nonostante una generale soddisfazione (65%) per gli interventi effettuati e un chiaro interesse per soluzioni pratiche e accessibili, rimangono ostacoli che frenano investimenti più consistenti, in particolare i costi elevati, le complessità burocratiche e le difficoltà di accesso agli incentivi e al credito.
E questo nonostante il senso di responsabilità nella gestione dell’energia domestica sia forte, e sia maggiore la consapevolezza rispetto al passato.
Le imprese piccole e medie hanno investito il doppio rispetto alle grandi aziende
Un’analoga indagine è stata condotta tra aprile e giugno 2025 in collaborazione con Doxa su 250 imprese che, stando alle risposte, per il 70% hanno investito in tecnologie hardware, orientandosi principalmente verso soluzioni accessibili, consolidate e a rapida implementazione, come l’efficientamento dell’illuminazione e l’autoproduzione di energia (spesso da fotovoltaico).
Restano meno esplorate le tecnologie ad alto investimento iniziale o di gestione più complessa.
In proporzione, chi ha speso di più sono state le imprese piccole (+22,5%) e medie (+21,5%), che singolarmente hanno investito il doppio delle grandi (anche le imprese molto grandi mostrano una crescita più contenuta), un paradosso che potrebbe indicare una maggiore reattività o fiducia da parte della fascia intermedia di mercato rispetto alle realtà più strutturate.
Efficienza energetica, cresce l’impegno delle aziende, ma il 65% non monitora l’efficacia delle iniziative
Per i prossimi 5 anni si prevede un maggiore interesse per fotovoltaico, sistemi di accumulo, illuminazione efficiente, pompe di calore e software di gestione energetica, con diverse priorità in base alla dimensione aziendale.
Tra gli ostacoli all’implementazione spiccano i tempi lunghi di ritorno degli investimenti e l’incertezza normativa, seguiti dalla mancanza di competenze tecniche e la difficoltà di accesso al capitale.
Venendo alla diffusione di pratiche di efficienza organizzativo-comportamentale, la maggior parte delle aziende (53%) le ha già adottate e il 41% prevede di farlo: si tratta di attività di formazione e sensibilizzazione (40%), seguite da ottimizzazione dei consumi (16%) e regolazione degli impianti (15%).
Purtroppo, il 65% non monitora l’andamento delle iniziative e solo il 15% prevede sistemi di premialità per il personale.
Normative e strumenti a supporto: un impianto articolato e da armonizzare
Il quadro regolatorio a supporto dell’efficienza energetica si è notevolmente ampliato negli ultimi anni.
A livello europeo, il pacchetto “Fit for 55” e la revisione della Direttiva Efficienza Energetica (EED) introducono nuovi obblighi, mentre il Clean Industrial Deal, pubblicato il 26 febbraio 2025 dalla Commissione Europea, propone un piano d’azione concreto per trasformare la decarbonizzazione in un’opportunità di crescita economica, attraverso misure come la riduzione dei costi energetici.
La revisione della EPBD (Energy Performance of Buildings Directive, meglio nota come Case Green) accelera sulla riqualificazione del patrimonio edilizio, mentre l’estensione dell’ETS (Emission Trading System, il sistema di scambio di quote di emissione) al settore civile e dei trasporti (ETS2) introduce un segnale di prezzo sulle emissioni di CO2 (ciò significa che emettere gas serra avrà un costo economico diretto per famiglie e imprese) con potenziali ricadute rilevanti sui comportamenti di consumo.
In Italia, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), rivisto nel 2024, rafforza il ruolo dell’efficienza energetica, ma conferma una dinamica ancora troppo lenta nella riduzione dei consumi.
Gli strumenti incentivanti sono molti ma frammentati: Certificati Bianchi, Conto Termico (che si concentra sull’efficienza degli edifici), detrazioni fiscali per l’edilizia (Superbonus, Ecobonus, Bonus Casa) e il nuovo Piano Transizione 5.0 (che ha stanziato 13,5 miliardi di euro per ridurre i consumi energetici industriali del 5%) sono eterogenei per logica, ambito di applicazione e tempistiche.
In particolare, l’assenza di un coordinamento strutturato tra questi meccanismi rischia di ridurre l’efficacia complessiva delle misure, con sovrapposizioni, lacune settoriali e incertezze per gli operatori.
Building automation: alto potenziale per l’efficienza, ma adozione ancora limitata
I sistemi di automazione degli edifici, o Building Automation and Control Systems (BACS), rappresentano una delle leve tecnologiche più promettenti per ridurre i consumi energetici, soprattutto nel comparto non residenziale, dove, per edifici di grandi dimensioni, i tempi di rientro dell’investimento risultano più favorevoli.
Tuttavia, l’adozione resta modesta, frenata da barriere culturali, mancanza di consapevolezza e scarsa diffusione di competenze tecniche.
L’aggiornamento della EPBD, che introduce obblighi di installazione di sistemi BACS per impianti termici sopra i 290 kW (e dal 2029 anche sopra i 70 kW), potrebbe rappresentare un punto di svolta, stimolando la diffusione di questa tecnologia che si dimostra fondamentale per monitorare, regolare e ottimizzare i consumi.
La sfida sarà accompagnare questi obblighi con un’efficace azione di formazione, supporto tecnico e finanziamento.
Il contributo dell’efficienza organizzativo-comportamentale
Accanto agli investimenti tecnologici, anche una gestione organizzativa efficace e la diffusione di comportamenti consapevoli stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante nel campo dell’efficienza energetica.
Dall’Unione Europea all’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), le istituzioni riconoscono il potenziale trasformativo delle abitudini quotidiane e dei modelli organizzativi, stimando che possa produrre il 20-25% dei risparmi globali entro il 2050 (fonte: IEA).
I comportamenti virtuosi possono includere sia l’uso più efficiente delle tecnologie esistenti, sia un cambiamento profondo nelle abitudini di consumo: è stato calcolato che entro il 2030 interventi mirati potranno contribuire ad evitare circa 2 gigatonnellate di CO₂.
Tuttavia, la rilevazione effettuata da Energy&Strategy ha mostrato che poco più della metà delle imprese italiane ha già adottato queste misure, solo una minoranza ne monitora gli impatti e meno del 15% prevede premi al personale legati al raggiungimento di obiettivi energetici.
Questo scenario evidenzia una lacuna culturale che va colmata integrando conoscenze psicologiche, sociali e ambientali, così da sfruttare appieno il potenziale di risparmio offerto da soluzioni spesso a basso costo e ad alta replicabilità.
Scenari evolutivi: il potenziale di efficienza energetica dipende dalla coerenza delle policy
Il Report si chiude delineando tre possibili scenari di evoluzione degli investimenti in efficienza energetica al 2030, costruiti tenendo conto di variabili di natura normativa, economica e sociale: uno conservativo, uno coerente con gli obiettivi del PNIEC e uno più ambizioso, orientato agli obiettivi europei.
Lo scenario conservativo, basato sulle sole politiche vigenti, prevede una riduzione limitata dei consumi di energia finale (-0,5 Mtep rispetto al 2022) e investimenti pari a circa 137 miliardi di euro nel periodo 2024-2030, insufficienti a raggiungere i target europei.
Lo scenario PNIEC – intermedio, ma che comunque necessita di politiche stabili e ben strutturate – propone di ridurre i consumi a 102 Mtep entro il 2030, grazie a misure già attuate o pianificate, e di aumentare gli investimenti fino a circa 243 miliardi di euro tra 2024 e 2030, con un ruolo centrale dei settori residenziale e terziario.
Infine, lo scenario con gli obiettivi UE, il più ambizioso, punta a 93 Mtep di consumi finali al 2030, un traguardo che il PNIEC stesso ritiene irraggiungibile con le sole misure attuali.
Gli investimenti dovrebbero salire fino a circa 308 miliardi, trainati soprattutto dal settore residenziale, anche in risposta alla direttiva europea EPBD, e questo è irrealizzabile senza adeguati incentivi.
Un quadro stabile e coerente, caratterizzato da continuità delle misure di supporto, è essenziale per mobilitare i capitali e guidare gli interventi.
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