Negli ultimi mesi, l’Unione Europea ha dato il via a una nuova fase strategica per rafforzare la propria competitività e recuperare terreno rispetto a Stati Uniti e Cina sul fronte tecnologico. Il rapporto Draghi non lascia dubbi: servono investimenti aggiuntivi fino a 800 miliardi di euro l’anno per mantenere il passo.
In questa cornice si inserisce la “Bussola per la Competitività”, l’iniziativa con cui Bruxelles punta a semplificare il quadro normativo, incentivare la ricerca e rendere l’intelligenza artificiale un vero motore di sviluppo economico.
E l’Italia come si colloca? Solo l’8% delle imprese utilizza l’IA, a fronte del 20% registrato in Germania. Inoltre, meno della metà dei cittadini possiede competenze digitali di base. Qualcosa, però, si sta muovendo: la recente approvazione alla Camera del DDL sull’intelligenza artificiale rappresenta il primo passo concreto verso l’attuazione dell’AI Act europeo. Tuttavia, lo stanziamento previsto – appena 30 milioni di euro – solleva più di una perplessità.
Intanto, il Parlamento è al lavoro anche su una normativa per sostenere lo sviluppo dei data center, infrastrutture chiave per il cloud computing, i big data e la blockchain. Sono già previsti investimenti miliardari, ma senza un piano condiviso, il rischio è che l’Italia rimanga indietro anche in questo campo.
«L’IA è una straordinaria opportunità e l’approvazione del Ddl IA da parte della Camera dimostra attenzione. La legislazione ha sempre rincorso l’innovazione ma ora siamo molto concentrati su queste tematiche – ha detto Fabio Raimondo, Deputato di FdI a Largo Chigi, il format di Urania Tv –. Abbiamo recepito a livello nazionale la normativa europea ma mettendo l’uomo al centro. L’intelligenza artificiale processa una grande varietà di dati personali, ci sono potenziali pericoli e possibili conseguenze di attività illecite, ecco perché regoliamo: è l’uomo che deve vincere sempre sulla tecnica, restando al centro ad esempio nell’ambito dei diritti autore, della sanità, della giustizia, della pubblica amministrazione, della sicurezza. L’IA dovrà fare da ausilio, ma mai sostituendosi. Io sono un avvocato, credo che la decisione ultima spetti al giudice, l’IA può supportare nell’analisi e ad organizzare gli uffici, analogamente nelle strutture ospedaliere o nella salvaguardia dei diritti d’autore. Viviamo in un tempo veloce caratterizzato dalla velocità delle scelte decisionali, di cui si avvantaggiano i nostri principali competitor, Usa e Cina, che vanno velocissimo e posseggono l’infrastruttura di rete globale. Loro emettono decisioni con meno vincoli e appena lo fanno influenzano immediatamente il mondo. Quindi in Italia dovevamo intervenire». Raimondo ha concluso: «Un elemento strategico anche per noi è quello dei Data Center, sui cui stiamo discutendo un altro provvedimento, dedicato alle strutture di dati a livello nazionale. Si pensi che in provincia di Milano ce ne sono a decine. La nostra sovranità digitale passa anche dalle infrastrutture digitali, tutelando le imprese, che devono usare di più IA accrescendo la loro cultura digitale, e migliorando il rapporto con la PA».
A Largo Chigi, sul tema della sovranità digitale, il punto di vista dell’opposizione. Così Giulia Pastorella, Capogruppo di Azione in Commissione Trasporti alla Camera: «Ci sono due modi per affrontare un tema come quello dell’intelligenza artificiale: o si regolamenta, oppure si incentivano sviluppo e innovazione con una vera politica industriale. Il Ddl del governo, invece, è sbilanciato: la parte di regolamentazione è ridondante, perché sarà l’AI Act europeo a dettare le regole, mentre manca quasi del tutto una visione industriale. Pastorella ha continuato: «Solo l’8% delle imprese italiane utilizza l’intelligenza artificiale: sono troppo poche. Ma dubito che questo provvedimento le aiuterà a crescere. Nel merito, il Ddl non affronta temi cruciali come la trasparenza delle fonti utilizzate per addestrare gli algoritmi o i bias. La posizione di Azione è chiara: l’Italia non aveva bisogno di una nuova legge nazionale sull’IA, anche perché siamo ancora fermi allo step precedente. Le regole europee ci sono, ma non sono ancora state attuate». La deputata ha infine ricordato di essere prima firmataria della proposta unificata in Parlamento per lo sviluppo dei data center: «Infrastrutture essenziali, per le quali serve un iter semplificato per l’installazione e un piano per potenziare la capacità di stoccaggio e calcolo. Solo così si potrà davvero facilitare l’adozione dell’intelligenza artificiale nel nostro Paese».
Nel format è intervenuto Andrea Sinopoli, Vice President, Cloud Technology Country Leader di Oracle Italia: «Un fornitore di tecnologie cloud e AI come Oracle, che lavora da oltre 40 anni in Italia a stretto contatto con aziende private ma anche pubbliche amministrazioni, deve sviluppare e promuovere l’innovazione con un particolare senso di responsabilità interpretando le esigenze, anche legislative, del Paese in cui operano. Con questo spirito, ad esempio, siamo da tempo tra i partner strategici del Polo Strategico Nazionale, iniziativa che ci ha permesso di favorire l’adozione di nuovi servizi cloud utili per lo sviluppo dell’IA nel nostro Paese, con sicurezza e sovranità dei dati trattati». Il vicepresidente di Oracle Italia ha aggiunto: «Sulle infrastrutture digitali, come i data-center, serve capillarità: non è più sufficiente essere posizionati solo nell’area milanese – ha aggiunto – per questo stiamo lavorando in collaborazione con molte regioni per estendere lo sviluppo di queste infrastrutture su tutto il territorio nazionale. Per valorizzare l’IA servono competenze, per questo stiamo lavorando con le università, come recentemente fatto con l’HighEST Lab dell’Università di Torino – e con la CRUI – Conferenza dei rettori delle università italiane – per diffondere la cultura digitale e l’utilizzo delle nostre tecnologie, portando ad esempio i nostri esperti come docenti volontari negli atenei di tutt’Italia».
La puntata integrale di Largo Chigi
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