A meno di un mese al termine dell’ops di Unicredit su Banco Bpm, ogni giorno potrebbe fare la differenza. Da una parte l’andamento dei titoli, con un livello di sconto superiore al 6% e il numero adesioni, al momento dello 0,11%, dall’altra la decisione del Tar e di DGComp (Direzione generale per la concorrenza della Commissione Europea) sul golden power deciso dal Mef. Giuseppe Castagna, ceo di Banco Bpm, durante il roadshow dedicato ai territori nella tappa di Lucca, ha ribadito a Class Cnbc la validità della strategia stand alone.
DOMANDA: Dal 23 di giugno, dopo la sospensiva della Consob, è ripartita l’ops di Unicredit su Banco Bpm. Si entra nei giorni più caldi dell’operazione.
RISPOSTA: Più caldi in tutti i sensi. Le temperature di questi giorni rappresentano bene anche quello che sta succedendo nel sistema bancario. Noi siamo molto tranquilli. Devo dire che da quando è ripartita, l’offerta non ha avuto alcun tipo di vigorìa. Siamo ancora allo 0,11% di capitale passato di mano. Non si vedono all’orizzonte ancora possibilità o volontà di offerte che possano rendere appetibile, almeno da un punto di vista finanziario, quest’operazione. Continuiamo a fare il nostro lavoro. La banca va molto bene. In attesa di ulteriori e possibili decisioni, noi possiamo soltanto ribadire che la prospettiva stand alone per Banco Bpm è quella che desideriamo.
D: Il 9 luglio dovrebbe arrivare la decisone del Tar sul golden power esercitato dal governo. E sempre a breve quella della DGComp. Potrebbero impattare sulla partita?
R: Sinceramente non ritengo che cambieranno le carte in tavola perché oggettivamente alcune prescrizioni del golden power sono abbastanza ovvie, come quelle sugli impieghi e quelle sul risparmio degli italiani. Sono un argomento che ovviamente non riguarda noi ma il governo e chi ha ritenuto opportuno la salvaguardia dei finanziamenti alle imprese e del risparmio degli italiani ponendo alcune richieste che sono assolutamente in linea con la nostra attuale situazione. C’è poi il discorso della Russia che, però, ricordo non è soltanto una richiesta del golden power, ma è una imposizione della Banca Centrale Europea alla quale peraltro Unicredit aveva fatto ricorso e aveva perso. Quindi, l’uscita dalla Russia è una questione di tempo, ma non è in discussione. Non penso che ci possano essere cambiamenti rilevanti da condizionare l’operazione. L’offerta si si può fare tranquillamente anche in presenza di queste prescrizioni.
D: Secondo lei quanto è rilevante adesso il fattore tempo. È stato anticipato il cda da parte di Unicredit al 22 di luglio, quindi alla vigilia della fine dell’offerta su Banco Bpm. Avrà un impatto?
R: Ma sinceramente da parte nostra no. Sono otto mesi che aspettiamo che ci sia un’eventuale dimostrazione di volontà nel voler veramente comprare la nostra banca. Ricordo che l’offerta è sempre stata a sconto, quindi diciamo non ci aspettiamo che le cose possano cambiare negli ultimi giorni. La verità è che, invece, non si è in una situazione di level playing field, con le stesse regole del gioco, perché chi subisce un’ops peraltro a sconto, quindi senza nemmeno nessuna materialità, è costretto per otto mesi a star fermo a non poter fare operazioni di mercato in un momento in cui il mercato bancario cambia molto. Il nostro interlocutore sta facendo tante altre operazioni, sta almeno cercando di posizionarsi sia su altre geografie sia su altri asset italiani. Io trovo che questa disparità tra chi è «l’offeso» e chi «offende» sia qualcosa che non può funzionare. Soprattutto non può funzionare far durare un’ops otto mesi. Abbiamo 20.000 persone che lavorano senza sapere esattamente cosa succederà tra venti giorni.
D: Alla fine è più probabile un rilancio del prezzo o un ritiro dell’offerta?
R: Ci sono state dichiarazioni di tutti i tipi. Noi cerchiamo di andare sulla nostra strada. Ci concentriamo su quello che c’è oggi: un prezzo di un’offerta che dovrebbe essere appetibile per gli azionisti. E invece non lo è. D’altra parte, ovviamente, sottolineiamo che le prospettive stand alone della nostra banca dopo l’acquisizione di Anima e con il nuovo piano industriale sono tali da rendere ancora più lontana l’offerta attuale da quelle che sono e potranno essere le aspettative dei nostri shareholders. (riproduzione riservata)
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